di Alice Pellicciotti
Al teatro Giovanni da Udine la rivisitazione del Giulio Cesare di Shakespeare

Immaginiamo la democrazia come un enorme castello di carte, dove ognuna è necessaria per creare una struttura solida, dove ogni piccolo pezzo ha il potere di esprimere un giudizio. Cosa succederebbe se una carta soltanto emergesse da questo castello, si elevasse sopra le altre, pari tra loro, e per bravura o astuzia guadagnasse potere per se stessa: la struttura, apparentemente solida, crollerebbe rivelandosi del tutto fragile.

Il regista Alberto Oliva ha voluto rappresentare questa immagine modellandola sulla tragedia che maggiormente mette in risalto l’ambiguità degli intrighi di potere: il Giulio Cesare di William Shakespeare.

Siamo a Roma nel 44 a.C. nel pieno della crisi della repubblica con il popolo acclamante Cesare come re che, nonostante rifiuti, afferma il suo potere dittatoriale. Cassio, politico romano, e Bruto, figlio adottivo di Cesare, vedono questa conquista come una minaccia per la repubblica. Il loro inesauribile desiderio di proteggerla culminerà con la congiura ordita ai danni del dittatore il giorno delle Idi di marzo. Credendo di aver liberato Roma dalla tirannide, durante il funerale di suo padre, Bruto difende l’azione compiuta come atto di salvezza per gli uomini. Sarà poi Marco Antonio, fedele cesariano, a insinuare nei cittadini la convinzione che quello compiuto sia un atto malvagio, elogiando Cesare come uomo buono.

Cacciati dalla città, Cassio e Bruto si scontrano con Ottaviano alleatosi con Antonio, trovando successivamente la sconfitta e la morte. La salita al potere di Ottaviano decreterà l’affermazione del Cesarismo e la fine della res publica.

Ma perché Shakespeare e perché le carte? Nonostante siano passati più di quattrocento anni dalla stesura del testo, la potenza e la modernità delle parole di Shakespeare sono devastanti e, insieme alla metafora del potere, visto come un gioco di carte, ripreso da House of Cards, diventano qualcosa di esplosivo. Cinque figure: quattro jolly e un asso. Personaggi che diventano carte che muovono il gioco tenendo il filo e che determinano i destini di tutte le altre. Ma dov’è il vero protagonista della scena, Giulio Cesare? È una carta, il re di cuori, quella che nel poker è la più importante e che si mette a capo di tutto il mazzo; ma lui stesso è solo il particolare di una partita dove ogni personaggio è protagonista con le sue azioni. Ciò che contraddistingue questa molteplicità di protagonisti e l’opera stessa è l’ambiguità. Giulio Cesare, osannato come grande eroe e condottiero, è anche assalito dal desiderio di supremazia e di mettersi a capo di un impero vasto ed eterogeneo.  Allo stesso modo Bruto e Cassio sono gli assassini di un uomo potente, ma anche coloro che cercano di salvare la repubblica, qualcosa in cui credono a tal punto da uccidere l’uomo che amano.

Shakespeare non vuole schierarsi. E in questo consiste la grandezza e la bravura dell’autore. Non esistono un buono o un cattivo, un’azione giusta o sbagliata ma solo persone che agiscono spinte da precise motivazioni. Attraverso l’assenza di giudizio il regista ha permesso al pubblico di riflettere, di ricercare al proprio interno la risposta non parteggiando poiché tutti hanno ragione.

E alla fine di questo spettacolo la compagnia lascia gli spettatori con una domanda: quanto si è disposti a sacrificare per i propri ideali?