Per approfondire il tema della morale aristotelica abbiamo preso in considerazione il capitolo 1 de “Il sapore della felicità”, un saggio del filosofo canadese Jean Vanier, dove è trattato il concetto di “felicità” nel pensiero di Aristotele.

Quest’ultimo, a proposito, afferma che “tutto, nel mondo, tende a qualcosa”; la vita umana non fa eccezione, poiché, secondo lui, ogni uomo tende a un bene supremo, cioè alla felicità.

Un’affermazione del genere potrebbe lasciarci perplessi, perché la domanda “allora in cosa consiste questa felicità?” non prevede una risposta di immediata comprensione: siamo tutti attratti e coinvolti in così tante attività ed esperienze da non saper capire quali possono essere fonte di felicità o meno, e soprattutto, a questo punto, cosa vuol dire essere felici?

La maggior parte delle persone ha sempre pensato di trovare la felicità nelle ricchezze, negli onori o nel piacere, tanto al tempo di Aristotele quanto ai giorni nostri. Ma per giungere alla vera felicità dobbiamo affidarci all’intuizione, cercando una realtà che rifletta il nostro profondo, la quale non ci può essere sottratta facilmente (come i beni effimeri sopra citati) e che rappresenti il fine ultimo della nostra vita.

A proposito della vita umana, Aristotele fa una distinzione tra la “bios” e la “zoè”: la felicità consiste quindi nell’orientare la propria vita (bios) verso un’attività “beatificante e vitale” -riprendendo Jean Vanier- (zoè) che ci rende davvero vivi.
Qual è allora la “zoè” della nostra “bios”?

Ecco le nostre riflessioni.

Giacomo

Ciò a cui penso, leggendo questa domanda, forse non può essere inteso come attività in senso stretto, ma ho voluto parlarne ugualmente; non certo per scrivere un testo di retorica spicciola, o pieno di pensieri fini a se stessi, bensì perchè è ciò in cui credo fermamente.

L’attività che mi rende felice, senza dilungarmi troppo, è vivere. Aristotele distingue però la vita (bios) dall’attività vitale (zôê) ed è proprio a quest’ultima a cui mi riferisco.

Io, al contrario di filosofi che abbiamo studiato, preferisco non distinguere piacere fisico e intellettuale perché penso che mente e corpo siano una cosa sola.

Fare esperienze quotidianamente genera emozioni , positive o negative che siano, che incidono sul nostro “io” materiale e spirituale. Una di queste emozioni è la felicità che, essendo una mera sensazione, non può essere il fine di una meraviglia come la vita.

Noi esseri umani siamo forse troppo infimi per curarci del trascendente od addirittura per ricercare i fini elevati dell’esistenza, che non possiamo neanche immaginare. Più che dei “perché”, dovremmo preoccuparci del “come” e vivere la vita in modo degno, perché è tutto ciò  che possediamo realmente. Lo scopo della vita è vivere, vivere bene; ma non soltanto: l’uomo deve anche fermarsi a riflettere sulle esperienze che compie. La mia “zôê”, ciò che mi rende vivo e fa desiderare di vivere è la vita contemplativa (bios theoretikos), il ragionare sugli errori che compio.

Giada

Esiste un’attività nella mia vita il cui svolgimento è in se stesso fonte di felicità?” è una domanda difficile, infatti quando si è giovani si svolgono molte attività: studio, merletto, palestra e il tempo da trascorrere con buoni amici non è mai abbastanza. Ammetto di non aver avuto dubbi: l’attività che per me corrisponde alla felicità è l’equitazione.

Pratico da dieci anni questo sport nato dalla mia grande passione per i cavalli, gli animali e la natura.

Per me andare a cavallo non è solo uno sport, è un esercizio che coinvolge il mio corpo e la mia mente con il cavallo per creare un perfetto equilibrio e sintonia. E’ il momento in cui mi godo la natura, evado dalla quotidianità e mi sento libera nel mio posto nel mondo.

Sulla sella sono sicura di me, ma anche dopo tanti anni non ho ancora smesso di imparare infatti nel binomio spirituale che creo devo sempre restare concentrata e non dimenticare mai che il cavallo prova dei sentimenti ed è imprevedibile.

Deve crearsi una condizione di reciproco rispetto e armonia.

