“I miei abiti hanno una storia, un’identità. Hanno personalità ed un obiettivo, ecco perché diventano dei classici, perché continuano a raccontare una storia. E la stanno ancora raccontando.”

di Laura Sommavilla

Tristemente Vivienne Westwood, amatissima stilista, è morta il 29 dicembre 2022 a causa di una malattia che lei ha voluto tenere lontana dalle passerelle per un lungo periodo di tempo.
Vivienne Westwood era tutto, tranne che una semplice stilista. Ogni sua creazione era una battaglia e chiunque abbia l’onore di indossare un Westwood è consapevole di compiere una piccola rivoluzione. Ogni pezzo porta con sé una scheggia di quello che era stata la donna che lo ha creato.

La storia di questa donna è decisamente fuori dal comune.
La madre del punk nasce l’8 aprile 1941 nel Derbyshire, in pieno stile
Orgoglio e pregiudizio, non molto punk come ambientazione.
Dopo un’infanzia tranquilla si trasferisce a Londra, abbandona gli studi di moda e oreficeria, tentando la carriera di insegnante; intanto disegna e vende gioielli a Portobello Road.  In questi anni incontra il primo marito, Derek Westwood. Si sposa indossando un abito che si è cucita da sola. Da lui prenderà solo il cognome, infatti poco dopo decide di lasciarlo perché
“non stavo imparando niente da lui”. In seguito torna a casa dei suoi genitori, dove inizia a disegnare vestiti e a decorarli con qualsiasi cosa che le capiti tra le mani.

Nel 1965 fa un incontro che le cambia la vita.
Vivienne ha da sempre un rapporto molto speciale con il fratello, il quale studia a Londra. Si reca spesso a trovarlo e durante una di queste visite conosce il coinquilino Malcom McLaren, che la affascina con i suoi
discorsi filosofeggianti. Così decide di trasferirsi nel loro appartamento e, poco dopo, ha un figlio dallo stesso Malcom, Joseph Corré. 

Let it rock

La coppia apre nel 1971 il primo negozio: “Let it rock”, in King’s Cross.
Insieme vendono vestiti confezionati da Vivienne, la quale con le sue creazioni vuole trasmettere un messaggio di resistenza e ribellione attraverso tagli, strappi, spille da balia e borchie. In questo modo nasce lo stile punk, che diventerà una vera e propria filosofia di vita. Proprio nella piccola realtà del “Let it Rock” nasce la prima rivoluzione della Westwood: con i suoi abiti, che sono un tripudio di strappi, spille, lamette, trasforma una subcultura in un movimento che si espande in tutto il mondo. Lo fa in diversi modi: incollando a magliette nere ossa di pollo che accostate formano la scritta “fuck”, oppure tappando la bocca della regina Elisabetta con delle spille da balia.
Questi capi in poco tempo diventano veri e propri mezzi di propaganda.

Nel 1974 il negozio, il quale era già il più ribelle di Londra, diventa pure il più scandaloso.
Viene ribattezzato “SEX” e vende vestiti ed accessori fetish. Con “SEX” la Westwood vuole catalizzare la massima attenzione sulla sua causa, dando
massimo risalto alle sue battaglie di anticonformismo.

Tra le mura del negozio nascono i Sex Pistols e Malcom ne diventa il manager, mentre Vivienne semplicemente li veste.
“Sex” ha però vita breve e chiude nel 1978, dopo l’omicidio di Nancy Spungen da parte del fidanzato Sid Vicius, membro dei Sex Pistols.

Vivienne abbandona momentaneamente il mondo del punk per iniziare una nuova rivoluzione: riprende a studiare. Sullo studio affermerà:La storia è l’unico rimedio, noi siamo il passato e ciò che sopravvive al passato è arte. Il miglior accessorio è un libro”.

Perché inventare il punk?
Ma una domanda che sorge spontanea è perché abbia inventato questo stile “fuori dal normale”. In un’intervista la sua risposta fu: “era per mettere dei bastoni tra le ruote alla moda”

Tra tutte le sue numerose collezioni queste sono alcune delle più famose:
Pirate (1981):
la prima vera collezione a sfilare in passerella durante la London Fashion Week nel 1981. La stilista si era distaccata dalle creazioni punk per cercare ispirazione nell’arte e nella storia, con una serie di capi romantici, unisex e colorati.

Savage (1982):
tendente a un look tribale, con tessuti grezzi e cuciture non ridefinite.
Witches (1983-84):
l’incontro con Keith Haring ha dato vita ad una collezione tra moda e street style. Questi due artisti anticonformisti hanno portato in passerella abiti colorati con dettagli sportivi, ispirazioni asiatiche e i famosi omini stilizzati dell’artista.
Portrait  (1990-91):
una collezione basata sull’amore per l’arte e i corsetti, ispirata dalla collezione Wallace di dipinti e arti decorative francesi del XVIII secolo.

Anglomania (1993-94):
l’elegante sartorialità british si è mischiata con l’amore dei Francesi per le proporzioni esagerate. Questa collezione è creata insieme ad Andreas Kronthaler.

Café Society  (1994):
una sfilata dall’atmosfera decadente e teatrale, con modelle dai visi incipriati e dalle labbra colorate di rosa, che leccano gelati e ammiccano. Questo è stato lo sfondo ad alto tasso di erotismo per una collezione che ha lasciato la stampa senza parole;

On Liberty (1994-95):
una continua esplorazione dello storicismo e della sessualità, con tartan, ispirazioni provenienti dall’abbigliamento equestre e humor britannico;

Anglophilia (2002-03):
l’arte domina sempre la scena e si sente l’ispirazione di del dipinto Madame de Pompadour, di Francois Boucher, uno dei suoi artisti preferiti. Una collezione dai tagli asimmetrici, eccentrica e piena di storia e d’arte;

Le Flou Taille (2003-04):
una riflessione sull’esigenza di “reintrodurre la qualità del taglio couture nel prêt- à -porter”;
Propaganda (2005-06):
una delle collezioni in assoluto più politica. A rendere speciali i capi, insieme alle influenze storiche, ci sono corpetti e gonne  decostruiti, cappotti d’ispirazione militare, stratificazioni e slogan;
Unisex: Time to Act (2015-16):
le fonti d’ispirazione della collezione sono i temi “pastori e Sumeri”, ma il risultato è una sorta di riflessione sulla moda unisex e sull’inclusione.

Climate Revolution  (2021):
voleva mobilitare l’attenzione internazionale sul tema dell’ecologia, per questo ha scritto anche un Manifesto a favore delle generazioni più giovani, che si fonda sulla cultura come stimolo primario per salvare il pianeta: “Voglio che mi aiutiate a salvare il mondo, ma non posso farlo da sola”;

L’orb logo
Vivienne Westwood è anche nota al grande pubblico per il suo logo particolare.

Il cosiddetto “Orb Logo”, creato proprio alla fine degli Anni 80, rappresenta un globo simbolo di sovranità con intorno gli anelli di Saturno.
Vivienne Westwood decise di appropriarsi di un simbolo ereditato dalla storia della Corona inglese. Bisognerà tornare indietro di qualche secolo: era infatti il 1661 quando fu realizzato per la salita al trono di Re Carlo II come simbolo di incoronazione. Tuttora fa parte dei gioielli della Corona, e in casa Windsor lo abbiamo visto spesso tra le mani della Regina Elisabetta.