di Stella Simonin

Poco tempo fa, quando il mio amico Sebastiano Belli, laureato in fisica, mi ha parlato di questo nuovo progetto al quale sta partecipando, sono rimasta subito colpita dalla sua complessità,  Inoltre è quasi incredibile il fatto che un’azienda friulana faccia parte di qualcosa di così grande, a cui contribuiscono moltissimi altri gruppi di studiosi da tutto il mondo. Così, desiderando saperne di più, ho realizzato questa intervista.

– Ci puoi spiegare in cosa consiste il progetto Lisa? 

LISA (acronimo per Laser Interferometer Space Antenna) è una missione spaziale a scopo scientifico sviluppata dall’ESA in collaborazione con la NASA, il cui lancio è previsto per il 2035-2037. LISA è stata concepita per permetterci di rilevare e studiare le onde gravitazionali prodotte da fenomeni astrofisici che non riusciamo ancora ad osservare con gli odierni interferometri gravitazionali presenti sulla Terra, come LIGO e VIRGO.
E’ costituita da una costellazione di tresatelliti identici fra loro, che orbitano attorno al sole seguendo la Terra ad una distanza di circa 50 milioni di km e mantenendo fra loro una formazione a triangolo equilatero.

Questo ci consente di usare i tresatelliti come un gigantesco interferometro, grazie allo scambio reciproco di fasci laser. All’interno di ognuno dei satelliti, i laser provenienti dagli altri due verranno fatti passare all’interno di un sofisticato apparato ottico, nel quale verranno combinati e fatti interferire fra loro. Sfruttando i principi fisici dell’interferometria, ciò ci consentirà di rilevare e misurare le minuscole variazioni della distanza reciproca dei satelliti causate dal passaggio di onde gravitazionali.


– Come hai conosciuto il progetto?
Probabilmente grazie ad un articolo su un periodico di fisica nella biblioteca del centro di fisica di Miramare, durante gli anni dell’università, o in qualche documentario su YouTube. Ma ricordo distintamente che già allora mi era sembrata un’ idea veramente ambiziosa, temeraria e audace per il genere umano. 

– Qual’è il tuo ruolo al suo interno?
Lavoro per una piccola ma speciale azienda friulana a San Vito al Tagliamento, fondata da Gian Paolo Guizzo, ingegnere elettronico con una più che ventennale esperienza nel campo dell’elettronica per applicazioni spaziali inscopo scientifico. Come azienda e gruppo di lavoro stiamo fornendo supporto all’Albert Einstein Institute di Hannover (AEI, già Max Planck Institute per la scienza gravitazionale), uno fra i diversi centri di ricerca ed università europee che collaborano agli aspetti scientifici della missione.
Ci occupiamo principalmente della progettazione, prototipazione, produzione e test di schede elettroniche che faranno parte del cosiddetto “fasometro” presente all’interno dei satelliti di LISA. Questo sottosistema fa parte del cuore pulsante della missione in quanto consente di rilevare, elaborare e processare tutti i segnali dei sensori ottici che misurano la luce laser proveniente dagli altri due satelliti gemelli, per trasformarli infine in dati di telemetria da inviare a Terra. Inoltre sviluppiamo e testiamo parti del “firmware” per diversi processori e microcontrollori presenti sulle schede elettroniche, e la relativa documentazione tecnica a supporto dello sviluppo e dell’integrazione dei sistemi. 

Scheda elettronica sviluppata per l’Albert Einstein Institute (Image Credit : Max Planck for Gravitational physics)

Come un piccolo ingranaggio all’interno di questa complessa organizzazione, sto muovendo i miei primi passi nel mondo della programmazione delle FPGA (Field Programmable Gate Array), particolari e versatili circuiti integrati, dotati di struttura logica interna ri-programmabile. Sto imparando sia a conoscere le loro caratteristiche che i fondamenti della programmazione necessari per lavorare ad esempio alle funzionalità di elaborazione e controllo del flusso di datidi lettura e scrittura dati nelle memorie presenti sulle schede che sviluppiamo.

– Puoi raccontarci la tua esperienza? Come sono strutturati gli incontri?
A fine novembre ho avuto l’opportunità di partecipare con un altro collega e il nostro titolare al LISA Payload Meeting svoltosi a Noordwijk, in Olanda. Si tratta di un meeting periodico al quale partecipano scienziati ed ingegneri appartenenti ai numerosi gruppi che lavorano alle diverse parti dell’apparato scientifico di LISA. Come mio primo vero viaggio di lavoro, devo dire che è stata una grande emozione. Già dal primo giorno l’atmosfera era veramente elettrizzante e fin da subito è stato fantastico veder interagire fra loro così tanti esperti e ricercatori dei vari settori. Gli incontri erano costituiti da “plenary sessions”, alle quali partecipavano tutti e durante le quali venivano esposti e discussi temi di carattere generale, e da sessioni separate, più o meno affollate, per affrontare temi più specifici riguardanti i singoli gruppi. C’erano poi spazi riservati alle “splinter sessions” durante le quali venivano approfonditi temi specifici e problematiche evidenziate grazie anche allo scambio di domande alla fine delle varie presentazioni. Perfino dalle chiacchierate ai coffee break nascono discussioni, che poi portano a nuove idee e proposte le quali vengono poi discusse per le varie iterazioni dei design. In generale si respira veramente un’aria di collaborazione per un grande obiettivo comune e non traspaiono ambizioni e interessi materiali dei singoli, come invece succede in altri contesti. 