Il mio cavallo è come un vero amico, silenzioso non giudica e non tradisce e non perde occasione per ricambiare l’affetto che gli dono.

La felicità è istituire un legame e creare equilibrio mentale e fisico.

Come ci insegna Aristotele l’esercizio di questo bene sommo viene da dentro di noi ed è un’attività vitale e irrinunciabile, ma se il cavallo muore?

Una domanda che mi lasciava impietrita e su cui sorvolavo per paura di accettare la sua amara risposta.

Una delle cose a me più care mi viene “portata via” in modo rapido e drastico e la gioia viene sostituita dal dolore e dalla mancanza.

La mia mente è colma di pensieri, primo fra tutti:“Perché la mia famiglia non ha cercato di impedirmi di affezionarmi al cavallo e all’attività, nonostante fosse consapevole di tutta la sofferenza e la tristezza che avrei provato con la sua interruzione? Non hanno fatto nulla per proteggermi.”.

Mi hanno fatto capire che provando personalmente felicità e sofferenza ai loro gradi massimi e vivendo questa magnifica esperienza, sono cresciuta emotivamente e ho sviluppato l’empatia.

Ora che tutto è quasi ritornato alla normalità, quando i ricordi di questa attività riaffiorano nella mia mente sul mio viso spunta un sorriso: sono felice delle esperienze e delle avventure con la mia fedele amica e sono certa che in futuro dovrò riprendere a fare equitazione perché non posso rinunciare alla mia attività vitale.

Alessandra

L’attività (zoè), il cui svolgimento è in se stesso fonte di felicità nella mia vita quotidiana (bios), è la danza. Sono davvero grata di aver trovato qualcosa che mi renda così felice, perché purtroppo non tutti trovano questo qualcosa che rende completa la loro esistenza e di conseguenza rimangono persone disorientate nella vita, che vivono giorno per giorno secondo una serie di automatismi la loro piatta e monotona vita.

Personalmente credo che la danza sia vista in modo diverso da ognuno di noi, come del resto qualsiasi aspetto della vita. Per quanto mi riguarda, la danza non è solo compiere delle sequenze di movimenti a ritmo di musica, come chiunque potrebbe pensare, ma un’esperienza unica ed indimenticabile.

Quando salgo sul palco, ascolto il tintinnio del sipario che si apre su un pubblico nel più totale silenzio, vedo qualche testa sfocata perché sono accecata dai riflettori, non mi sento in soggezione o smarrita, ma anzi più forte e sicura di prima. È come se quella luce che mi illumina il viso stesse a dire “Adesso è il tuo momento, questo, ora, è il tuo posto”. Parte la musica e il corpo insieme ad essa, ogni nota e ogni tempo diventano energia che mi scorre nelle vene. E’ questa che mi fa ballare davvero, solo provando questa sensazione di pienezza e libertà riesco ad esprimere ciò che veramente sono io e ciò che ho dentro e posso regalare a chi mi guarda. Loro, nel pubblico, non mi conoscono,ma non distolgono lo sguardo, forse per qualche bel effetto di luci, forse perché colpiti da qualcosa che ho fatto, o forse perché hanno colto e provato qualcosa che ballando ho tirato fuori da me stessa e donato loro.

La danza è una disciplina che richiede molta dedizione, perseveranza e fatica per raggiungere risultati sempre migliori, sia fisicamente che emotivamente, che permettono ad un ballerino di poter sfruttare tutto ciò che è ed esprimerlo ballando.

Io purtroppo credo che non potrò dedicare la mia vita alla danza, ma posso certamente affermare che non mi serve diventare una professionista per capirne la vera natura, mi basta ascoltare qualcosa, non importa se sul palco o in camera mia, ed entrare in quello stato, sicuramente di concentrazione e sforzo fisico, ma sormontato e riempito di felicità e vita.

Per scrivere questo testo mi sono dovuta soffermare  sulle emozioni che provo mentre ballo, e riflettendo sono arrivata a capire, credo, l’essenza della felicità. Fino a poco tempo fa, se qualcuno mi avesse chiesto cosa mi rendesse felice nella mia vita, io avrei risposto classicamente i miei amici e la mia famiglia, ma con questa riflessione sulla felicità ho capito che la sua vera essenza non sta nel mondo e nelle persone che mi circondano, ma dentro di me.

