di Linda Stroppolo

C’era una volta un uomo. Abitava in una casupola fuori dalla città con sua moglie e conduceva una vita misera impagliando sapientemente dei cappelli per poi rivenderli fra le bancarelle del mercato. Quell’anno era però più duro del previsto: l’inverno era piombato all’improvviso con il suo gelo e le sue fredde folate portandosi via l’estate, la stagione dei cappelli di paglia. In qualche modo i due dovevano comunque campare e nonostante la neve avesse spazzato ogni possibilità di vendere i loro cappelli, continuavano ad intrecciarne e a confezionarne quanti più potevano.

Quel giorno era la Vigilia di Natale, che fosse la Vigilia non significava però che non si dovesse lavorare, il bisogno li spingeva ad ignorare il calendario, l’aria e la gente che in tutti i modi annunciavano il tanto atteso chiudersi dell’avvento. 

Con la testa bassa sulle mani che ormai meccanicamente intrecciavano le striscioline di paglia, avanzavano con il loro lavoro e con le loro speranze.

Più tardi del solito quella sera il buon uomo uscì di casa, con tutti i cappelli – dodici per l’esattezza, ché l’arte dell’impagliare è un mestiere di pazienza e precisione – caricati su di un carretto che a fatica trascinava sul sentiero innevato.

Una volta fermatosi nella piazza, cominciò ad esporre i suoi cappelli, ma nonostante gli sforzi e i sacrifici, nessuno pareva interessato alla sua merce: le persone, come formiche, avanzavano lungo le vie facendo tappa ora in un negozio ora in un altro; per curiosità, urgenza o semplice vagabondaggio, con la fretta che il Natale indossa a tutti quanti; guardavano, toccavano, chiedevano e poi andavano oltre.

La neve cadeva imperterrita, il freddo si arrampicava con destrezza sulle ossa del buon uomo che, tremolante come la fiamma di una candela, ancora seduto al banco dei suoi cappelli, difendeva la sua speranza da ogni folata di quella tempesta.

Passavano le ore, le strade erano deserte, il freddo costrinse il buon uomo a levarsi in piedi, stupito di essere ancora in grado di farlo, non voleva credere di star rincasando con tutti e dodici i suoi cappelli.

Perso nel vuoto buio dei suoi pensieri finì col perdersi per davvero, la neve incessante nello scendere gli trasmetteva un certo timore, muta agli sguardi che l’uomo lanciava alla campagna lì attorno, sorda alle preghiere che disperatamente mormorava.

A fatica, sempre più a fatica, trascinava sé stesso nella tormenta seguendo prima una direzione poi l’altra, così come mutavano nel cielo le correnti; con gli occhi spalancati a momenti, pronti a cogliere qualunque apparenza familiare e poi socchiusi a difendersi dalle violente sferzate.

Ecco che nel suo avanzare incappò in una figura. Appena la vide gli sembrò di rinascere. Era forse sua moglie uscita a cercarlo? Forse un passante “fatale”? Chiunque fosse, gli si avvicinò, quasi non sentiva più il sinistro torpore che il freddo suggerisce, ma appena gli fu vicino abbastanza, gli caddero pesantemente sulle spalle la delusione e le morte speranze: si trattava di una statua.

Eppure, la pietosa espressione di questa, che gli occhi gelati lasciavano trapelare, lo costrinse a fermarsi, a passare una mano sul viso di questa e a scoprire un volto di pietra fredda che gli comunicava un’esasperata richiesta di aiuto. Senza ripensamenti calzò uno dei suoi cappelli sulla testa della statua e seguendo la direzione del suo sguardo proseguì, turbato da tanto dolore.

Non molto dopo avvistò una seconda statua, anch’essa abbandonata alla forza del vento e anche con essa si comportò allo stesso modo.

La medesima situazione gli si presentò altre dieci volte e ad ognuna delle statue che incontrava cedeva uno dei suoi cappelli. Proprio mentre estraeva l’ultimo dal carretto per soccorrere l’ennesima donna di pietra, spostando lo sguardo da quello immobile della statua, si accorse di riconoscere quei sentieri e quelle vie: era la strada di casa.

Lasciate le statue con un’ultima occhiata carica di domande e di stupore, rincasò. L’orologio della torre campanaria della città suonava la mezzanotte.

La moglie poi tentò di consolarlo più volte, lodò il suo gesto gentile, ma non riusciva a nascondere del tutto la sua preoccupazione per il loro avvenire, sfocato da incertezze e miseria.

Quella notte un rumore li svegliò di soprassalto, lo spavento e la paura li spinsero alla porta ma, una volta spalancata, questa rivelò che fuori dalla porta era stata depositata un’abbondanza di cibo e tesori.

I due restarono meravigliati, quasi intimiditi da un tale dono e, nel guardarsi attorno per cercare il mittente di tante ricchezze, al buon uomo parve di intravedere, al limitare della via, un gruppo di figure allontanarsi, senza volgere lo sguardo indietro, dodici per l’esattezza, tutte con indosso, fieramente, un cappello di paglia.

Non se la spiegò il buon uomo questa misteriosa apparizione, non si chiese quale fosse il suo significato, osservò soltanto e, da quelle sagome che parlavano in silenzio, sentì l’eco di un sincero ringraziamento.