Il caso del Sudafrica
Sono mesi che noi studenti stiamo portando la classe nella nostra stanza, ascoltando i professori con le cuffiette. Ci stiamo quasi abituando a questo nuovo modo di imparare, al punto che non ci ricordiamo neanche più com’è un banco o una cattedra. Tuttavia, il nostro processo di apprendimento continua, anche se con tutte le difficoltà inevitabili del contatto virtuale.
Eppure, secondo i dati raccolti dall’UNICEF, un terzo degli studenti in tutto il mondo non ha mai visto i loro compagni dall’inizio della pandemia. Non ha notizie dei loro professori. La DAD è uno strumento sconosciuto. Le vite di questi 463 milioni di ragazzi sono state compromesse. Circa il 50% dei bambini africani che potevano andare a scuola non ci non ci sono più andati da quando i governi hanno preso misure per limitare il contagio.
In Italia, la gran parte di noi non si rende conto di vivere da privilegiati, benché anche nel nostro Paese diversi studenti non abbiano accesso a una connessione stabile o computer da poter utilizzare per tutta la giornata.
È difficile provare ad immaginare una vita senza imparare. Senza andare a scuola. Dove andrebbero a finire i nostri sogni e le nostre aspirazioni? Riusciremmo a trovare la forza di continuare a vivere una vita senza prospettive?
Durante la mia esperienza in Sudafrica nell’anno scolastico 2019/20 ho vissuto in una zona rurale molto povera; molti studenti percorrevano chilometri al mattino presto per raggiungere la scuola, perché non si potevano permettere i mezzi di trasporto. La scuola sudafricana, già in condizioni normali, non garantisce un’istruzione completa ai propri ragazzi. Nelle classi vengono stipate non meno di 50 persone, i programmi non sono approfonditi come quelli italiani, spesso i professori non svolgono il loro lavoro in modo doveroso, e le punizioni corporali sono ancora esercitate. Non è disponibile acqua corrente, quindi i bagni sono all’esterno e non è possibile lavarsi le mani con acqua e sapone, e sicuramente le famiglie degli studenti non si possono permettere l’igienizzante. Ho visto ragazzi con potenziali enormi oppressi da un sistema che non li valorizza abbastanza, e ne ho visti altri con poca fiducia in se stessi, ulteriormente demoralizzati in sede scolastica.
Sono stata ospitata da una famiglia del luogo e sono stata felicissima di poter passare del tempo con le mie sorelle ospitanti. Ho raccontato dell’Italia, delle nostre città e dell’enorme patrimonio artistico che loro hanno fatto fatica a immaginare, le ho fatte sognare di fronte alle fotografie delle nostre piazze e dei nostri monumenti, ma anche di fronte alla mia stessa normalissima casa. Ricordo che erano rimaste impressionate dal fatto che fosse a due piani, essendo loro abituate a vivere sotto un tetto di lamiera, in una casa con pavimento in cemento storto e le crepe sulle pareti. Ho fatto vedere cartine geografiche, ho insistito che la mia sorellina di nove anni imparasse le tabelline a memoria e ho fatto vedere alla mia sorella coetanea come usare un computer. Quando parlavo della mia vita italiana, potevo vedere i loro occhi che brillavano e percepivo stupore ma anche invidia. Sono sicura che la mia presenza nelle loro vite abbia portato novità e voglia di imparare, ma il regalo più bello me lo hanno fatto loro: non potrò mai ringraziarle abbastanza per aver aperto la loro casa e le loro conoscenze anche a me, e ogni giorno sono grata di aver potuto passare del tempo con loro.
Sono convinta che tutta la nostra società si sia evoluta anche grazie a persone che hanno studiato e che hanno letto molto, potendo esprimere il loro pensiero e le loro convinzioni in modo libero, ma anche lottando contro le oppressioni. Durante la mia permanenza in Sudafrica, non ho mai visto una casa che contenesse dei libri oltre alla Bibbia, e questi invece possono essere fondamentali nella crescita personale, soprattutto in un Paese in cui la disoccupazione sfiora il 30%. A causa della pandemia, infatti, sono stati persi 2,2 milioni di posti di lavoro. Anche per questo è doloroso realizzare che la generazione che dovrà riportare a galla un Paese già affetto da corruzione e disoccupazione ha perso ormai quasi un anno scolastico, e 300 mila studenti hanno mollato la scuola nell’ultimo anno; le mie sorelle sudafricane e quasi tutti i miei compagni di scuola non hanno potuto fare didattica a distanza.
La scuola è un luogo sicuro e ci può salvare dalle conseguenze psicologiche che questa pandemia lascerà in tutti noi. Questa reclusione ha infatti alzato il tasso di violenze domestiche, ha favorito lo sviluppo di malattie mentali come ansia e depressione, ed è aumentato il numero delle ragazze adolescenti in gravidanza in Paesi in cui questi problemi colpivano già sensibilmente la popolazione.
Per capire le differenze che ci sono in diverse realtà del pianeta è necessario un altro punto di vista, uno sforzo per uscire dalla propria comfort zone e immaginare qualcosa di poco piacevole che non abbiamo mai provato. Nella nostra vita privilegiata, siamo diventati incapaci di usare l’immaginazione, e ci sembra che il mondo odierno sia sempre stato così.
In fondo, tutta la nostra generazione ha perso qualcosa a causa della pandemia. La nostra sfida in futuro sarà risollevare tutto il mondo dalla depressione che ci ha colpiti. Senza esclusioni.
Sitografia
- https://www.unicef.org/press-releases/covid-19-least-third-worlds-schoolchildren-unable-access-remote-learning-during
- https://www.statista.com/statistics/370516/unemployment-rate-in-south-africa/
- https://www.globalcitizen.org/en/content/south-africa-children-school-drop-out-covid-19/#:~:text=According%20to%20TimesLive%2C%20South%20Africa’s,period%2C%20including%20the%20national%20lockdown.
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