di Camilla Zanini

In un altro secolo.
In un’altra città.
Dovrebbe non essere male vivere un po’ così, dove un prete s’affretta a coprirsi per il vento che gli solleva la sottana, i muri sono privi di scritte, di slogan politici o promesse minacciose, gli ingegneri con elmetti arancioni indicano la perfezione di edifici che non esistono ancora.
Dovrebbe non essere male continuare a nuotare fino a scomparire, danzare lenti, in fondo a un lungo corridoio prima dell’alba senza mai cambiare musica, giungere nel piazzale di una stazione in un giorno di agosto quando il catrame è raschiato dal sole e non c’è anima viva, a parte il fischio dell’accelerato che si allontana.
Dovrebbe non essere male capire di cosa parlano le balene, essere un reagente chimico per far combinare qualcosa di buono mentre attorno i fili vengono collegati ed esplodono le persone. Già… E smetterla di dedicare i giorni ai santi, un giorno alla donna, uno ai padri, l’altro alle madri… In un altro secolo.
In un’altra città sarebbe bello rispettarsi ogni giorno per tutto l’anno e non sbattere a date prestabilite contro il flusso di parole commerciali che galleggiano sui fiumi dei mezzi di comunicazione.
Dovrebbe non essere male guardare negli occhi tutti i bambini, e dico tutti; e cogliere, una volta tanto, i fiori senza nome che sbocciano nei loro sogni.
Già… In un altro secolo. In un’altra città.

ALL’IMPROVVISO
di Nino Orlandi

All’improvviso smetti di parlare,
ti guardi intorno, mi osservi da vicino,
in quel tuo modo che so soltanto io,
che è tenerezza, è rimpianto, è paura
e mille cose che sai soltanto tu.
Una parola fredda, inattesa
è il tuo saluto. Ma insieme ad un sorriso,
con cui mi preghi di non essere triste,
o non troppo, vedendoti andar via.

Non mi regge il cuore,
nemmeno a volte la ragione,
vedendoti ogni sera ritornare
in quella nostra via Bartolo Longo
dove nemmeno posso accompagnarti,
né aspettarti, dove ti recludi
senza colpa e non trovi la pace
dalla rassegnazione. Anch’io recluso, fuori,
non con te: sconfitti entrambi a vita.


RESISTERE

di Camilla Zanini

In quei momenti…
i miei pensieri si fondono con l’aria, con le onde, con le ombre più luminose.
Le nuvole appiattiscono la mia sete di certezze.
La vita si pone in secondo piano,
fugge alla mia ragione.
Quando mi ritrovo, sono sempre
assieme alla paura,
alla paura del nulla.
Mi ritrovo a scrivere,
a piangere,
a sopravvivere.
Resto lì immobile come un filo d’erba mosso dal vento.
Mosso dalle sue più grandi paure.

Le mie parole si muovono nell’assenza di senso, nell’inconsapevolezza della realtà.
Finché perdo le parole,
e ricomincio a pensare…
tutta la nostra cultura è resistenza alla morte.