di Saltarini Alessandra

Non so se una gita in Bosnia-Erzegovina sia sull’itinerario di molti…beh, di sicuro non era sul mio, eppure mi sono ritrovata a compiere questo stranissimo viaggio, quasi tra passato e presente. Mi sento quasi come Marco Polo mentre stila il racconto del suo viaggio in Cina in un dettagliato resoconto che oggi tutti noi possiamo leggere. La nostra destinazione, però, non è così in là come la Cina, ci troviamo un po’ meno ad est, tra la Croazia, la Serbia ed il Montenegro. Un viaggio in macchina che dura 5 ore, in pullman poco di più. C’è da chiedersi: ma cosa c’è da fare in un posto così? Di cose da fare non ce ne sono molte, è vero, ma per quanto riguarda quelle da visitare…ecco di queste ce ne sono diverse, ed è proprio su di esse che mi concentrerò in questo articolo, oltre ovviamente a descrivervi la storia di questi posti e le mie impressioni. Forse un giorno ci andrete pure voi e magari, dico magari, vi ricorderete di me.

La Bosnia-Herzegovina è uno stato dell’Europa situato nei Balcani occidentali ed il nome “Bosnia” deriva da quello del fiume Bosna, mentre “Erzegovina” viene dal titolo di “herzeg” (dal tedesco “herzog”). Il nome della regione significa letteralmente la “terra di herzeg”, la “terra del duca”. Il paesaggio di questo Paese dice molto di lui: strade tortuose, casette sparse e lunghe distese di campi isolati. Tutte queste caratteristiche sono simbolo di un luogo segnato dalle continue guerre, sia interne che esterne, che verranno approfondite durante tutto questo articolo.

Questo stato non appartiene all’Unione Europea, nonostante abbia fatto domanda di adesione il 15 febbraio 2016 e quest’ultima sia stata ufficialmente approvata il 15 dicembre 2022. In quest’ultima data il Consiglio Europeo gli ha ufficialmente concesso lo status di paese candidato all’adesione. La Bosnia al giorno d’oggi rimane il secondo stato in lista per entrare nell’UE: la richiesta non viene accettata a causa della divisione giurisdizionale ed amministrativa del paese, e dei rapporti conflittuali tra la parte Srpska e quella bosniaca, infatti la Bosnia-Erzegovina è divisa fra una maggioranza serba e una bosniaca: queste formano la Repubblica Srpska e la Bosnia-Erzegovina. Tali divisioni, oltre ad impedire l’ingresso nella UE, porteranno irrimediabilmente allo sgretolarsi del paese.

Una delle prime città che incontriamo è Banja Luka, una cittadina di 200.000 abitanti al nord della Bosnia e capitale della Repubblica Srpska.
Di Banja Luka colpisce soprattutto la sua strana architettura e la quasi assente armonia delle parti. Una ragazza che era presente con me in questa gita mi ha proprio detto che si aspettava una maggiore omogeneità tra le facciate degli edifici: i palazzi storici sono costantemente interrotti da edifici in costruzione o diroccati. Penso che questa sia una delle cose che rende Banja Luka diversa: in questa diversità si può percepire la realtà effettuale della vita cittadina, ma anche le vicende del suo passato, infatti durante le guerre jugoslave (che dal 1991 al 1999 diedero origine a una serie di conflitti armati, che hanno coinvolto diversi territori appartenenti alla Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, causandone la dissoluzione) si stima che circa 70,000, tra croati e bosniaci, siano stati costretti a lasciare la zona della città dal 1992 al 1995. A migliaia furono inoltre deportati nei vicini campi di concentramento di Manjaca e Omarska, rimasti tristemente famosi per le violenze a cui erano soggetti i detenuti.

