di Pierluigi Maranzana e Riccardo Passoni
L’8 marzo ci siamo svegliati con una bruttissima notizia: uno degli autori di fumetti giapponesi più famosi ed influenti al mondo era morto.Ci siamo svegliati e Akira Toriyama non c’era più.
In questo articolo vogliamo rendere omaggio al grande SENSEI, ricordandone le opere più importanti e spiegando perché hanno avuto un impatto così grande sul mondo fumettistico del sol levante.
Akira nasce il 5 aprile del 1955 a Nagoya e fin da piccolo si appassiona al disegno, guardando con ammirazione al mondo di Walt Disney. È infatti dopo aver visto La carica dei 101 e aver guadagnato la vittoria ad un concorso di illustrazione locale che decide di iscriversi alla Prefectural Industrial High School, una delle scuole più prestigiose di disegno industriale di Tokyo. Diplomatosi nel 1974, lavora per due anni come progettista di poster presso un’industria di Nagoya, distinguendosi per le capacità grafiche, ma rimanendo sempre limitato dal carattere dell’ambiente lavorativo. Decide così di abbandonare il lavoro per dedicarsi alla sua vocazione fumettistica, in un ambito in cui potesse avere maggiore indipendenza e dare libero sfogo alla propria fantasia. Nel 1978 ottiene un contratto con la casa editrice Shūeisha e inizia a pubblicare manga, raggiungendo un discreto successo. Tra le prime opere del sensei (termine utilizzato per indicare un autore di manga) si annoverano titoli quali Wonder Island, vincitore del concorso che gli permise di avviare la pubblicazione, il suo seguito, Wonder Island II, assieme a Tomato Police Woman ed il manga comico Dr. Slump. Si occupa inoltre dell’apparato grafico di videogiochi quali Dragon Quest (1986) e Chrono Trigger (1995). Anche dopo aver terminato Dragon Ball, il suo più grande capolavoro, continua a produrre manga, ricoprendo il ruolo di disegnatore o anche solo componendo la sceneggiatura.
Dragon Ball
Dragon Ball è l’opera più famosa del sensei e, oltre a essere quella che lo ha consacrato nell’olimpo dei mangaka, è uno dei manga più famosi, importanti e influenti di sempre, oltre a essere il mio preferito (Pierluigi). Esordisce col numero 51 del 1984 della principale rivista di manga per ragazzi del sol levante: Shonen Jump. L’opera racconta (per quei pochi che non la conoscono) le avventure del giovane Son Goku: un alieno proveniente dal pianeta Vegeta, appartenente al popolo dei Saiyan, arrivato sulla Terra a bordo di una navetta. La vita del bambino cambia quando incontra Bulma, una brillante ragazza impegnata nella ricerca delle sette sfere del drago, Che sono in grado di realizzare qualsiasi desiderio.
La storia (sviluppata in 519 capitoli, raccolti in 42 tankōbon) è suddivisibile in diversi archi narrativi che si differenziano in base al nemico di riferimento (tutte a parte il primo, che racconta i primi passi della vita di Goku). Ogni saga è diversa dalla precedente, poiché i protagonisti cambiano di volume in volume. Il viaggio è il tema principale: infatti i nostri protagonisti si dovranno mettere in moto (sia letteralmente che metaforicamente) per superare gli ostacoli, crescendo e progredendo pagina dopo pagina. Il manga è un perfetto esempio di racconto di formazione (per questo è sempre consigliato come manga da cui partire, soprattutto per i più piccoli): il lettore crescerà assieme a Goku e compagni, sentendosi parte di questo percorso. Il punto forte del manga è proprio il coinvolgimento: durante la lettura siamo un tutt’uno con i personaggi, gioendo per le loro vittorie, disperando per i loro insuccessi e migliorando con loro. L’opera è, narrativamente, magistrale: le tavole sono impregnate di un’energia e di un dinamismo mai visti. Certo non è perfetta, anzi, è piena di difetti (buchi nella trama, personaggi che cambiano caratterizzazione da un capitolo all’altro senza un motivo, cattivi che non hanno una vera motivazione per esserlo) ma è Dragon Ball, perciò è ormai entrato nel cuore di tutti noi. I personaggi sono uno diverso dall’altro, tutti con un design innovativo e unico, e sono veramente tanti: è impossibile non amarne almeno uno. Toriyama riesce a creare un mondo vasto (che, molte volte, non riesce a gestire al meglio) riuscendo a farci affezionare a ciascuno luogo: dalla Kame House, residenza del maestro Mushi, dove Goku ed il suo amico Crilin si recheranno per allenarsi, al pianeta Namek, disintegrato dalle mille battaglie, per non parlare dell’arena Tenkaichi, sede dell’omonimo torneo di arti marziali.
