di Riccardo Bernardinis

La guerra che si sta combattendo in questi mesi in Ucraina è indubbiamente lo scenario geopolitico cui è dedicata maggiore attenzione dai media occidentali, in quanto i suoi effetti si ripercuotono sulla vita quotidiana di milioni di europei. Questo scontro, tuttavia, non è l’unico che si sta verificando in questo periodo. Le attuali sfide tra grandi potenze, infatti, non sono più necessariamente solo militari ma anche e soprattutto tecnologiche. Con il conflitto tra Mosca e Kiev e le rinnovate tensioni tra Pechino e Washington riguardo a Taiwan si sono aperti nuovi scenari di grande interesse riguardo alle tecnologie strategiche. Due su tutti? I chip, ossia i componenti hardware fondamentali per ogni sistema di elaborazione (come i computer) e l’intelligenza artificiale (AI). Entrambi presentano attori principali e secondari, e la competizione tra le potenze in ambedue gli ambiti sarà cruciale per definire gli equilibri geopolitici in un futuro che sarà sempre più tecnologico. 

STATI UNITI CONTRO CINA
La sfida principale si gioca, come di consueto, tra Stati Uniti e Cina e vede lo Zio Sam in una situazione di vantaggio e il Dragone in rincorsa. Attualmente, infatti, gli Stati Uniti stanno sfruttando la loro netta superiorità nelle componenti hardware dell’AI per contenere l’avanzata cinese. Con l’introduzione di un nuovo pacchetto per la limitazione delle esportazioni di questi componenti, in vigore dal 7 ottobre scorso, gli americani hanno fatto capire alla Repubblica Popolare che useranno la loro superiorità per negare alle imprese e agli enti cinesi l’accesso ai sistemi più avanzati ottimizzati per condurre operazioni di apprendimento automatico nel cloud. La strategia d’oltreoceano è quella di incidere pesantemente sulle possibilità delle industrie cinesi di tenere il passo con quelle a stelle e strisce in settori strategicamente importanti come biologia, tecnologie verdi, calcolo quantistico e soprattutto semiconduttori. In quest’ultimo, d’altronde, gli Stati Uniti vantano rapporti molto migliori con Taiwan rispetto alla Cina. Fattore che merita considerazione, visto che Taipei è il Paese con la maggiore esportazione di semiconduttori al mondo (la Taiwan Semiconductor Manufacturing Company è la più importante industria del settore a livello globale, con un valore di mercato di 520 miliardi di dollari) e sfrutta questa qualità per creare quello che è stato talvolta definito lo “scudo di silicio”, ossia usa il suo strapotere nel campo dei chip per proteggersi dalle mire cinesi.
Insieme a queste, tuttavia, ci sono altre potenze che hanno un peso crescente nell’industria dei chip e dell’intelligenza artificiale e hanno di conseguenza voce in capitolo: le principali sono Giappone, Italia e India.

GIAPPONE
Procedendo con ordine, per il Paese del Sol Levante, così come per la Cina, l’AI è diventata una tecnologia strategica sia in politica interna sia esterna, in quest’ultimo ambito soprattutto per la competizione con Pechino. Tokyo vede l’AI come mezzo privilegiato per affrontare sfide incombenti e impegnative quali la sicurezza economica, lo sviluppo sostenibile e la stabilità regionale. Approccio che fa dipendere la sicurezza nazionale e la competitività industriale dalla capacità di condurre un commercio solido e al sicuro da eventuali politiche ricattatorie da parte di Pechino, come le ritorsioni sulle filiere produttive e sull’approvvigionamento di terre e metalli rari(fondamentali per lo sviluppo dell’AI). La Cina, è bene ricordare, detiene una grande quantità di risorse minerarie grazie allo sfruttamento delle sue filiere in Africa e l’ambizione di avviare un monopolio è certamente presente nella classe politica di Pechino. Per un Giappone naturalmente privo di materie prime è dunque imperativo trovare soluzioni.
L’intelligenza artificiale serve, nelle intenzioni di Tokyo, ad analizzare i problemi attuali e futuri e proporre strategie innovative. L’AI giapponese, dunque, prevede un’operazione di istruzione e per questo è stato lanciato un vasto programma nazionale con lo scopo di aumentare l’alfabetizzazione informatica del Paese. Non è inoltre un caso se il governo nipponico ha istituito l’Artificial Intelligence Research and Development Network, il cui scopo è cooperare con gli alleati Occidentali per lo sviluppo condiviso di una visione dell’intelligenza artificiale e introdurre comuni norme vincolanti. Il Giappone, d’altro canto, è fermamente convinto del fatto che una regolamentazione dell’intelligenza artificiale sia fondamentale, onde evitare intrusioni dannose per la privacy e la sicurezza personale. Altro scopo dell’AI, infatti, è per Tokyo la difesa della democrazia.
Sul fronte interno, il Giappone considera questa tecnologia come strumento di resilienza per risolvere problemi demografici ed economici. La digitalizzazione di gran parte delle informazioni in mano alle istituzioni pubbliche, in modo da renderle più veloci e facilmente reperibili, è una risposta alla difficile accessibilità a queste da parte della popolazione, problema manifestatosi soprattutto durante la pandemia. Il programma lanciato da Tokyo include anche l’utilizzo dell’AI per risolvere problemi climatici, come la gestione dei rifiuti e lo sviluppo dell’economia circolare, e industriali: con una popolazione in invecchiamento l’intelligenza artificiale sarà indubbiamente utile per rafforzare i processi industriali e le filiere produttive.

