di Ilaria Sommaro

Sofferenza,  rabbia,  gioia,  solitudine,  amore,  empatia  e  tutte  le  emozioni  che possiamo  provare,  si possono  captare  attraverso  uno  schermo?  No.  Dove  sono andate  a  finire  le  relazioni?  Dove  sono  quegli  abbracci  mai  dati,  e  quella carezza miseramente bloccata in un sms? Queste  sono  le  domande  che   ti  porge Disconnect, il film di Henry Alex Rubin presentato a Venezia fuori concorso alla 69ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica, nel 2012.

Ma  la risposta?

Ben  Boyd  è  un  ragazzo  che  frequenta  la  scuola  superiore:  emarginato,  solo, deriso e abbandonato a se stesso. Esiste per lui un’unica via di fuga da tutto questo: la musica, una voce che viene soffocata dai suoi genitori e che come lui  viene  ignorata.  Si  presenta  per  lui  la  speranza  di  uscire  dalla  sfera dell’incomprensione  e  della solitudine grazie a un sms di Jessica che gli fa capire  di  essere  interessata  a  lui,  tanto  da  inviargli  nei  giorni  seguenti  delle foto  che  la  ritraggono  nuda.  Ben  decide  di  svelare  se  stesso aprendosi  alla ragazza, raccontandole tutto di sé e compiendo lo stesso gesto: invia anche lui una foto.

Parallelamente i coniugi Derek e Cindy attraversano una forte crisi coniugale che,  nella  ricerca  di  un  ladro  di  identità, li  porterà  a  ricostruire  l’equilibrio perduto.  È  infatti  grazie  all’investigatore  privato  Mike  che Derek e Cindy  si  recano  a  casa di colui  che  ha  rubato  loro  la  privacy  appropriandosi  di  tutti  i loro dati.  Lo  stesso  Mike  deve  affrontare  una  grave  problematica  inerente  al comportamento  del  figlio  Jason:  è  lui  l’artefice  del  mondo  creato  attorno  a Ben, che a sua insaputa non ha inviato la foto a Jessica, ma a tutta la scuola a causa proprio di Jason.

C’è  un’ultima  storia  in  gioco:  quella  di  Kyle,  un  diciottenne  scovato  su un sito pornografico dalla giornalista Nina, che crede di poter fare carriera usando la sua storia.

Un film che mette in primo piano le emozioni, le relazioni che ci legano e quindi l’uomo. Tutto il resto viene sfumato e in questa sfera composta da numerose storie emerge la verità dei personaggi, così diversi per storie e stili di vita, ma uniti da quell’uso delle nuove tecnologie che causano l’incomunicabilità della nostra era.

Da notare la colonna sonora ed in particolare il brano “Sail”, che apre il film ed esplode con la frase ”this is how an angel cries”: l’angelo è Ben.