di Valentina Segatti

Noi, popoli delle Nazioni Unite, decisi

a salvare le future generazioni dal flagello della guerra, che per due volte nel corso di questa generazione all’umanità, ha portato indicibili afflizioni

a riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole,

a creare le condizioni in cui la giustizia ed il rispetto degli obblighi derivanti dai trattati e dalle altri fonti del diritto internazionale possano essere mantenuti,

a promuovere il progresso sociale ed un più elevato tenore di vita in una più ampia libertà, e per tali fini

a praticare la tolleranza ed a vivere in pace l’uno con l’altro in rapporti di buon vicinato, ad unire le nostre forze per mantenere la pace e la sicurezza internazionale,

ad assicurare, mediante l’accettazione di principi e l’istituzione di sistemi, che la forza delle armi non sarà usata, salvo che nell’interesse comune, ad impiegare strumenti internazionali per promuovere il progresso economico e sociale di tutti i popoli,

abbiamo deciso di unire i nostri sforzi per il raggiungimento di tali fini.

Così recita il preambolo della Nazioni Unite, viene affermato che il futuro delle nuove generazioni debba essere salvo dal “flagello della guerra”.

La guerra nella storia ha svolto un ruolo fondamentale, per secoli è stato il metodo usato per risolvere le discordie tra le varie nazioni, paradossalmente bisognava giustificare il motivo per cui non si ricorreva alle armi, ma non il motivo per cui si sceglieva di ricorrere ad esse. 

Apparteniamo al mondo occidentale, mondo in cui persiste la convinzione di aver abbattuto tutto ciò che riguarda il passato e che riteniamo appartenente alla storia e troppo obsoleto per noi, come per esempio la censura, la guerra e la dittatura. La guerra rappresenta l’emblema della violenza, la quale è il simbolo dell’irrazionalità e della parte più istintiva e animale dell’uomo, parte tanto condannata ai giorni d’oggi.

Se dovessi quindi riassumere e generalizzare cosa significa per la nostra generazione la guerra direi che è un metodo antiquato e brutale per risolvere i problemi tra le varie nazioni, un metodo barbaro per la nostra società considerata così tanto sofisticata e civilizzata. Questo è il pensiero di una generazione che ha vissuto la guerra solo come una storia raccontata sui libri scolastici, una guerra che sembra così vicina nel tempo, ma che sembra tanto lontana quanto la discesa di Annibale nella penisola italica. Certamente conosciamo gli orrori della guerra, ma non li abbiamo vissuti direttamente, come neanche i nostri genitori. I nostri nonni forse hanno dovuto combattere, oppure hanno vissuto l’infanzia con il terrore di dover scappare nei rifugi anti-bombe. Per questo per noi è così facile e allo stesso tempo difficile parlare di guerra, essa rappresenta prettamente un aspetto teorico, un problema risolvibile con un semplice ragionamento morale. La guerra non è considerata lecita in quanto causa di stragi di vittime innocenti, causa di crisi e rappresenta di per sé la trappola per topi che i topi stessi si sono fabbricati. Eppure nulla vieta a uno stato di difendersi nel caso in cui venga attaccato, per questo la guerra viene considerata lecita, se intesa come legittima difesa. Ma noi proviamo a partire col presupposto che la guerra non debba nemmeno iniziare. Essa è qualcosa di estremo, e per evitarla bisogna passare per la diplomazia, per fortuna tanto apprezzata dalla società odierna. 

Il quesito morale tuttavia continua a persistere: in caso di attacco armato, la risposta alle armi sarebbe considerata allo stesso modo dell’attacco subito: estrema e poco onorevole? oppure no? Inoltre come si può negare a una nazione il diritto di difendersi? Il problema sta quindi alla radice: chi attacca per primo innesca una pericolosa reazione a catena. Se tutte le nazioni presentassero il diritto alla guerra solo come legittima difesa, impedendo giuridicamente di sferrare per primi degli attacchi militari, allora non ci sarebbero più guerre, o almeno fino a quando persone potenti non cercherebbero di prevaricare sulla debolezza di altri.

Questo ragionamento è valido solamente se prendiamo in considerazione paesi che hanno un forte senso democratico, principalmente gli stati occidentali quindi. Il discorso perde validità se applicato a stati in cui non è il popolo a detenere il potere, stati con forme di governo dittatoriali, oppure paesi che fanno delle guerre religiose una missione.