ITALIA
L’Italia, invece, è impegnata nella ricerca di un ruolo importante nella filiera dei chip dopo essersene ritagliato uno nell’ambito del supercalcolo. Il Tecnopolo di Bologna, infatti, ospita Leonardo, il quarto supercomputer più potente del mondo, inaugurato il 24 novembre 2022 alla presenza di Sergio Mattarella e di settecento rappresentanti della comunità scientifica internazionale, rettori di università e rappresentanti Ue. Il progetto, nato nel 2015 e la cui realizzazione è iniziata nel 2018, rappresenta un punto di svolta per il nostro Paese, candidandolo a polo di riferimento globale in questo settore. Il Tecnopolo di Bologna, inoltre, ospiterà uno dei sei computer quantistici di cui si doterà l’Europa nel 2024 attirando così l’attenzione dei maggiori fornitori tecnologici mondiali, interessati a realizzare dei laboratori congiunti per la progettazione di grandi sistemi di supercalcolo. Questo progetto prevede la realizzazione di prototipi unici al mondo e costituisce un ottimo punto di sviluppo di architetture di sistema, microprocessori, dispositivi di immagazzinamento e networking. Tecnologie sfruttabili al massimo delle proprie potenzialità e che spesso trovano sbocco nel campo della comunicazione e dell’informazione. Ma non solo: lo hub è anche candidato come sede di un’università delle Nazioni Unite, è un passo cruciale per la strategia Ue per la trasformazione digitale e per la competitività italiana ed europea nei confronti di Usa e Cina. È dunque facile capire perché il Tecnopolo sia stato uno dei più grandi investimenti pubblici in ricerca e innovazione del Belpaese in questo periodo (ha ricevuto circa 350 milioni di euro dal Pnrr e altri 240 milioni dal Ministero dell’Università e della Ricerca e da Eurohpc), specialmente tenendo presente che ha dato all’Italia la possibilità (e il dovere) di assumere un ruolo guida in Europa nell’ambito della progettazione dei microprocessori e dei sistemi open source, entrambi settori strategici nel futuro.
Nel settore dei semiconduttori, invece, l’Italia è presente fin dagli anni ‘50 come realtà d’eccellenza, ma lamenta una carenza di materie prime strategiche, che nel nostro Paese non sono presenti. Da questo punto di vista non si può certamente migliorare granchè, ma molto si può fare per valorizzare le persone impegnate in tale ambito, in modo da mantenere la competitività. La Saint Microelecronics (Stm) resta il caposaldo della filiera nazionale. Registrata nei Paesi Bassi e con base principale a Ginevra, l’azienda annovera come azionisti di maggioranza Stato Francese e Stato Italiano, con una quota paritaria. Essa, infatti, è nata dalla fusione dell’italiana Sgs con la francese Thomson Semiconducteurs. Stm è un integrated device manufacturer (Idm), in quanto è in grado di progettare e produrre internamente i propri dispositivi. Sul suolo italiano, in particolare, sono realizzati prodotti di smart power (piattaforme digitali) e Mems (micro-electromechanical systems), sono lavorati wafer di silicio e prodotti wafer di carburo di silicio (utilizzabile nella filiera delle auto elettriche). L’unica operazione non svolta nel nostro paese è l’impacchettamento delle migliaia di microcomponenti di un singolo wafer con altri componenti, in modo che possano essere collegati alla scheda elettronica applicativa. Tali operazioni, infatti, sono perlopiù svolte in Estremo Oriente (Malesia, Singapore e Filippine soprattutto), area dove molte aziende hanno concentrato le proprie produzioni, creando un ambiente molto vantaggioso in termini competitivi. A Singapore, ad esempio, Stm possiede una fabbrica dove i wafer sono lavorati in camere bianche. Attorno a Stm, inoltre, si sono sviluppate decine di aziende che integrano la filiera industriale, rendendo l’Italia assolutamente competitiva a livello globale. Il nostro paese, inoltre, resta appetibile per le filiali di aziende straniere. Tra queste anche la tedesca Infineon, principale concorrente di Stm, e l’americana Intel, che ha annunciato l’apertura di un nuovo stabilimento di assemblaggio a Verona.
Sul territorio italiano, dunque, sono presenti molte filiali, fabbriche ed aziende straniere e nostrane, fattore di non scarsa rilevanza. Italia ed Europa, tuttavia, restano fuori dal settore dei processori a integrazione spinta, anche se i settori in cui restano competitive (auto elettriche, Internet e reti intelligenti) restano filiere strategicamente fondamentali.

