di Alessandro Nadalin

PRIMA PARTE: IERI

Come tutti sanno, il 24 febbraio costituisce una data importante per la storia, infatti nel 2022, proprio in questo giorno, la Federazione Russa iniziava la sua “operazione militare speciale” in Ucraina, dando inizio ad un conflitto che dura ancora oggi.
Com’è possibile che Ucraina e Russia siano arrivate alle armi? Quali sono le plausibili cause di questo conflitto?
Per rispondere a queste domande bisogna analizzare un vasto periodo storico che inizia nel 1945, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, e arriva fino ai giorni nostri.

Nel 1945 l’Unione Sovietica si trova costretta ad affrontare un grosso problema, ossia una grave crisi economica. Per ovviare ad essa, il presidente Stalin decide di sfruttare le risorse di alcune regioni molto ricche, tra cui il Donbass ucraino. Per far sì che non vi sia carenza di manodopera nella regione, il presidente sovietico decide di far giungere nuove persone da tutti gli angoli dell’URSS, generando così una nuova comunità di persone russofone nella zona.
Alla morte di Stalin subentra Kruscev che, per assicurarsi consenso dei rappresentanti ucraini, dona la penisola della Crimea alla Repubblica Socialista Sovietica Ucraina.

In tal modo quest’ultima acquisisce un nuovo territorio e i suoi confini rimarranno invariati fino al 2014, infatti il Paese mantiene i suoi territori anche dopo la separazione dall’URSS che avviene nel 1991. Visti i tumulti che si erano generati nell’URSS nel ‘90 a causa della separazione della Lituania e dell’Armenia, l’Ucraina, come le altre repubbliche sovietiche, decide di seguire l’esempio dei paesi che si erano appena distaccati e indice un referendum popolare per decidere se staccarsi dal governo di Mosca. La votazione vide un’affluenza generale dell’82% e si concluderà con la vittoria del SÌ (per la separazione) con il 90% dei voti a favore. La sorpresa di questo risultato è il SÌ generale delle regioni russofone, in particolare del Donbass, che optano per questa scelta visto il loro dissenso per i metodi di governo adottati in passato dall’Urss. Questo fatto generò uno stupore generale in quanto gli abitanti del Donbass, storicamente filorussi, avevano deciso di staccarsi dal governo del Cremlino.
In seguito l’Ucraina tenta la via del dialogo con Mosca per assicurarsi la sopravvivenza, ma la presenza di testate nucleari sul suolo ucraino, appartenute allo stato sovietico, complica i rapporti tra le due nazioni. Il problema verrà risolto con la firma del Memorandum di Budapest, accordo in cui l’Ucraina si impegna a sbarazzarsi delle armi nucleari e la Russia a garantire la sopravvivenza del paese confinante.
Nei primi anni 2000 si assiste ad un notevole avvicinamento dell’Ucraina all’UE, in particolare il leader dell’opposizione ucraina Juscenko riesce ad ottenere il consenso popolare con la stipulazione di un accordo bilaterale con l’Unione che prevedeva la creazione di una zona di libero mercato, ma la felicità della popolazione ucraina durerà poco. Nel 2010, infatti, vince le elezioni il candidato filorusso Yanukovich, che viene nominato presidente. Il neoeletto capo di stato decide di rafforzare i rapporti con Mosca, stracciando ogni accordo stipulato con l’UE e vendendo diversi titoli di stato ucraini alla Russia in cambio dell’abbassamento del prezzo del gas; inoltre Yanukovich, in quanto presidente ucraino, non può sopportare i moti indipendentisti che si stanno formando nell’est del Paese e per impedire il distacco della zona dallo stato ucraino decide di tenere sotto controllo la situazione tramite lo strumento della corruzione; tuttavia l’orgoglio della popolazione del Donbass continua a crescere in relazione al proprio fondamentale ruolo nell’economia nazionale.
Tra la notte del 22 e del 23 novembre del 2013, all’indomani dell’annullamento degli accordi con l’UE, la popolazione ucraina, in particolare i giovani, scende in piazza a protestare contro la decisione del governo. In poco tempo la protesta, che prende il nome di Euromaidan, si trasforma in una rivolta popolare, anche a causa dei brutali interventi compiuti dalle forze governative. Messo alle strette, il presidente Yanukovich fugge nella notte tra il 21 ed il 22 febbraio del 2014 e al suo posto viene eletto un nuovo governo provvisorio di schieramento filo-occidentale.
La prima mossa del nuovo governo è quella di riallacciare i rapporti con l’occidente, in particolare con la Nato, che apre all’ingresso dell’Ucraina nell’alleanza.
La possibilità dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato rappresentava un problema per il presidente Putin, che decise di muoversi per impedirne la realizzazione.
In questo momento si verifica il molto dibattuto caso della Crimea: era storicamente una regione abitata da una maggioranza filorussa ma, con l’avvento del governo provvisorio, decise di scendere in piazza per protestare contro il governo di Kiev. Approfittando dei tumulti, un gruppo paramilitare senza contrassegni, chiamato “Omini Verdi”, prese d’assalto gli edifici governativi, occupandoli. Subito dopo il partito russofono locale riesce a vincere le elezioni e sale al potere.

