di Vittorio Romano
Il Monopoly. Uno dei giochi in scatola più importanti della storia, uno di quelli a cui tutti hanno giocato almeno una volta nella vita, al pari di Risiko e Uno. Così diffuso che alcuni suoi elementi sono persino entrati nel lessico amicale, come il celeberrimo Parco della Vittoria, ad indicare un posto di arrivo. Addirittura, nel 1988 un ricco cultore del gioco si fece costruire un tabellone in oro massiccio, con i dadi tempestati di diamanti.
La sua storia però ha radici molto più lontane, addirittura nel 1903, quando Elizabeth Magie, un’attrice americana, decise di commercializzare un nuovo gioco, “The Landlord’s game”, molto simile alla versione moderna del Monopoly. L’idea di base però, non era, come ci si potrebbe aspettare, quella di una valorizzazione del modello capitalista del mondo: il punto focale era evidenziare i danni che il capitalismo poteva fare alla popolazione, infatti in questo precursore del gioco era presente una regola, oggi rimossa, che prevedeva la possibilità per due o più giocatori di coalizzarsi per non pagare le tasse di transito ad un terzo giocatore, nonché la possibilità di costituire una cassa comune, da cui attingere nel momento del bisogno. Inoltre, Magie commercializzò due versioni, con scopi opposti: nella prima l’obiettivo era l’accumulo di ricchezze, mentre nella seconda le ricchezze venivano condivise tra i giocatori, e tutti stavano meglio. L’attrice, nella creazione di questo gioco, si era ispirata ad Henry George e alle sue idee socio-politiche, in particolare al fatto che l’economista pensasse che la terra non potesse essere una proprietà privata, in quanto si trovava in Natura e non era frutto del duro lavoro: il gioco fu quindi uno strumento di comunicazione politica e sociale, anche se oggi ha perso questo valore.
Circa trent’anni dopo, però, un radiatorista disoccupato, Charles Darrow, scoprì il gioco di Magie, e decise di modificarne alcune parti, proponendo quindi il suo gioco alla Parker Brothers, e comprò il brevetto del gioco originale. Nel 1935, quindi, nacque ufficialmente il “Monopoly”, che in inglese significa “monopolio”. Per Magie questo poteva rappresentare il trionfo del suo intento di diffondere l’idea che il capitalismo fosse dannoso, ma non andò così. Tanto per cominciare, non venne prodotta l’edizione che mirava alla condivisione delle risorse; inoltre, l’accezione che a noi è arrivata del gioco è quella di approvazione del capitalismo e della proprietà privata.
Nel 1936, Monopoly sbarcò in Italia e fu la Mondadori ad occuparsi della distribuzione, nella figura di Emilio Ceretti. Per prima cosa, egli cambiò il nome a tutte le proprietà, sostituendoli con luoghi di Milano, sua città natale; inoltre fu costretto a cambiare il nome del gioco: dovette mutare la y finale del nome, così il gioco prese il nome di Monopoli, in quanto sotto il regime fascista era vietato l’utilizzo di parole straniere. Questo però ebbe un forte impatto sull’opera, in quanto il significato originale di “monopolio” era perduto. Un’altra modifica fu l’utilizzo di tre nomi per altrettanti terreni con significati fascisti: Largo Littorio, Via del Fascio e Corso Impero, i tre terreni verdi. Oggi solo Corso Impero è sopravvissuto, mentre gli altri due nomi sono stati modificati. Cerretti morì nel 1988, ma non prima di aver introdotto in Italia una quantità infinita di giocattoli (come la Barbie) e giochi in scatola (Risiko e Cluedo, per citarne un paio) destinati a rimanere nella storia. I prezzi del Monopoli originario inoltre erano in Lire, che nel secondo dopoguerra avevano perso molto potere d’acquisto, per poi riacquistarlo nei successivi vent’anni: questo però non significò anche un aumento dei prezzi dei terreni del Monopoli, che rimasero sempre uguali. Questo generò quindi una sorta di incongruenza, in quanto negli anni Sessanta i terreni iniziarono a costare pochissimo in relazione alla realtà (un esempio è Parco della Vittoria, la proprietà più costosa del tabellone, del valore di 40.000 lire, che per l’epoca era quasi nulla).
Nel corso della II guerra mondiale, il Monopoli venne persino utilizzato come strumento di tattica militare: in quel periodo, infatti, la CRI distribuiva regolarmente gli aiuti che venivano spediti agli inglesi prigionieri nei campi di concentramento dalle proprie famiglie: vennero quindi utilizzate edizioni del Monopoli modificate per far arrivare soldi o bussole ai prigionieri, in modo da farli fuggire rapidamente. La storia di Magie venne poi rispolverata solo nel 1973: un professore di economia fece alcune ricerche sulla storia della creazione del gioco, per intraprendere una causa legale contro la Parker Brothers (in quanto voleva produrre un “Anti-Monopoli”), quando si imbatté nelle testimonianze del “Landlord’s game”, ovvero il già citato precursore del Monopoli. Il professore e la Parker Brothers infine raggiunsero un accordo, e l’Anti-Monopoli viene venduto ancora oggi.
Oggi Monopoly (dal 2009 di proprietà della Hasbro, che ha rimesso nel nome la y finale anche in Italia) è indubbiamente uno dei giochi più famosi del mondo, con moltissime versioni ispirate a saghe cinematografiche e letterarie, squadre sportive o singole città o regioni, e la sua popolarità divenne così alta che spinse Hasbro Francia ad un’assurdità: vennero prodotte ottanta scatole del Monopoly indistinguibili da quelle originali, ma con una particolarità: alcune banconote erano sostituite con soldi veri, e addirittura in un’edizione tutte le banconote erano vere. Ma a cosa è dovuta la sua immensa diffusione? Anche oggi è difficile trovare una risposta, ma forse è semplicemente un gioco stupendo.
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