di Valentina Segatti

Il motore di vita dell’uomo è la speranza: ogni dolore e sofferenza diventa sopportabile grazie alla fiducia in una felicità futura. L’uomo ha la necessità di sapere che nell’avvenire egli proverà quella fatidica felicità capace di alleviare ogni sorta di sofferenza o mancanza umana.Leopardi ritiene l’uomo incapace di raggiungere l’infinita felicità, ma nonostante ciò egli può provare dei momenti di gioia.
L’uomo si pone degli obiettivi nella propria vita, illuso che, una volta raggiunti, ne conseguirà la sua felicità. Gli obiettivi svolgono un ruolo fondamentale: tracciano percorsi che portano all’illusione della felicità, fornendo così dei momenti di distrazione dal proprio dolore.
Il periodo emblematico delle illusioni è la giovinezza, la fase più dolce della vita, piena di energia, gioia e possibilità. Leopardi ce lo raccontano nella poesia “Il sabato del villaggio”: il ragazzo è felice e attende con ansia il suo futuro promettente. L’autore non vuole rompere questa speranza di cristallo, non vuole rovinare le sue aspettative perché sa che sono proprio questi i momenti che danno ragione di vivere agli uomini, e per questo prova una compassione solidale verso il ragazzo.
L’uomo, per essere felice, necessita dunque di scopi, trasformando così la propria vita nella strada verso la felicità. Senza questi obiettivi l’uomo è un semplice viandante perso che si limita a godere di momenti di superficialità, rimanendo con un senso di vuoto costante. Leopardi ha la capacità di rendere trasversale nel tempo la sua poesia: il suo obiettivo di felicità, coincidente con la scoperta della realtà e di se stesso, è il sogno giovanile di indipendenza. Giacomo è un giovane del nuovo millennio che vuole mettersi in gioco nella vita, curioso del mondo che è fuori dalle mura del borgo marchigiano, desideroso di scoprire se stesso. Leopardi ha un’arma potente: l’immaginazione, che, come nella poesia “L’infinito”, gli permette di immaginare ciò che non può vedere o vivere.
Mi ritrovo molto nelle parole dell’autore: necessitiamo di obiettivi per rendere significativa la nostra vita. Noi giovani, con ogni scelta, sacrificio, andiamo a condizionare e plasmare il nostro futuro. La nostra fase giovanile è vissuta in funzione della nostra vita da adulti, nella speranza di arrivare alla felicità, alla piena realizzazione di noi stessi e delle nostre potenzialità. Ogni sacrificio, ogni rinuncia non è vana perché fatta in nome di una gioia futura. Tutto ciò richiede però un gran senso di responsabilità, che oscura ogni senso di leggerezza.
La strada della leggerezza è una strada che viene scelta da molti giovani, è un percorso di sicura serenità momentanea, di abbandono o sospensione dei propri obiettivi. Questa scelta può essere fatta per due motivi. Il primo è un motivo che Gabriele D’Annunzio, nella sua opera “Il piacere”, ci spiega molto bene: la strada del piacere non ha bisogno di riflessione, è più semplice da percorrere, ma purtroppo essa non porta nulla. Il giovane Andrea Sperelli, alla fine del romanzo, rimane infatti solo con nulla e nessuno. L’altra strada ci viene spiegata invece da Bukowski : le anime sensibili, a forza di sentire troppo, decidono di cambiare approccio alla vita. Quando provi e scopri certe realtà, anche la speranza ti viene negata. Le illusioni diventano ambizioni troppo grandi, destinate al fallimento e alla delusione. la sospensione di obiettivi è rassicurante in qualche modo, ti mantiene lontano da forti sentimenti quali sono la speranza e la delusione.
Una vita senza obiettivi è però una strada arida, un vagare senza potersi permettere curiosità o desideri. Per questo ritengo Leopardi un uomo coraggioso: nonostante la malattia, le delusioni, le critiche non ha mai smesso di porsi degli obiettivi e sperare di riuscire a essere felice. La felicità è un tema cruciale per lui: la sua poetica è volta alla ricerca della persuasione alla vita. Questa persuasione lui la trova per un breve periodo nell’amore, che è forza travolgente che rende sopportabile ogni dolore, ma che purtroppo alla fine lo porta alla delusione. La felicità per molti autori è racchiusa proprio nell’amare e nell’essere amati, l’amore rappresenta infatti il grande sentimento della letteratura. C’è la tendenza umana ad affidarsi all’altro come veicolo di felicità. Per esempio in Catullo la sola vista dell’amata Lesbia è fonte di gioia e piacere, in Dante Beatrice è portatrice di beatitudine con un solo saluto. Oppure in Cicerone l’amicizia è la fonte di felicità, e proprio per questo nel “Piccolo principe” la volpe non vedeva l’ora di poter stare con il principe, perché vederlo avrebbe significato essere felice con lui. Tendiamo ad affidare la nostra felicità agli altri perché la gioia, se condivisa, rende più vivaci i colori della vita.
La felicità è il fine ultimo dell’uomo, è ciò a cui tende dall’inizio fino alla fine dei suoi giorni. È un percorso fatto di attimi che, seppur possano sembrare effimeri, hanno valore nel lungo andare. Trovare e raggiungere i propri obiettivi può renderci soddisfatti e gratificati, ma per far ciò dobbiamo riuscire a superare le avversità della vita perché, come disse Seneca, la vita è una milizia, e non ci resta che affrontarla in modo virtuoso, cercando di trarne il meglio.