Akira è riuscito a raccontarci una storia emozionante, avvincente, in grado di tenere il lettore incollato alle pagine, piena di momenti che sono passati alla storia: la prima trasformazione in Super Saiyan, l’onda energetica padre/figlio lanciata da Goku e Gohan per sconfiggere Cell, la sfera Genkidama frutto dello sforzo di tutti gli abitanti della Terra. Momenti che solo a pensarci fanno venire la pelle d’oca. Momenti che hanno segnato un’epoca e che hanno avuto, hanno e avranno un posto speciale nel cuore di ciascuno di noi.
L’eredità di Toriyama
L’impatto che l’opera ha avuto è stato incredibile: le trasformazioni, lo stile di combattimento, le mosse, la struttura delle saghe (arriva un nemico, i protagonisti lo affrontano ma vengono sconfitti, si allenano, riescono a sconfiggere il nemico) sono diventati degli standard per la maggioranza dei manga d’avventura (shōnen). Il sensei grazie a Dragon Ball è riuscito a segnare un’epoca come mai nessun altro era stato in grado di fare prima. Gli sono bastati 11 anni, dalla prima pubblicazione nel numero 51 del 1984 di Shonen Jump sino al 1995, per impossessarsi del mondo intero, divenendo uno dei principali portavoce della cultura giapponese nell’occidente. Non vi è alcuno, infatti, che non conosca, almeno per sentito dire, le vicende di Son Goku. A partire dal suo viaggio alla ricerca delle mitiche “sfere del drago”, da cui il nome dell’opera, il protagonista del fumetto prende parte ad una serie di straordinarie avventure, entrate ormai nell’immaginario collettivo e nella memoria di tutti i bambini. Combattimenti dinamici e coinvolgenti, scenari esotici e nemici sempre più forti e cattivi: Dragon Ball è questo e altro, rimanendo tuttora, per quanto appartenente ad una generazione passata di manga, un punto di riferimento per tutti gli shōnen moderni. Le qualità prettamente artistiche dell’opera sono sufficienti a togliere ogni dubbio circa il suo valore, non dipendente da un semplice senso di nostalgia, ma risultato di un incredibile apparato grafico e narrativo.
Servì infatti un genio quale Toriyama per produrre un fumetto tanto innovativo, dotato di disegni semplici ma efficaci, che quasi non risentono della distanza dei tempi. I personaggi, distinti da un tratto nitido e definito, prendono parte a coreografie dinamiche, che ricordano in qualche modo il teatro Wuxia di Jackie Chan, ma non per questo confuse o di difficile comprensione: a rendere chiaro ogni movimento è infatti una peculiare disposizione delle vignette nelle tavole, al punto che all’interno delle stesse si definisce un vero e proprio flusso narrativo. Ciò che viene a crearsi è dunque un modello insuperato della raffigurazione di lotte e scontri, qualcosa che molti artisti tuttora ricercano, pur con risultati limitati se posti a confronto con il manga di Toriyama.
Dragon Ball (almeno il manga originale) non è invecchiato per nulla, anzi, è una delle migliori letture che ancora oggi si possano fare ed il miglior fumetto giapponese da cui partire. Il messaggio dell’opera colpisce come un’onda energetica sparata dritta in faccia. non importa quanto l’ostacolo sia grande, quanto la strada sia lunga e tortuosa: senza mai arrenderci, dobbiamo tutti impegnarci per superare sempre i nostri limiti.
L’eredità di Toriyama è incolmabile e la sua perdita ci lascia privi di uno dei più importanti ed influenti artisti nel suo campo e non solo.
Speriamo di aver reso omaggio al maestro.
Citando Goku: “Goodbye and thank you”
Scrivi un commento