La felicità in sé è dentro di me come dentro tutti noi e quelle persone che la cercano all’esterno, nelle cose e nelle persone, non la troveranno mai e condurranno una vita infima e monotona, mentre coloro che l’hanno trovata o la troveranno in se stessi  capiranno cosa significa vivere realmente.

Ora, probabilmente a qualcuno non sarà chiaro tutto il mio discorso su queste mie emozioni, ma se fra di voi c’è qualcuno che conosce la felicità in un modo perlomeno simile al mio, capirà se dico che quando ballo sento di vivere realmente, ed è ciò che mi rende davvero felice. 

Lorenzo

Alcuni mesi fa, all’inizio dell’estate, sono venuto in contatto, quasi per caso, con il mondo dell’animazione. Questo incontro mi ha permesso di comprendere quanto sia prezioso pensare prima agli altri che a me stesso, e ha cambiato il mio modo di vivere i rapporti personali con le persone a me vicine.

Il motivo per cui, da quando ho iniziato, ne sono stato profondamente coinvolto, in termini sia di impegno sia di tempo effettivo speso per l’animazione, è la felicità dei ragazzi: la stessa gioia che vedo nei loro occhi al termine di un’attività o di una giornata passata assieme si riflette su di me, in modo sempre nuovo. Trascorrendo molto tempo con loro ci si accorge che il rapporto fra due ragazzi di età diversa è di scambio reciproco: possiamo condividere divertimento, passioni, interessi, opinioni, il “semplice” gioco, che può sembrare secondario, ma invece è fondamentale per scoprire la vera anima dei ragazzi, quando essi si fanno coinvolgere e si mostrano per come sono, senza timidezza né maschere.

Il bene reciproco che condivido con questi ragazzi è la linfa vitale che mi permette di proseguire con gioia questa attività, sebbene costi spesso molta fatica: viverla nel modo più intenso sfinisce il fisico e mette a dura prova i nervi, perché i rapporti con i ragazzi delle elementari e delle medie e anche quelli con gli altri animatori non sono facili e immediati, bensì costringono ad essere pazienti e concilianti.

Nonostante ciò, le emozioni che un’esperienza del genere si porta con sé sono in grado di ripagare del tutto la fatica e l’impegno, così come ho potuto realizzare al termine di un campo scuola di quattro giorni in montagna, nel corso delle vacanze di Natale, dove ho trascorso delle intere giornate con i ragazzi: anteporre le necessità di chi ti sta attorno alle tue permette di riscoprire ciò che davvero è importante per renderci felici, quel qualcosa che è in grado di riempirti nel profondo, che non può svanire in un attimo, ma resta radicato nella nostra esperienza, in modo che noi possiamo condividerlo con chi ci sta attorno e permettere a qualcun altro di scoprire la bellezza, seppur semplice, del servizio per gli altri. Per questo ritengo che l’animazione sia un tesoro, una risorsa con pochi eguali nella vita caotica di un adolescente, che permette di riflettere su ciò che noi vogliamo vivere nella nostra esistenza e che ci può fare provare almeno un pizzico di ciò che io ritengo sia la vera felicità. 

Sebastiano

Molti credono che la felicità stia nei grandi traguardi della vita, che noi consideriamo tali in base alla società in cui viviamo e siamo immersi ogni giorno, ma, come dice Aristotele, la vera felicità è quella fine a se stessa, non quella che punta a un traguardo o a un bene materiale, che io definirei contentezza, l’essere lieti e soddisfatti quando le proprie fatiche sono premiate. La vera felicità, invece, sta nelle piccole cose di ogni giorno, nelle distrazioni dalla vita frenetica, ed è per esempio la visione di un bel film, la lettura di un libro oppure stendersi sul letto e riposare dopo una lunga giornata. Io riconosco di provare questa felicità in particolare quando, di pomeriggio, chiudo il libro, salgo le scale e per una mezz’oretta mi metto a suonare la mia chitarra elettrica. Riprodurre le melodie delle canzoni che più mi piacciono mi rilassa e, quando riesco a suonare in modo pulito un pezzo particolarmente difficile, mi strappa anche un sorriso. Questa è per me la felicità: un piccolo momento di bene che mi rallegra per il resto della giornata.

di Lorenzo Candussio, Giada Elena Lalario, Alessandra Avellini, Giacomo Bianchini, Sebastiano Stucchi (3^E)