LA GUERRA FREDDA 2.0 TRA STATI UNITI E CINA
Di Riccardo Bernardinis
È successo di nuovo: come nel secolo scorso ci sono due superpotenze che lottano per il predominio. Può sembrare la trama di un film d’azione, ma è tutto vero: da una parte gli Stati Uniti, dall’altra la Cina, entrambi intenzionati a rivendicare il ruolo predominante nella scena economica mondiale. Sì, perché il campo di battaglia è cambiato: se l’ultima volta gli obiettivi erano il controllo geopolitico tramite le armi nucleari e la corsa agli armamenti, oggi ci si è spostati sulla tecnologia, in particolare sui social network, sul 5G, sulle intelligenze artificiali e sulla produzione di telefonia. La Cina, in particolare, ha saputo cogliere la palla al balzo: negli ultimi vent’anni, mentre gli Stati Uniti investivano le loro risorse nella guerra, il gigante asiatico costruiva treni ad alta velocità, infrastrutture moderne e si ritagliava la sua fetta nei paesi del terzo mondo, in particolare l’Africa, principalmente in Nigeria e Congo, che sono diventati il nuovo oro della Cina. Qui gli asiatici si sono procurati quelle materie prime, come rame e uranio, che sono irreperibili in Cina e fondamentali per la produzione di strumenti tecnologici. In cambio i cinesi hanno costruito infrastrutture e tecnologie nei paesi africani. Ma non lo hanno fatto come le multinazionali americane: il Dragone, infatti, oltre che le tecnologie, ha portato in Africa anche i propri operai, i propri ingegneri e le proprie industrie. Di conseguenza i paesi africani, la cui economia non è affatto cresciuta, poiché i cinesi non hanno investito sul territorio né creato posti di lavoro, sono diventati a tutti gli effetti dipendenti dal gigante asiatico, al punto che l’espansionismo economico della Cina in queste aree è stato definito dalla studiosa Ilaria Bifarini “Neocolonialismo”.
Così, mentre gli Americani erano impegnati in Afghanistan, la Cina si è creata nuove “basi operative”. A Trump va reso il merito di averlo scoperto, ma ora tocca a Biden capire come gestire l’armata economica cinese. Il nuovo presidente ha deciso di farlo con un approccio diverso dal suo predecessore: mentre Trump era intenzionato a trascinare l’America in un duello in solitaria con la Cina, Biden ha deciso di puntare sugli alleati della NATO per contenere il gigante asiatico. Di ciò abbiamo un esempio evidente: è ancora impressa nella memoria la notizia riguardante l’invio in Australia di 5 sottomarini nucleari per contrastare la Cina nel pacifico orientale. E in effetti proprio lì si trova il pomo della discordia, il nucleo da cui questa guerra fredda 2.0 si è scatenata: Taiwan. Formosa, oggetto delle mire espansionistiche cinesi, gode della protezione degli americani, che hanno ribadito il loro impegno nel difendere l’isola, definendo quello di Pechino, per bocca dell’ambasciatore nel paese Nicholas Burns, “un governo aggressivo e intimidatorio”. Da Pechino la risposta del presidente Xi suona come una fredda minaccia: “Non c’è spazio per compromessi. Taiwan, Hong Kong e Xinjiang sono questioni interne e le forze straniere non devono interferire”.
Di certo la Cina è intervenuta eccome: le soppressioni anche violente delle rivolte a Hong Kong e il passaggio molto frequente di jet cinesi nei cieli di Taiwan lasciano poco spazio all’immaginazione.
Nessuna delle due potenze, comunque, si è astenuta dal “giocare sporco”: dai dazi di Trump su Huawei prima e Tik Tok poi, allo spionaggio industriale cinese, non sono infatti mancate azioni di disturbo nei confronti del rivale.
E il resto del mondo? Da che parte si schiererà? Facile è l’affermare che sia l’Unione Europea che la NATO sosterranno lo Zio Sam, come pure Giappone e Corea del Sud, mentre dalla parte cinese ci sono pochi alleati e non della migliore qualità, essendo paesi poveri o comunque non del tutto pacifici, come Laos e Cambogia. La Cina, in effetti, con la sua politica espansionistica si è creata non pochi nemici in estremo oriente, che sono passati dalla parte americana. Una Cina che sembrerebbe dunque sempre più isolata, ma che comunque pare riuscire da sola a contrastare gli americani e a far paura ai propri vicini: il Giappone, infatti, ha già pesantemente incrementato le proprie spese belliche, specialmente nelle zone costiere del paese. Ma che dire dell’altra grande potenza, la Russia?Impossibile non ricordare i ripetuti attacchi da parte degli hacker russi ai più importanti punti strategici americani, come per esempio i network governativi e i think-tank degli Stati Uniti. D’altra parte, tra russi e cinesi è stato stipulato un Trattato di Buon Vicinato questo 28 giugno, in cui Xi e Putin ribadiscono la loro linea condivisa e che sembra creato apposta per sfidare l’Occidente più che per porre le basi di una buona convivenza. Senza dimenticare che i protagonisti della prima Guerra Fredda, insieme agli americani, erano proprio loro.
Insomma, la storia sembra ripetersi e il duello tra l’Aquila e il Dragone è appena iniziato.
Fonti:
- ANSA.it, “Biden-Xi, ‘evitiamo conflitti’. Ma è scontro su Taiwan”;
- The Economist, “The China strategy America Needs”;
- Dalla Corea a Taiwan, la Cina e la guerra agli Stati Uniti – Mappa Mundi, di Limes Rivista Italiana di Geopolitica;
- “I coloni dell’austerity: Africa, neoliberismo e migrazioni di massa” di Ilaria Bifarini, 2018.
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