di Stella Simonin

Negli ultimi anni si è diffuso un nuovo tipo di tecnologia, la cosiddetta intelligenza artificiale, basata su algoritmi che interagiscono con altri algoritmi, generando nuove procedure (machine learning). Affermare che il suo impatto sulla società sia positivo o negativo potrebbe non essere così semplice perché ci sono tanti pro quanti contro. Le forme più semplici e comuni di intelligenze artificiali possono sembrare innocue o persino utili per velocizzare alcuni aspetti della nostra vita quotidiana: traduttori simultanei, smart-tv, comandi a riconoscimento vocale, selezioni finanziarie e lavorative (cioè algoritmi che giudicano l’operato dei lavoratori e concedono o negano prestiti), ecc…
Tra i siti più conosciuti che utilizzano la tecnologia AI ci sono:

  • Chat-GPT (Open AI): multifunzione che genera principalmente risposte a messaggi, scrive e corregge testi, compone musica.
  • Dall-E (Open AI): genera immagini partendo da testi.
  • Synthesia: crea da zero dei video di una persona inventata che è capace di fare una presentazione di un prodotto o un’azienda e di esporlo in tempo reale nella lingua selezionata dall’utente.
  • Midjourney: genera immagini ed illustrazioni partendo da testi.
  • Thispersondoesnotexist: a ogni aggiornamento propone una foto di un volto che non esiste. 

Un dispositivo come Alexa, che oggi si trova nelle case di molte persone, viene utilizzato principalmente per ascoltare musica o rispondere a semplici domande, ma le cose si complicano quando l’intelligenza artificiale viene sfruttata nel modo sbagliato e crea interpolazioni dei dati reali. L’AI sta anche portando dei vantaggi importanti rispetto a vari settori, come quello della sanità, nell’ambito del  quale ha migliorato gli strumenti per le persone con disabilità, come software per non vedenti (Narrator, SoundScape) e incrementato l’efficienza delle tecnologie per diagnosticare tumori. Nel settore della sicurezza è stata sfruttata per la prevenzione di furti e crimini in aeroporti, stazioni ed eventi pubblici, e nel mondo dell’arte, persino per generare disegni, composizioni musicali e cortometraggi.Di recente hanno preso piede delle applicazioni che permettono di creare immagini, simulare fotografie o testi che in realtà non esistono, quindi tutti generati automaticamente dalla macchina mediante l’utilizzo delle informazioni che essa ha a disposizione sul web. Questo può diventare pericoloso, ad esempio nel caso in cui venga usato appositamente per ingannare le persone, per diffondere fake news.
Qualche settimana fa il giornalista britannico, fondatore del sito Bellingcat, Eliott Higgins, inizialmente per scherzo, ha pensato di generare con l’AI delle foto rappresentanti Donald Trump in diversi momenti di un arresto, le quali in breve tempo hanno fatto il giro del globo suscitando un putiferio. Iper-realistiche eppure fake, frutto di un’applicazione AI. In due giorni il post è stato visualizzato cinque milioni di volte, diventando un caso studio sulla sempre più realistica qualità delle immagini generate da questi sistemi. L’episodio ha evidenziato, inoltre, il problema dell’assenza di regolamenti governativi e aziendali atti a riconoscere e bloccare il diffondersi di falsità. 

Tuttavia ciò che possono fare applicazioni di questo genere non è poi molto differente da un buon programma di fotoritocco: non è stata l’intelligenza artificiale a introdurre fake news e immagini fasulle, tutto ciò era possibile anche diversi anni fa, prima dell’AI.
Restando sul tema delle immagini generate, ha fatto discutere una foto vincitrice del Sony World Photography Awards, realizzata con l’intelligenza artificiale dal tedesco Boris Eldagsen, che ha poi rifiutato il riconoscimento sul palco della premiazione di Londra, suggerendo di donare il premio in beneficenza. 

Un altro aspetto un po’ preoccupante di questa tecnologia AI è il bias, ovvero il il fatto di alimentare i pregiudizi e le possibili conseguenze che deriverebbero dal suo utilizzo. I sistemi di apprendimento automatico su cui è basata, a causa della loro capacità di trovare correlazioni in un set di dati, comportano un rischio di discriminazioni razziali o di genere in professioni e ruoli.

Il dilemma resta vivo e aperto; il futuro ci riserva ancora molte sorprese e diverse decisioni da prendere.

Fonti:


IMG1 https://www.instagram.com/monomosite/

IMG2 https://this-person-does-not-exist.com/en

IMG3 https://www.lastampa.it/esteri/2023/03/24/news/trump_larresto_e_fake-12717248/

IMG4 https://www.tgcom24.mediaset.it/tgtech/sony-world-photography-awards-foto-ai_63687524-202302k.shtml