di Stella Simonin
Lo sapevate che ci sono i dinosauri a Trieste? Ebbene sì, o almeno i loro fossili, in particolare quelli dei dinosauri Antonio e Bruno. Nell’estate del 2014, ho visitato il sito paleontologico del Villaggio del Pescatore, dove ho conosciuto la paleontologa Tiziana Brazzatti, scopritrice di Antonio.
Durante queste vacanze di Natale ho pensato di intervistarla e lei, gentilissima, si è resa disponibile per parlarmi della sua scoperta e rispondere ad alcune domande.
Nel 1994 Tiziana, laureanda in geologia, stava preparando una tesina sul rilevamento geologico e le era stata assegnata l’area del Villaggio del Pescatore. Inizialmente doveva soltanto studiare le formazioni geologiche là presenti, ma quando si addentrò in un boschetto, si imbattè in un qualcosa che era stampato sulla roccia, simile alle dita di un rettile… erano le tre dita anteriori dell’arto di Antonio!
All’epoca non sapeva che si trattasse di un fossile di dinosauro ed informò il Museo civico di storia naturale di Trieste, con cui collaborava, il quale aveva già rinvenuto dei reperti, alcuni anche riconducibili a fossili di dinosauri. Dopo poco tempo le venne comunicato che il reperto continuava in profondità e poteva essere una grande scoperta, così cominciarono gli scavi. Alcuni anni dopo, tra il ‘95 e il ‘98, venne scoperto un nuovo fossile, quello di Bruno, che ora viene considerato il più completo in Europa. Dalle ultime ricerche si è scoperto che in quell’area sono presenti altri undici dinosauri, che però non sono ancora stati rinvenuti. In principio si pensava che Antonio fosse un esemplare adulto affetto da nanismo insulare e solo recentemente (2021) gli studiosi hanno affermato che era di statura più piccola (lunghezza 4 metri) perché era più giovane, mentre Bruno era evidentemente più grande probabilmente perchè adulto (lunghezza di circa 5-6 metri).
Dopo aver ascoltato questa storia, ho rivolto alla studiosa altre domande che riporto qui di seguito.
Che cosa ha provato quando ha scoperto di essersi imbattuta in un fossile di dinosauro?
Quando ho visto la zampa ero molto emozionata perché mi ero accorta subito di essermi imbattuta in qualcosa di grande e quando l’ho visto completamente estratto mi sono mancate letteralmente le parole.
Che specie di dinosauro è Antonio e che tipo di vita conduceva?
Antonio, come anche Bruno, è un Tethyshadros Insularis. Dal punto di vista scheletrico e dalla mandibola si deduce che era vegetariano e viveva in branco, e conduceva una vita simile a quella degli erbivori attuali. Da adulto (basandosi sulle dimensioni di Bruno) poteva raggiungere i 6 metri di lunghezza e il peso di qualche quintale.
In che epoca è vissuto?
Gli esperti dicono che questi dinosauri sono vissuti 80 milioni di anni fa, prima della grande estinzione dei dinosauri che è avvenuta 65 milioni di anni fa, alla fine del Cretacico.
Qual era la morfologia del territorio in quel periodo?
Antonio e Bruno erano probabilmente discendenti dai dinosauri asiatici, che nel corso della loro esistenza hanno migrato nelle terre emerse all’interno di questo grandissimo oceano chiamato Tetide in cui si stava formando la penisola italiana. Queste terre emerse erano un ponte tra i dinosauri asiatici e i dinosauri americani, come si è constatato anche dagli ultimi studi e da altri rinvenimenti in Italia.
Ricostruzione paleogeografica dell’Europa e dell’Africa settentrionale circa 70 milioni di anni fa. L’asterisco rosso indica la zona dell’Isola Adriatica dell’Arcipelago Europeo dove viveva Tethyshadros. Il pallino rosa e la croce verde indicano altre località europee dove sono state effettuate consistenti scoperte di dinosauri adrosauroidi, rispettivamente in Spagna e Romania.
Il territorio carsico si prestava a conservare fossili?
Per quanto riguarda Antonio, era caduto sul fianco sinistro in un lago stagnante in cui si depositavano degli strati calcarei pieni di sostanza organica e senza ossigeno: è stata la fortuna del fossile di Antonio, che ne ha permesso la conservazione ottimale.
Chi si è occupato dell’estrazione del fossile?
Dell’estrazione si è occupata una ditta di Trieste leader nell’estrazione e conservazione dei fossili: la Zoic srl, che ha sede a Trieste e lavora con tutto il mondo.
Una volta estratto, come si conserva?
Una volta estratto venne portato in un capannone per predisporre una pulizia con i soliti metodi paleontologici dei trapanini, per liberarlo dalla matrice calcarea. Tale metodo però è stato poi modificato con quello dell’acidatura del reperto. Poi si è proceduto con il montaggio del fossile su un telaio d’acciaio per esporlo al pubblico.
Il villaggio del pescatore è visitabile?
So che è stata decisa una quota di 1 milione e mezzo di Euro per la valorizzazione del Villaggio del Pescatore e dei reperti della cava, ma ci stanno ancora lavorando, tuttavia il sito non è più accessibile al pubblico. Ha chiuso circa tre anni fa e ora ci possono entrare soltanto gruppi di studio autorizzati.
Secondo lei, rispetto a anni fa, la scienza ha più visibilità?
La scienza è stata in vista ultimamente soprattutto per la scoperta del vaccino per il Coronavirus, ma anche per progetti come quello di Artemis, per l’esplorazione lunare con un satellite, per poi installare una stazione spaziale. Certo che è in vista; ciò che mi preoccupa molto sono le sensazioni che dà alla popolazione, per esempio sono rimasta stupita nel sapere che tanti miei concittadini fossero dei no-vax.
Il mondo della paleontologia è ancora visto come un ambiente maschile?
La strada da percorrere è ancora lunga, anche se il divario di genere negli ultimi anni si sta accorciando, ci vuole ancora molto impegno da parte di persone come noi per far sentire che esistiamo e abbiamo anche un valore.
Come le è venuta la passione per la geologia e la paleontologia?
Da bambina guardavo rocce e sassolini, mi piaceva la natura e avevo quest’osservazione particolare per fiori e farfalle. Un giorno quando avevo circa otto anni c’è stata la folgorazione: avevo trovato il mio primo fossile. Da quel giorno è nata una passione che mi è rimasta e ho cominciato a leggere libri di paleontologia e storia naturale.
Che consigli dà agli studenti del liceo scientifico che vogliono intraprendere un percorso di paleontologia?
È importante seguire la propria passione. La passione è fondamentale e la si può coltivare leggendo libri e riviste di divulgazione scientifica per tenersi informati sulle nuove scoperte e ovviamente andare a visitare mostre e musei.
Incontrare la dott.ssa Brazzatti è stato molto interessante e mi ha trasmesso la sua passione e il suo entusiasmo per la scienza, è stato bello chiacchierare con lei perchè con un linguaggio semplice e diretto è riuscita a spiegare concetti anche complessi. Spero che questo mio articolo vi abbia incuriosito e fatto venire voglia di visitare il Museo di Storia Naturale di Trieste, e vi abbia avvicinato al mondo dei dinosauri, che ha ancora tanto da svelarci!
Fonti: https://www.dinosauroantonio.it/
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