di Veronica Mazzoli
Pensi, pensi e continui a far girare i neuroni nella tua testa senza renderti conto che, magari, quei neuroni sono stanchi di girare e lo sei anche tu di pensare. “Overthinking” significa letteralmente “pensare troppo” o “rimuginare eccessivamente”: è un pensare che non porta a nessuna conclusione; viene data attenzione solo a ciò che accadrà o che è già accaduto, dimenticandosi del presente.
I ritmi frenetici a cui è sottoposto l’uomo nell’attuale contesto sociale determinano l’esigenza di “vivere a mille”, per “rimanere al passo con i tempi” che corrono e con i puntigliosi coetanei, che hanno sempre da ridire sulle tue azioni: vivere a mille dimenticando di “sentirsi a mille” con sé stessi. Molte persone, inoltre, associano il fatto che pensare tanto sia indice di intelligenza, ma sono le prime a non comprendere che il confine tra “pensare tanto” e “pensare troppo” è veramente sottile: un cervello iperattivo non necessariamente è funzionale.Spesso la nostra mente, che, quindi, è molto contorta e subdola, ci pone delle domande, domande non del tipo “e se andasse tutto bene?” oppure “e se ce la facessi?”, ma quel tipo di interrogativi che ti bloccano in partenza, ad esempio “e se non fossi in grado?”; pensare anche solo a una conseguenza negativa rischia di mandare a monte l’intero progetto a cui stai lavorando, che sia di natura sentimentale o scolastica o come preferite voi: le domande sbagliate ci rovinano, ci fanno sentire delle nullità. Consideriamo, però, che ci sentiremo, sempre o nella maggior parte dei casi, non all’altezza, accadrà sempre qualcosa che riteniamo ingiusto o controproducente, ma credo che l’importante sia cogliere il buono anche da ciò che apparentemente non lo sembra o, almeno, io la penso così; d’altro canto, so quanto questo possa essere difficile: sarebbe come rivoluzionare la nostra mente e sincronizzarla su un canale a noi più adatto che ci permette di vivere serenamente. Questo canale è molto raro da trovare, spesso devi cambiare del tutto il televisore per raggiungere il tuo scopo, ma, alla fine, ti rendi conto che nel nuovo dispositivo acquistato non hai solo il tuo canale giusto, ma ne hai molti altri che valgono ancora di più: uso questa metafora solo per dire che spesso dobbiamo cambiare noi stessi, i nostri pensieri principalmente, e non incolpare chi ci circonda della realtà che noi stessi ci siamo costruiti e imposti di vivere, perché frenati dalle critiche o dai giudizi che la nostra mente ci costringe a immaginare.
Una persona, a me molto cara, mi disse: “Non fasciarti la testa prima del previsto!”, ma è proprio quello che, involontariamente, sto facendo: mi riempio la testa di dozzine di domande sbagliate, quasi queste fossero la mia linfa vitale, la flebo che mi somministro quotidianamente: questo è un esempio di televisore sintonizzato male, molto male, l’esempio di una tv che ha tutti i canali in bianco e nero e priva lo spettatore di tutti gli altri colori. Potrei, quindi, cambiare tv, ma è davvero così facile, com’è facile scriverlo? No, per niente. Non sempre il cambiamento ti porta a qualcosa di positivo, perché i pensieri potrebbero rimanere e, inoltre, amplificarsi, rendendo così necessario l’acquisto di una nuova tv che potrebbe, a sua volta, non fare al caso tuo: dopo un po’, la ricerca di questo fatidico canale giusto o, più realisticamente, della serenità diventa ossessione, che non si avvicina sicuramente all’idea di “tv perfetta per te”.
La serenità, che deriva anche dalla tranquillità di pensare senza provare eccessiva ansia verso il futuro, si può trovare, con pazienza e ponendosi le domande giuste. Quindi, nel momento in cui desideri cambiare “televisore”, fallo, perché, magari, quello futuro ti farà conoscere colori che neanche pensavi esistessero: tutta una lunga metafora che possiamo sintetizzare con il concetto “carpe diem”, cogli l’attimo e non rendere la tua mente schiava delle paranoie.
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