di Alice Pellicciotti

Il giorno 8 marzo, in occasione della Giornata della donna, il Piccolo Teatro di Milano ha messo in scena al Teatro Giovanni da Udine una commedia di Carlo Goldoni poco conosciuta, ma che fa riflettere sul ruolo della donna e su come ella ha sempre cercato di crearsi una propria indipendenza nei confronti di un marito a cui sembrava solo essere sottomessa.

Venezia, metà Settecento: Carlo Goldoni mette in scena un’opera che riflette la società del tempo, con la borghesia che si stava impoverendo, la crisi graffiante, il gioco e il denaro che nonostante tutto diventavano l’oggetto principale del desiderio, causa di arricchimento e impoverimento per i piccoli artigiani e mercanti. In questo squarcio di vita quotidiana, Goldoni si prende gioco di ogni personaggio, ritratto con un impressionante realismo, e di una società arrivata agli antipodi dell’umanità, nella quale ogni rapporto umano è lacerato da continui malintesi, gelosie e intrighi portando ad un continuo rincorrersi, spiarsi e torturarsi.

Il denaro è il motore di tutta la scena, prende possesso delle persone, delle relazioni, e di ogni cosa sia così debole da lasciarsi manipolare. Interessata al denaro, per prima, è la protagonista, la signora Lugrezia.  Scaltra, astuta, intelligente, sa cosa vuole e come ottenerlo. In un’epoca in cui le donne erano “vendute” attraverso il matrimonio, Lugrezia emerge dominando la scena e i personaggi: da lei partono le dicerie, i malintesi, gli intrighi di denaro e ovviamente le gelosie. Nonostante questo suo carattere apparentemente forte e indipendente, vedova di un uomo che non le ha lasciato nessun mezzo per vivere dignitosamente, ella si arrangia per sopravvivere con prestiti e pegni diventando più maschile dei maschi, ma con l’incubo di sentirsi giudicata. Non esercita nessuna attrazione sessuale sui due uomini principali, Boldo e Todero che vanno a giocare a casa sua, né subisce il fascino di qualcuno. Viene esclusa socialmente e additata come portatrice di scandalo, e questo la porta ad una solitudine sconvolgente. È dunque possibile leggere Lugrezia come la figura che istituisce una nuova religione, quella del denaro, di cui, in quanto protagonista-burattinaio dell’intera scena e dei personaggi come la Mirandolina della Locandiera è divinità, profeta, pastore e adepta.

A fianco della protagonista spiccano altre due figure femminili, simili tra loro: la signora Tonina e la signora Giulia. Entrambe rappresentano le classiche vicine di casa, pettegole e chiacchierone, che non si fanno mai gli affari loro e vogliono sapere tutto di tutti, in particolare dei loro mariti. Anche se sono mogli recluse, escluse, che non possono disporre di nessuna libertà, da un’altra prospettiva dominano i mariti e sono padrone delle loro azioni e decisioni. Cercando di dare una spiegazione alle loro assenze prolungate, li inseguono per una Venezia oscura, tenebrosa, cupa e per certi versi inquietante, dove il Carnevale, momento che dovrebbe celebrare la felicità e la voglia di festa, passa in secondo piano diventando una presenza fastidiosa e intralciante per l’agire dei personaggi.

Morbose sono anche le relazioni matrimoniali dove non sembra esserci nemmeno la presenza di un sottile sentimento che lega i due coniugi, non a caso tutte le coppie non hanno figli, ma sono dominate da un senso di convivenza obbligata segnato da un accordo stipulato tra il padre della sposa e lo sposo. Infatti il matrimonio finale tra Orsetta, la nipote della signora Giulia, e Baseggio non sembra altro che, come lo definisce il regista Giorgio Sangati, “una prostituzione per contratto” evidenziando così il definitivo declino dell’istituzione matrimoniale.

Se le donne sono vittime della gelosia e dei pettegolezzi, gli uomini sono dipendenti dal gioco d’azzardo e dal lotto; nel momento in cui la borghesia perde potere e guadagni, essi diventano l’unica possibilità a cui aggrapparsi creando un continuo circolo vizioso. La vincita finale sembra trasmettere il messaggio che solo la sorte può risolvere una situazione di totale sfiducia verso tutto e tutti.

È proprio la scena del Ridotto a mettere maggiormente in luce il degrado morale e umano della società veneziana, e non solo, del tempo; di come ogni personaggio si muova spinto da scopi unicamente personali, da un individualismo quasi cronico dove manca un centro e un equilibrio oltre che fiducia. La corruzione morale che Goldoni rappresenta, ed è qui la sua grandezza, è incredibilmente attuale e i personaggi sono talmente moderni e realistici che ognuno in qualche parte si può riconoscere.

Così, la pochezza di questi personaggi viene messa in risalto dalla signora Lugrezia quando, trovandosi con le signore Giulia e Tonina, intuisce il motivo della loro gelosia infondata e dice: “Sapete perché siete gelose?  Perché siete brutte.”