Di Valentina Segatti 

[so-li-tù-di-ne] s.f. [dal lat. solitudo -dĭnis, der. di solus «solo»]

La solitudine è una condizione, un sentimento umano, passeggero o duraturo, che esprime il sentirsi o l’essere soli. Esistono quindi due tipi di solitudine: interiore o esteriore. Partendo dal presupposto che, essendo un sentimento, la concezione dello stato di solitudine è estremamente soggettivo, ritengo la solitudine interiore la peggiore e la più spaventosa, è infatti uno stato in cui puoi essere, o meno, circondato da persone, ma è come se tu ti estraniassi da loro. È peggio esser solo o sentirsi solo in mezzo a una folla di volti anonimi?

Antoine De Saint-Exupery ne “Il Piccolo Principe” la rappresenta in modo efficace: 

“Da te, gli uomini coltivano cinquemila rose nello stesso giardino … e non trovano quello che cercano… E tuttavia quello che cercano potrebbe essere trovato in una sola rosa o in un po’ d’acqua… Ma gli occhi sono ciechi. Bisogna cercare col cuore.” 

Il piccolo principe arriva in un giardino pieno di rose e si rende conto che nonostante esse siano uguali alla sua rosa, si sente solo in mezzo a tanti fiori per lui insignificanti. Al giorno d’oggi siamo infatti costantemente circondati da persone, eppure conviviamo con una costante sensazione  insoddisfacente di incompletezza, che forse erroneamente associamo alla solitudine interiore. Siamo sempre aggiornati su ciò che ci circonda, eppure non sappiamo riconoscere neppure il nostro vicino, e forse questa è la più terribile solitudine.

Calvino ne “Il visconte dimezzato” racconta questa sensazione rendendola “fisica”, Medardo è infatti diviso in due, rappresenta l’incompletezza giovanile e l’impossibilità di stare con gli altri senza prima accettare e conoscere se stessi. Mette inoltre in evidenza l’ostinata ricerca del narratore di una compagnia adatta a lui, pur essendo costantemente circondato dai suoi compaesani, cerca un’anima affine alla sua, con cui condividere passioni e sentimenti.

Jane Austen, nel suo celebre romanzo, Orgoglio e pregiudizio, fa invece emergere una caratteristica in Elizabeth: l’indipendenza, la capacità di non accontentarsi e di riuscire a star bene anche da sola, assimilabile quindi alla libertà. In inglese esistono due modi per intendere la solitudine: “solitude” nel caso in cui la solitudine è volontaria, “loneliness” per una solitudine indotta da agenti esterni, perciò sofferta. 

La solitudine non porta con sé solo aspetti negativi, è una condizione che ti può portare ad una maggiore consapevolezza del tuo essere e quindi ad un arricchimento interiore, ma può la durezza del cammino valere quanto il traguardo?