Capita spesso in Bosnia proprio di notare la quantità di diverse bandiere che sono appese agli edifici. In Italia, ovunque si vada, noteremo e riconosceremo sempre i colori verde, bianco e rosso. Questo non avviene in Bosnia, dove c’è una netta divisione tra la parte Srpska e quella bosniaca, a dimostrazione del motivo per cui la sua richiesta di entrare nell’UE è in attesa. Basta guardare il Palazzo della Repubblica a Banja Luka: vi sono appese tre bandiere, di cui due appartengono alla Repubblica Srpska. Nessun accenno, però, alla bandiera bosniaca. 

La città più grande, nonchè capitale della Bosnia-Herzegovina, è Sarajevo. Questa ha 270.000 abitanti ed è situata circa al centro del paese. È il centro politico, finanziario, sociale e culturale del Paese e un importante centro di cultura nei Balcani.  A causa della sua lunga storia di diversità religiosa e culturale, Sarajevo è talvolta chiamata la “Gerusalemme d’Europa”: è infatti una delle poche grandi città europee ad avere una moschea, una chiesa cattolica, una chiesa ortodossa ed una sinagoga nello stesso quartiere.

I viali sia di giorno che di notte sono molto particolari: sicuramente colpiscono le piccole vie piene di mercatini e minuscoli negozietti e i luoghi che vendono dolci tipici e oggetti, o souvenir, del posto. 

Per quanto riguarda, invece, i monumenti da visitare a Sarajevo, possiamo iniziare dai luoghi di culto, nominati precedentemente, presenti in giro per la città: la Cattedrale Cattolica, la Cattedrale Ortodossa Serba, la sinagoga Ashkenazita (che purtroppo non abbiamo visitato) e la Moschea Ebraica. Non si tratta di una visita religiosa ma artistica che ci consente di notare le differenze e le affinità che questi edifici ci propongono.
L’importante Moschea di Gazi Husrev è stata costruita nel XVI secolo, è la più grande moschea storica della Bosnia ed Erzegovina e una delle strutture ottomane classiche più rappresentative dei Balcani. Solo entrare, per me, ha costituito un’esperienza nuova: infatti per accedere alla moschea è necessario togliersi le scarpe per adeguarsi al culto musulmano.
Sempre in centro c’è Casa Svrzo, spesso citata come un esempio di architettura bosniaca del periodo ottomano. È una tipica casa Turca del diciassettesimo secolo, oggi visitabile dai turisti, ed è sicuramente interessante entrarci per capire come vivevano le persone comuni a Sarajevo nel periodo ottomano. La casa era caratterizzata da due parti nettamente separate, maschile e femminile: ciò rivela i rapporti familiari patriarcali, specifici dell’intero periodo di dominio ottomano, che è durato a lungo e ha lasciato le sue tracce fino a tempi recenti. Un’altra caratteristica che stupisce sono le dimensioni delle porte, dei tavoli e dei bagni: questo ci suggerisce come quattrocento anni fa l’altezza media della popolazione fosse molto minore rispetto ad oggi. 

Quando si visita una nuova città ciò che si cerca, innanzitutto, sono i musei: raccolgono la cultura e riescono a raccontarci meglio la storia del luogo. È possibile entrare nel museo di Storia: è una visita toccante e indispensabile, anche se racconta una storia triste e tragica. Si trova proprio davanti all’Hotel Holiday Inn che a sua volta si trova all’inizio (o alla fine, per chi arriva da fuori) del tristemente famoso viale dei cecchini: fu bersagliato costantemente giorno e notte dai proiettili e granate durante la guerra in Bosnia e l’assedio di Sarajevo dal 1992 al 1995. Era stato costruito per le olimpiadi invernali del 1984 e durante la guerra era diventato base dei giornalisti venuti da tutto il mondo per raccontare quanto stava accadendo.
Si può visitare anche il Museo del Genocidio: una visita che può risultare angosciente e può suscitare emozioni forti. È stato fondato nel luglio 2016 come iniziativa per ricordare le vittime della guerra: gli stessi fondatori del museo sono dei sopravvissuti. La mostra contiene una varietà di foto e oggetti personali che contengono le storie delle vittime della guerra, raccontate ed inserite proprio sopra ad ogni esposizione. Per rendere la visita più autentica e realistica, il museo presenta anche simulazioni di fosse comuni e rende possibile l’ascolto delle voci di alcuni sopravvissuti che raccontano la loro storia.