INDIA
Dallo sviluppo tecnologico dipende, invece, l’ascesa dell’India a grande potenza. Delhi vuole rendere l’India un polo manifatturiero globale e raggiungere una buona autosufficienza, in modo da poter affrontare gli attriti con la Cina senza essere soverchiata dal vicino ormai in piena corsa tecnologica. Per farlo il premier Modi punta sull’alta tecnologia. L’India è il Paese che più di ogni altro sta accelerando l’adozione dell’AI, il cui comparto, nelle stime di Modi, peserà il 10% del Pil indiano quando questo raggiungerà quota 5 trilioni. L’intelligenza artificiale sconta, certo, i limiti di un paese segnato da divisioni economiche e sociali, ma allo stesso tempo si presta bene a essere lo strumento adatto a ridurle. Per agevolare lo sviluppo tecnologico l’India usa due fattori: primo, il consolidamento dei rapporti con Washington e i paesi Nato e secondo, l’acquisto massiccio di petrolio, gas e altre materie prime dalla Russia a prezzi molto ridotti a causa della guerra in Ucraina. Il tutto senza perdere di vista l’ingombrante vicino cinese: l’India è infatti uno dei quattro paesi del Quad (insieme a Giappone, Australia e Usa), ossia un’alleanza informale creata da Washington in funzione anticinese nell’Indopacifico. Dal punto di vista dell’AI, invece, l’India risulta essere settima in termini di investimenti e avanzamento tecnologico. Nei prossimi anni, dunque, pare destinata, come grande potenza, a distanziare, in questo settore, le colleghe Corea del Sud, Canada e Italia per agganciare Germania, Francia, Regno Unito e Giappone. In altri ambiti, invece, l’India soffre, soprattutto in quello sanitario. La pandemia, d’altronde, ha colpito duramente Delhi. In India, infatti, sono presenti in media solamente 64 medici ogni 100.000 abitanti e il sistema sanitario nazionale risulta quindi estremamente a rischio. Questo a danno di oltre il 60% della popolazione indiana, che vive nei paesi rurali. L’intelligenza artificiale potrebbe essere dunque impiegata anche in questo ambito, per far fronte alla carenza di personale sanitario.
Le sfide tecnologiche non sono, insomma, limitate alle sole America e Cina, ma sono una realtà che presenta numerose sfaccettature. Gli equilibri del futuro, di conseguenza, non saranno determinati unicamente dallo scontro tra le due maggiori potenze, ma anche dal sistema di alleanze che queste saranno in grado di creare.
Bibliografia:

  • Alan Hao Yang: “Taiwan prepari lo scudo di silicio”, Limes, gennaio 2022
  • Paul Triolo: “Il piano degli Stati Uniti per rallentare l’AI cinese”, Limes, gennaio 2022
  • Francesco Ubertini: “ Il supercalcolatore di Bologna, una risorsa per l’Italia”, Limes, gennaio 2022
  • Simone Antonio Sala: “Il chip parla anche italiano”, Limes, gennaio 2022
  • Stephen R.Nagy: “AI, l’elisir di giovinezza nipponico”, Limes, gennaio 2022
  • Lorenzo Di Muro: “L’India sarà unita dall’alta tecnologia o resterà mosaico”, Limes, gennaio 2022