di Carla Delle Vedove (redazione)

In questo particolare momento di pandemia ognuno sente la necessità di mantenersi informato riguardo alla situazione attuale, probabilmente molto più di quanto facesse in condizioni normali: il lavoro dei giornalisti dunque ora si dimostra essere di fondamentale importanza sia per i singoli cittadini sia per gli Stati. Se infatti ci fosse una collaborazione tra gli Stati per lo scambio di informazioni utili, sarebbe in parte più semplice affrontare l’emergenza sanitaria e instaurare tra chi governa e i cittadini un rapporto di fiducia e trasparenza.

Questo però non avviene e le statistiche lo dimostrano. Secondo un report della International Federation of Journalists (IFJ) condotto tra il 26 e il 28 aprile su oltre 1300 giornalisti in prima linea, tre su quattro di loro hanno subìto restrizioni o intimidazioni nel riportare informazioni relative al Covid-19 e due terzi hanno visto la riduzione dello stipendio, la perdita di entrate o del lavoro o un peggioramento delle condizioni di lavoro. Reporter senza frontiere (RSF), organizzazione non governativa che difende la libertà di stampa e di informazione, ha anche recentemente creato il “Tracker 19” con lo scopo di valutare l’impatto che la pandemia ha sul giornalismo. Si occupa infatti di mostrare online notizie continuamente aggiornate su come vengono gestite la censura e le limitazioni alla stampa in tutto il mondo in questo periodo e di fornire il necessario supporto per difendere l’attività dei giornalisti. È stato chiamato “Tracker 19” facendo riferimento sia al nome della malattia Covid-19 sia all’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani, che tutela il diritto di espressione e di opinione. 

In generale le motivazioni principali per cui gli Stati in alcuni casi applicano restrizioni alla libertà di stampa sono le seguenti: i governi vogliono evitare che vengano diffuse informazioni fuorvianti o vogliono sopprimere le notizie che potrebbero metterli in cattiva luce e sollevare critiche, oppure chi detiene il comando in Paesi in cui la libertà di stampa è già limitata, sfrutta la situazione per accrescere il suo potere politico. L’organizzazione Index of Censorship ha anche realizzato una mappa (https://www.indexoncensorship.org/disease-control/) che mostra in tempo reale gli attacchi alla libertà di informazione nel mondo indicando qual è la loro motivazione.

In alcuni casi la legge stessa è stata utilizzata come mezzo per limitare la libertà di stampa. Ad esempio, per evitare la diffusione di notizie sul coronavirus, la Giordania ha sfruttato una legge che in caso di epidemie, guerre o altre calamità conferisce al primo ministro il potere di controllare la stampa e ogni forma di pubblicazione. In Ungheria, invece, il primo ministro Orbán ha criminalizzato qualsiasi informazione che possa creare allarmismo condannando fino a cinque anni di reclusione chi diffonde notizie non equilibrate; anche in Russia esiste una pena simile per questo tipo di azioni e sono state recentemente create campagne per screditare il modo di operare degli altri Paesi. 

In alcuni Stati, invece, chi ha diffuso o sostenuto un numero dei casi di contagio diverso da quello affermato dal governo ha subìto conseguenze negative. Ad esempio, il giornalista Sergei Satsuk rischia in Bielorussia dieci anni di carcere per questo motivo e in Cina alcuni giornalisti che avevano criticato il partito comunista e avevano riportato dati diversi da quelli ufficiali sono scomparsi. In Armenia si possono citare solo le statistiche emanate dal governo, quindi strettamente dipendenti dalla volontà di quest’ultimo e la giornalista Ruth Michaelson, corrispondente dal Cairo del The Guardian, ha dovuto lasciare l’Egitto per aver sostenuto uno studio scientifico secondo cui i casi di coronavirus nel Paese erano maggiori rispetto a quelli dichiarati. In Egitto, come riporta Amnesty International, oggi sono anche detenuti 37 giornalisti per aver diffuso fake news e per aver alimentato il terrorismo: dal 2015 una legge antiterrorismo ha incluso nella definizione di terrore ogni forma di dissenso. Anche negli Stati Uniti spesso, in questo periodo, i giornalisti sono incorsi in denunce anche per diffamazione.

È quindi chiaro che c’è una correlazione tra la libertà di stampa e la pandemia. Se da una parte l’intento di alcuni governi è di limitare la diffusione di fake news, dall’altra in certi casi chi detiene il comando sfrutta la situazione del Covid-19 per eliminare ogni forma di dissenso e di critica, al fine di accrescere il proprio potere e imporre la propria volontà. Proprio in questo momento, però, più che mai è importante il ruolo dei giornalisti ed è fondamentale che ci sia collaborazione e rispetto tra la stampa e i governi affinché un’informazione trasparente possa aiutare a combattere il virus.

Bibliografia