di Anna De Luca

Si può parlare della danza contemporanea come di un genere in continua evoluzione rispetto a tematiche, canone e linguaggio, quest’ultimo privo di regole scritte e stabilite. Ponendosi infatti come obiettivo primario l’allontanamento dai canoni classici e romantici del balletto, permette all’esecutore di riscoprirsi, attraverso movimenti estremamente comunicativi e concettuali. Ciò è strettamente legato al bisogno di sperimentare e di assumere consapevolezza di ogni centimetro del proprio corpo, ascoltando le proprie emozioni.

Semplicemente, la danza ti permette di respirare. 

Forse furono questi i pensieri che portarono la giovane Marta Graham, considerata la più grande ballerina americana del XX secolo, a fare la storia della sua generazione. 

Nata l’11 maggio 1894 a Pittsburgh e fortemente influenzata dal lavoro del padre, medico psichiatra specializzato nei disturbi nervosi, si interessò fin da piccola agli impulsi del corpo umano. Dotata di una dirompente intelligenza e forza creativa, si chiedeva come questi venissero prodotti e in che modo potessero essere trasformati nell’espressione dell’arte individuale. Dunque nel 1911, folgorata da un assolo della ballerina statunitense Ruth St. Denis a Los Angeles, decise di intraprendere una carriera professionale per rispondere alle proprie domande. 

Cinque anni dopo entrò a far parte della compagnia della stessa Ruth e del marito Shawn, danzando in alcune coreografie importanti e dedicandosi allo stesso tempo allo studio del teatro. Un grande impatto ebbe il debutto del 1923 a New York, città in cui insegnò alla Eastman School of Rochester e fondò la Martha Graham Dance Company (ritenuta la compagnia più antica al mondo).

Emblematica è anche la creazione del Dance Group, databile attorno al 1926 e inizialmente costituita da sole donne. Nel medesimo periodo, dinamico e innovativo, si possono collocare capolavori come “Lamentation” e “Deep Song”. 

Durante gli anni successivi, Martha continuò ad insegnare e a creare, sfruttando stimoli e tendenze sempre nuove e formando anche futuri importantissimi interpreti. 

Si esibì per l’ultima volta a 76 anni, per poi allontanarsi forzatamente dalla scena, a causa di evidenti limiti fisici, e cadere in depressione. 

Nel 1976 e nel 1984 ricevette rispettivamente la Medaglia Presidenziale della Libertà dal presidente americano e la Legione d’Onore dal governo di Francia, per poi morire a New York sette anni dopo. 

Martha Graham portò in scena argomenti mai affrontati dalla danza in precedenza, di tipo politico, economico, sociale e religioso. Molte sue coreografie, dopo la Seconda Guerra Mondiale, trattarono il tema mitologico, alla ricerca di motivazioni interiori che portassero l’uomo a compiere determinate azioni. Inoltre, alcune di esse trassero ispirazione dalla pittura moderna ed altre furono ispirate a lotte e trionfi di figure femminili come Giovanna d’Arco (a cui nel 1955 dedicò Seraphic Dialogue), Medea, Giocasta ed Emily Dickinson.

La “tecnica Graham”, frutto di una sperimentazione continua allo scopo di comunicare la propria essenza interiore, è stata introdotta in Italia nel 1972 (da Elsa Piperno e Joseph Fontano). 

Per la rivoluzionaria donna, la danza era “il linguaggio nascosto dell’anima”. Rompeva le rigide posture e gli schemi tradizionali della danza classica, per riscoprire l’origine dell’esistenza umana, delle emozioni istintive e del rapporto con la vita e per risvegliare memorie nell’ esecutore, comunicando emozioni. 

Il ballo diventava dunque una vera e propria arte corporea, strettamente individuale e basata sulla conformazione fisica dell’individuo. 

I movimenti della tecnica Graham sono diretti, spigolosi e stilizzati e danno vita ad una danza molto simile alla scultura, basata essenzialmente sulla respirazione (ciò che essenzialmente ci permettere di vivere), sul contatto con la terra (su ispirazione delle danze rituali degli Indios d’America) e sul floor work, ossia letteralmente “lavoro al pavimento”. 

La procedura prevede l’utilizzo di parti del corpo, come la zona pelvica e il bacino, che in precedenza venivano omesse. Ognuna risulta coinvolta interamente, con uno scopo preciso, per far percepire allo spettatore il concetto di totalità. 

Ulteriori elementi utilizzati sono la caduta, o fall, che porta il danzatore ad abbandonare la condizione di equilibrio statico e ad abbandonarsi verso il basso contrastando la gravitazione, e la spirale, ossia la rotazione della colonna vertebrale di 45 gradi attorno a sé stessa.  

Due però sono gli aspetti fondamentali introdotti dalla tecnica Graham, sintetizzati nella contrapposizione tra contrazione e rilascio. Con la prima il corpo concentra l’energia grazie ai muscoli addominali e pelvici, allungando la colonna vertebrale fino a farle formare una curva. Con il secondo invece, che avviene durante l’inspirazione, la schiena si allunga e il corpo ritorna in posizione eretta. 

«Dance is a song of the body. Either of joy or pain. The body is a sacred garment. The body is your instrument in dance, but your art is outside that creature, the body. The body never lies. The body says what words cannot».