di Vittorio Romano

Correva l’anno 776 prima di Cristo, e a Olimpia tutta la Grecia si stava preparando per celebrare la I edizione dei giochi Olimpici.
Si narra che Pelope, giunto in questa città, abbia chiesto la mano della figlia del re Enomano, che però non voleva concederla a nessuno; perciò il sovrano sfidò il giovane ad una corsa coi cavalli, essendo sicuro di vincere, in quanto possedeva due cavalli divini. Tuttavia, Pelope aveva un carro leggerissimo e due cavalli regalatagli da Poseidone: vinse la gara. Per ingraziarsi il favore di Zeus, infine, istituì i giochi olimpici.
Le prime edizioni duravano un solo giorno, e prevedevano come unica gara la corsa a piedi; solo in seguito vennero introdotte tutte le altre discipline, legate soprattutto all’arte della guerra. A poco a poco l’importanza delle Olimpiadi crebbe, e da evento locale i Giochi divennero un patrimonio di vita e di cultura comuni a tutto il mondo greco, fino a che, con l’espansione del dominio romano, persero gradualmente rilevanza: all’inizio furono mantenuti e aperti anche a Romani, Fenici, Galli e altri popoli sottomessi, ma l’avvento del cristianesimo, che li considerava una festa pagana, pose fine a una tradizione durata oltre mille anni.
Le Olimpiadi moderne, molto simili a come le conosciamo oggi, sono ricominciate ad Atene nel 1896, per iniziativa del barone Pierre de Coubertin. Ispirato anche dalla curiosità e dall’entusiasmo suscitati in tutta Europa dai recenti scavi archeologici che avevano riportato alla luce i resti di Olimpia, con i suoi edifici sacri e le sue strutture destinate alle gare, il barone sognava una società “muscolosa”, forte, virtuosa, impregnata di valori cavallereschi, tesa verso un progresso inarrestabile. Da quel lontano 1896, le Olimpiadi si disputano ogni quattro anni nelle più grandi città del mondo. Nell’antichità, durante lo svolgimento dei Giochi (che nel loro momento di massimo splendore duravano dai cinque ai sette giorni) le città coinvolte garantivano l’immunità ai partecipanti, fossero atleti o spettatori, perché li consideravano in primo luogo fedeli che si recavano in un luogo sacro per prendere parte ad una cerimonia religiosa attraversando, se necessario, regioni nemiche senza rischiare la propria vita. Nacque così la consuetudine di quella che oggi viene definita la “Tregua olimpica”, tramandata fino ai giorni nostri (a distanza di 2800 anni) e sancita formalmente nella “Dichiarazione del Millennio”, firmata nel settembre 2000 dai membri dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che al punto 10 recita così:
“Noi sollecitiamo gli Stati Membri a rispettare la Tregua Olimpica, individualmente e collettivamente, adesso e in futuro, e a sostenere il Comitato Internazionale Olimpico nei suoi sforzi per promuovere la pace e la comprensione tra gli uomini attraverso lo sport e l’ideale olimpico.”
Già nel 1993 l’ONU aveva decretato per acclamazione la Tregua Olimpica durante la guerra in Bosnia, invitando i paesi partecipanti a cessare ogni ostilità una settimana prima dell’inizio dei Giochi e fino a una settimana dopo la loro conclusione.
Recentemente, in vista delle Olimpiadi di Parigi, l’Assemblea Generale dell’ONU ha proclamato nuovamente la tradizionale Tregua Olimpica, ma per la prima volta nella storia non ha ricevuto il consenso unanime dei 197 Paesi membri. Al voto hanno partecipato infatti solo 120 nazioni: le altre non si sono nemmeno presentate in aula. La risoluzione è stata comunque approvata, ma si tratta del sostegno più basso mai ricevuto nei confronti di tale appello.
In questa occasione il delegato russo aveva chiesto all’ONU di modificare il testo originale della Dichiarazione del Millennio, aggiungendo il diritto per tutti gli atleti di partecipare sotto le proprie rispettive bandiere nazionali (per non rischiare di vedere gli atleti russi competere a titolo individuale, anziché espressamente per il proprio Paese). Di fronte al rifiuto netto della Francia, sostenuta peraltro dal Comitato Olimpico, di apportare modifiche al testo, il delegato russo ha cercato di convincere il maggior numero di Paesi possibile a non partecipare al voto. Dunque, gli atleti russi potranno partecipare alle Olimpiadi di Parigi come atleti “neutrali”, cioè senza bandiera, senza divise del proprio paese, senza inni nazionali, e solo dopo aver dimostrato la propria “imparzialità politica” (cioè di non sostenere la guerra iniziata dalla Russia): ma il consenso della comunità internazionale non è unanime. Da questa vicenda si evince come nemmeno lo sport olimpico riesca a stare al di sopra delle tensioni in atto, ma che anzi ne sia contaminato, e che sia addirittura strumentalizzato politicamente dai vari Stati.
Del resto, l’ideale della Tregua nel tempo ha conosciuto alti e bassi, tenuto in ostaggio dai vari conflitti che si sono susseguiti: nel 1980 gli Stati Uniti boicottarono le Olimpiadi di Mosca in seguito all’invasione dell’Afghanistan da parte dell’Unione Sovietica; quest’ultima, a sua volta, quattro anni dopo boicottò le Olimpiadi di Los Angeles. E l’appello dell’ONU non ha impedito alla Russia di Vladimir Putin di violare la tregua per ben tre volte: nel 2008 con l’intervento in Georgia durante le Olimpiadi di Pechino; nel 2014 con l’attacco della Crimea il giorno stesso in cui si conclusero le Olimpiadi invernali a Sochi; e nel 2022 con l’invasione dell‘Ucraina appena finiti i Giochi invernali a Pechino. Thomas Bach, il presidente del Comitato Olimpico, ha commentato sconsolato: «Non mi ricordo di un mondo con così tanti scontri, divisioni, polarizzazione».
C’è dunque preoccupazione per i Giochi di Parigi 2024, non solo per la situazione tra Russia e Ucraina: anche il conflitto tra Israele e Palestina rappresenta una grande incognita a livello di sicurezza. Ci sono nazioni che vorrebbero far scomparire Israele dalla faccia della terra, l’antisemitismo è un fenomeno crescente, e i Giochi si svolgono in un Paese (la Francia) dove sono presenti elementi pericolosamente legati al radicalismo islamico, che fanno prendere in seria considerazione la possibilità di eventuali azioni terroristiche. Il presidente francese Emmanuel Macron ha invocato con insistenza la Tregua Olimpica, chiedendo sostegno anche al presidente cinese Xi Jinping, che pare appoggiarlo apertamente nel suo intento; la rassicurazione cinese è arrivata nella forma simbolica del dono alla Francia, da parte di Xi, delle torce delle Olimpiadi di Pechino 2008, accompagnate da queste parole: “Auguro alle Olimpiadi di Parigi un grande successo”.
E anche noi, nonostante la situazione internazionale sia decisamente tesa, restiamo inguaribilmente ottimisti.