Questa concatenazione di eventi fece capire al presidente Putin che quello era il momento di muovere le pedine, così tra il 20 e il 27 febbraio del 2014 inviò un contingente militare ad occupare la regione.
La vittoria russa giunge rapidamente grazie al fatto che le truppe di marina erano già stanziate in Crimea, inoltre la ritirata ucraina facilitò le operazioni militari.
Per legittimare tale atto, Putin decise di indire un referendum per annettere la penisola alla Federazione Russa. La vittoria del sì fu netta e la Crimea passò nel 2014 sotto il controllo diretto del Cremlino.
Tale referendum fu contestato dall’occidente, infatti diversi Stati, tra cui gli USA, misero in evidenza il fatto che esso violava la legge ucraina in quanto eseguito senza il consenso del governo di Kiev, inoltre nella scheda di votazione mancavano le due seguenti opzioni:
-rimanere con l’Ucraina con uno statuto di autonomia
-staccarsi dall’Ucraina per essere indipendenti
Oltre a queste incongruenze, l’occidente ne fece notare altre, come la violazione da parte della marina del Cremlino dell’accordo sulla presenza della flotta russa nella regione e la violazione della Russia di alcune regole ONU che le impedivano lo sbarco di truppe nella regione senza il consenso dell’Ucraina.
Alla fine la Crimea non venne riconosciuta legalmente come territorio russo, ma di fatto il controllo della penisola era passato nelle mani del Cremlino, nonostante le proteste degli stati occidentali.
La crisi della Crimea portò alla rottura definitiva dei rapporti tra l’Ucraina e la Russia, perciò Kiev, per evitare che gli eventi accaduti nella penisola sul Mar Nero potessero succedere ancora, decise di iniziare la riorganizzazione del suo esercito.
Non molto tempo dopo, la popolazione del Donbass, ispirata da quella della Crimea, decise di manifestare contro le autorità ucraine nelle piazze. Anche in questo caso diverse forze non contrassegnate occuparono gli edifici governativi trasformando le proteste popolari in una vera e propria insurrezione armata.
Al contrario della Crimea, il Donbass era essenziale per l’economia ucraina, quindi il governo di Kiev decise di attuare una manovra militare per fermare la ribellione e riprendere il controllo della regione.

La questione, però, non si sarebbe rivelata così semplice, infatti le due regioni avevano messo in piedi in poco tempo una piccola milizia ben armata (grazie anche agli aiuti russi) ,che si rivelò un avversario molto pericoloso, inoltre questi eserciti regionali erano comandati da ex-membri dei servizi segreti del Cremlino, ossia Igor Girkin, autonominatosi capo delle forze militari del Doneck, e Valerij Bolotov, il suo omologo per il Lugansk.
Se per il governo ucraino il conflitto in Donbass rappresentava un problema, per Putin era un vantaggio, in quanto bloccava l’ingresso dell’Ucraina nella Nato, dal momento che l’alleanza atlantica non può accettare Paesi in guerra contro altri stati o coinvolti direttamente in guerre civili. Per continuare ad alimentare il conflitto, la Russia inviava continuamente sostegno militare alle due regioni ribelli.
Quella che per il governo ucraino doveva essere una rapida manovra militare per riprendere il controllo della regione si trasformò in una vera guerra civile che implicava l’uso dell’artiglieria e dell’aviazione per eseguire intensi bombardamenti, la costruzione di trincee e la presenza di feroci combattimenti urbani.
L’esercito ucraino, per ovviare al problema della scarsità di uomini, decise di accogliere anche civili che si arruolavano volontariamente. Tra i ranghi ucraini entrarono anche gruppi di persone ultranazionaliste che in poco tempo si trasformarono in veri e propri battaglioni, come nel caso del battaglione Azov.
I primi mesi di guerra furono particolarmente violenti e per porre fine al conflitto si tentò una tregua tramite gli accordi di Minsk, degli accordi firmati nel 2015 tra Russia e Ucraina, tramite la mediazione di Francia e Germania, che puntavano a raggiungere l’immediato cessate il fuoco e, successivamente, la fine di tutte le ostilità. Questi accordi vennero rispettati solo in parte, infatti dopo un’iniziale tregua i bombardamenti ripresero e la pace non venne raggiunta.
Negli anni successivi si tentò diverse volte di porre rimedio al problema rettificando gli accordi, ma tutti gli sforzi si rivelarono vani.
Alla fine la guerra andò avanti in una situazione di parità sul campo per diversi anni, fino a quando nel 2021 gli ucraini si rivelarono di essere sul punto di vincere la guerra, di conseguenza avvenne un nuovo avvicinamento dell’Ucraina alla Nato.
Sentendosi alle strette, Putin decise di attuare una manovra che nessuno si sarebbe aspettato, nemmeno gli stessi ucraini. 

La seconda parte di questo articolo, che tratterà il tema della guerra iniziata nel 2022, verrà pubblicata nella prossima edizione, perciò continuate a seguire l’Intrepido!

Fonti:

Nova Lectio: Perché la Russia ha annesso la Crimea (conflitto Russo-Ucraino)

Nova Lectio: Cosa succede in Donbass tra Russia e Ucraina?