di Eljona Elezi e Veronica Mazzoli 

Se ora pronunciassi la parola “solitudine” immagino che nella tua testa comparirebbero una serie di flash di persone fisicamente sole, che piangono o che sembrano depresse, ma fermati un attimo e torniamo al termine dal quale siamo partiti. “Solitudine”, in effetti, è un termine legato etimologicamente all’aggettivo “solo”, dunque le immagini nella tua mente non sarebbero state del tutto errate, ma quel “solo” può avere più sfumature di significato: per esempio una persona può essere sola in una stanza vuota, oppure essere sola in una stanza affollata, ma qual è la differenza? Sostanzialmente nel primo caso il soggetto è isolato fisicamente, mentre nel secondo psicologicamente. Non esiste “la” solitudine e non esiste “una” solitudine più vera di un’altra.
Chiarito questo primo passaggio, si potrebbe riflettere ora su come questa venga vista ad oggi: è qualcosa di sbagliato che bisogna condannare e a cui è necessario trovare una soluzione, o va bene ed è una condizione che ci può accomunare? Lascio la domanda aperta, ma ne approfitto per condividere il mio punto di vista. Solitudine, ammettiamolo, al pari di “depressione”, incute un certo timore e probabilmente ciò è dovuto al fatto che il tema è trattato in maniera superficiale, però i tempi scorrono, i pensieri mutano ed è giusto riprendere in mano e rispolverare certi argomenti. Questo è proprio quello che ho intenzione di fare. A mio avviso, e in base alla mia esperienza, non ci penserei due volte a dire che sentirsi bene standosene in compagnia di sé stessi sia corretto; si parla tanto di abbattere muri e immedesimarsi negli altri per capirne il punto di vista, ma qualcuno dovrà pur pensare anche a te e credo che quel qualcuno debba essere proprio tu. La solitudine in questo senso assume una connotazione anche positiva. Pensaci, puoi trarne dei benefici: hai il tempo necessario per conoscerti, hai il tempo per buttare giù su un quaderno i tuoi obiettivi e dare il massimo per raggiungerli, hai anche il tempo per riflettere su chi ti circonda e su quali effetti loro abbiano su di te. In quattro righe potrei averti già fatto cambiare idea, ma lo scopo non è quello di influenzarti. Se, però, questa percezione della solitudine si trasforma in un problema che col passare dei giorni diventa un incubo sempre più grande, allora è il caso di condannarla: nulla è buono se procura danno, ricordalo.
Spesso, però, questa difficoltà è più grande di quello che può sembrare, poiché una buona percentuale del problema in sé è solo nella tua testa. Come posso liberarmene? Probabilmente parlandone. 
Ricordo di un’amica che una volta, durante una discussione su questo argomento, disse: “Pensa che bello sarebbe vivere per sé stessi, vivere senza farsi troppi problemi, senza pensare prima al bene degli altri e dopo al tuo, ma non è così”. Ascoltando queste parole, le chiesi come mai vivere senza crearsi paranoie non potesse essere possibile e lei rispose: “Non sarebbe realistico: ci sono giorni in cui vorrei solamente rimanere sola, nella mia cameretta e con un paio di cuffiette che riproducono la mia musica preferita, altri, invece, in cui stare da sola diventa una sofferenza, troppi pensieri che girano per la testa senza dare un effettivo aiuto alla mia vita, perché i pensieri vanno selezionati, divisi fra quelli che potrebbero farti del bene, e quelli che, invece, potrebbero fare il contrario, che sono più ricorrenti e indelebili…” – e perchè? -”… perché la mente umana immagazzina i ricordi più piacevoli ma anche gli scenari peggiori, per poi aiutarti a trovare una possibile soluzione a questi.
Ti sei mai chiesta perché allora la mente non si libera da questi pensieri ingombranti?” – no – “ La risposta è semplice: è giusto così, in fondo è grazie alle sofferenze che continuiamo a ricercare la felicità in altro.” 
Ora ti chiedo di prendere esempio da questo episodio e di tentare di aprirti e affrontare questo tema, perché la solitudine non è sbagliata e soprattutto non viaggia sempre sola! Spesso, infatti, il senso di solitudine si incatena al senso di inadeguatezza. L’inadeguatezza è quel tipo di sentimento che si insinua dentro di te senza che tu neanche te ne renda conto: bastano poche parole mirate da chi ti circonda e il gioco è fatto; dentro di te si creano mille diversi interrogativi ai quali, probabilmente, una risposta esatta non c’è, ma tu continui insistentemente a volerne trovare una, perché hai bisogno di risposte, in generale ogni singola persona ha bisogno di una certezza o di una sua verità a cui aggrapparsi, anche se sbagliata o controproducente, l’importante è che ci sia. Qualcosa, però, che sicuramente bisogna evitare per trovare questa risposta è paragonarsi agli altri, in quanto non porta a nulla di costruttivo anche se è difficile rendersene conto sul momento, perché in quegli istanti di incertezza ci si guarda allo specchio e si pensa solo “perché non sono come loro?” o “cosa mi manca per essere giusto?”, solo dopo ci si rende conto che ognuno è com’è, ogni singolo individuo che abita questo esagerato pianeta ha, certo, il diritto di sentirsi solo ma non sbagliato.
Se non credi a queste parole, soffermati allora sul cielo notturno: c’è un numero indefinito di stelle eppure ogni persona che alza la testa per guardare ciò che ci sovrasta non penserà mai che una stella sia più bella dell’altra, perché ognuna è incredibile a modo proprio. Le stelle sono apparentemente unite ma vivono per conto loro, senza infastidirsi a vicenda, e allora perché non essere come le stelle: sole ma non troppo, sole ma brillanti e sole ma sapendo che avranno sempre qualcuno accanto, con cui confidarsi o sentirsi, finalmente, un po’ meno isolate. Immaginare di essere come una stella è un pensiero molto allettante, quindi, perché non provare a essere come una stella: brillare ma senza oscurare gli altri?