– Quante persone sono coinvolte e da quali paesi provengono?
Centinaia, forse migliaia, da tutta Europa e da oltreoceano. Uno dei principali gruppi Italiani, ad esempio, è quello dell’università di Trento. Ci sono poi esperti dell’ESA, scienziati e ingegneri spagnoli, tedeschi, cechi, francesi, belgi, gallesi, inglesi, e americani, tutti provenienti da università, istituti di ricerca ed aziende private. 

– In quanti settori è suddiviso il progetto?
Moltissimi, sicuramente più di una decina. Ci sono molti team e gruppi di ricerca che curano ognuno il suo componente di strumentazione o una piccola parte di un sistema più grande. Visti gli altissimi requisiti di affidabilità e prestazioni richiesti, tutte le parti devono essere individualmente perfette e devono soprattutto integrarsi perfettamente fra loro quando gli spacecraft inizieranno a prendere forma. Il compito di curare l’aspetto dell’integrazione dei diversi sottosistemi spetta alla figura dei System Engineers. Questi fanno da ponte fra i diversi team tecnici e si assicurano che tutti siano allineati sui requisiti e sulle specifiche imposte alle diverse parti. Anche un solo filo scambiato di posizione all’interno di una delle centinaia di connettori elettrici presenti a bordo può compromettere il funzionamento dell’intero apparato, e variazioni dimensionali di frazioni di millimetro in un componente possono impossibilitare il corretto montaggio di un’unità. Insomma un’organizzazione tanto vasta quanto eterogenea, che coinvolge moltissimi esperti di lunga data e, soprattutto, molti giovani. 

Prototipo di banco ottico per LISA (Image Credits : University of Glasgow)

– Che percorso di studi hai fatto?
Ho seguito un percorso un po’ tortuoso, partendo dall’ I.T.I. Malignani di Udine, dove ho seguito la specializzazione in Costruzioni Aeronautiche, Poi inizialmente ho proseguito con il corso di Ingegneria Aerospaziale al Politecnico di Torino, ma alla fine del secondo anno ho deciso di trasferirmi a Trieste per frequentare la facoltà di Fisica. Dopo la triennale mi sono specializzato in Fisica Teorica, concentrandomi sulla many-body theory, applicata allo studio di sistemi di atomi ultrafreddi nei cosiddetti reticoli ottici. E’ un ambito vicino allo studio della superconduttività ad alta temperatura. Nonostante questo intricato percorso, non ho mai perso l’interesse per l’ingegneria aerospaziale e l’esplorazione scientifica e umana dello spazio. 

– Che cosa consigli agli studenti ed in particolare quelli interessati all’astrofisica?
Di non perdere mai la curiosità, la voglia di imparare e porsi domande. L’universo è un posto affascinante che ospita il nostro piccolo mondo e la nostra fragile vita, ma può essere altrettanto terrificante se non lo si conosce. L’ingegno della mente e la curiosità umana nel corso dei secoli e dei millenni ci hanno permesso di arrivare all’odierno livello di comprensione di ciò che ci circonda, conoscenza che è in costante evoluzione ed espansione. Secondo me essere parte di questo progresso, anche se nel proprio piccolo, è una delle cose più belle a cui una persona possa dedicare la propria vita; e tutte le difficoltà del percorso che si deve affrontare lasceranno sicuramente il posto ad una grande soddisfazione e ad una più grande consapevolezza su chi siamo e quale siail nostro posto nell’Universo. A proposito di difficoltà, mi sento di dare un consiglio che riguarda il periodo universitario che alcuni affronteranno. Ci saranno sicuramente materie meno interessanti, che sembreranno scollegate dai vostri interessi, o professori che vi faranno dannare o, peggio ancora, periodi in cui vi sentirete annegare nella quantità di cose da fare. Tutto questo, purtroppo o per fortuna, fa parte dell’esperienza (non avete letto la clausola in fondo al contratto?) e vi aiuterà sicuramente a sviluppare una vostra personale corazza contro le cose difficili e scomode della vita futura e a sviluppare un metodo personale che userete per farvi strada. Imparate a dare il massimo per ciò che vi appassiona e a guardare oltre al voto e ai “chissà cosa pensa di me il professore”, perché nemmeno vi ricorderete il vostro 25 piuttosto che 30 ad un esame, ma ricorderete come avete rafforzato le vostre capacità e la forza di volontà per affrontare tutte le sfide future, intellettuali e non. Quindi, anche se sembra banale, testa bassa e non mollare mai! 

Ringrazio Sebastiano per aver dedicato il suo tempo a rispondere alle mie domande in modo così approfondito e per i consigli che ha dato agli studenti, di cui sicuramente faremo tesoro.
Per quanto riguarda il progetto LISA, spero di sentirne presto parlare perché  è veramente entusiasmante sapere che anche il Friuli ne faccia parte.