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Un’altra cittadina nota all’opinione pubblica per i tristi eventi è Srebrenica. Appartenente alla Repubblica Srpska, si trova a due ore e mezza da Sarajevo, su una zona montuosa e ha circa 15,000 abitanti. Verso la fine della guerra, è stata teatro del primo genocidio europeo dalla fine della seconda guerra mondiale, che fu il peggior massacro di civili bosniaci da parte delle truppe paramilitari serbo-bosniache di Ratko Mladić (generale e criminale di guerra jugoslavo, comandante militare dei serbo-bosniaci durante la guerra in Bosnia).

Innanzitutto consiglio di visitare il Cimitero Memoriale di Potocari che commemora il genocidio, in cui furono uccise oltre 8000 persone: è immenso e si rimane stupiti dalla quantità di tombe presenti una accanto all’altra, completamente diverse da quelle a cui siamo abituati (sono infatti una attaccata all’altra, tutte uguali e bianche). Noi, avendo preso una guida, siamo stati anche accompagnati ad un museo e al Memorial Center di Potocari-Srebrenica dove ci fu il massacro. Ora l’edificio che è situato dirimpetto al cimitero ospita video, registrazioni e prove di come gli eventi nel luglio del ‘95 si sono svolti. Per coloro che vogliono conoscere maggiori dettagli sull’accaduto, c’è un’intera collezione all’interno del centro, che include le testimonianze delle famiglie, degli investigatori e degli specialisti forensi, come anche degli stessi colpevoli e artefici, utilizzate come prove nei processi. L’obiettivo dell’intera mostra è ricostruire gli eventi verificatisi e far conoscere i crimini commessi durante la guerra, sconosciuti alla maggior parte della popolazione.

Durante il viaggio di ritorno abbiamo fatto una sosta a Mostar, cittadina di 100.000 abitanti a due ore da Sarajevo, ad est della Bosnia. Un paesino gradevole che può ricordarne uno del Sud Italia, per il tempo soleggiato che spesso illumina le case e l’atteggiamento delle persone, molto accoglienti.
Per quanto riguarda i luoghi da visitare, primeggia il ponte Stari Most che fu costruito a metà del ‘500, dall’architetto Hajruddin e che resistette ad ogni genere di calamità fino al drammatico 1993, quando sei croato-bosniaci diedero l’ordine di abbatterlo, dichiarando che “quelle pietre” non avevano nessun valore. Il ponte è stato ricostruito nel 2004 e riconosciuto dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità. Si può scendere fino sotto al ponte e persino immergersi dentro il fiume Neretva che taglia la città. 

So che può sembrare un semplice viaggio d’istruzione, eppure, e parlo sicuramente anche per chi è venuto con me, non lo è stato. Per tutti noi è stata un’occasione per visitare posti nuovi, diversi dalla quotidianità, e per conoscere nuove culture e modi di vivere. Per di più la Bosnia non è una meta ambita, non è visitata da molti e non fa parte delle classiche rotte turistiche europee, ed è per questo che vale la pena andarla a vedere: bisogna uscire dalla propria “comfort zone” e, quando è possibile, andare a visitare posti nuovi per farsi idee proprie sul mondo e su come questo funziona. Questo paese è rimasto fedele alle sue tradizioni e camminando nelle piccole stradine delle cittadine bosniache, sembra quasi di aver fatto un salto nel passato, in un tempo dove il futuro non era certo e la Bosnia non aveva ancora conquistato la sua indipendenza e una pace dopo le continue guerre.