di Cristiano D’Ambrosio
La quaestio consiste nella modifica della concezione tradizionale che l’uomo ha di Dio. Sull’argomento si pongono quattro quesiti, che ci aiuteranno a delineare il nuovo ritratto di Dio:
- Se Dio è ingenerato, infinito ed eterno
- Se Dio è bontà assoluta
- Se Dio è incorruttibile
- Se Dio è Amore assoluto
Articolo 1 – Se Dio è creatore, ingenerato, infinito e non ha limiti nel tempo poiché eterno.
Sembra che Dio non sia Creatore, infatti:
Platone sostiene nel Demiurgo e dice che “il dio, […] prese dunque quanto c’era di visibile che non stava quieto, ma si agitava sregolatamente e disordinatamente, e lo ridusse dal disordine all’ordine, giudicando questo del tutto migliore di quello.”
In contrario:
Filone di Alessandria, noto anche come “Filone l’ebreo” sostiene il modello creazionistico e dice infatti che “Dio ha fatto il cielo e la terra non da cose preesistenti; tale è anche l’origine del genere umano.” (La vita di Mosè, II, 267). Inoltre afferma che “Dio, quando generò tutte le cose, non le ha semplicemente rese visibili, ma produsse ciò che prima non era, essendo Egli non solamente Demiurgo, ma anche Creatore.” (Le allegorie delle leggi, III, 10).
Agostino, essendo cristiano, sostiene la creazione e sostiene un “Dio nostro, Dio vero, creatore, non solo delle nostre anime ma altresì dei nostri corpi, né soltanto delle nostre anime e corpi, ma di tutti gli esseri e di tutte le cose” (Confessioni, libro VII, 3.4).
Inoltre, il Filosofo sostiene che Dio sia anche eterno, in quanto causa dell’eternità dell’universo e dei suoi movimenti.
Plotino sostiene anche che Dio è ingenerato e dice infatti che non è “in un tempo” […] “è invece l’Ideale solitario, tutto chiuso in se stesso o, meglio, l’Informe che esiste prima di ogni ideale, prima del moto, prima della quiete.” (Enneadi, VI, 9)
Rispondo:
Dio è qualcosa di trascendente, ineffabile per un ente inferiore come è l’uomo. È particolare come ciò che è inferiore, tramite la sua inferiorità riesce a concepire qualcosa di superiore che dimostri la sua esistenza. Di conseguenza, senza ciò che è inferiore a Dio non potrebbe esistere nemmeno Dio, poiché è l’uomo stesso che permette l’esistenza di Dio, concependo la sua esistenza. Infatti fino a quando qualcosa non viene riconosciuta è come se questa entità non esistesse. Dio, in realtà, rinasce con la nascita dell’uomo, poiché prima della creazione dell’uomo Dio viveva in una condizione diversa, di assoluta perfezione. Quindi nel momento in cui l’uomo è creato Dio modificherà se stesso. Dio quindi crea l’uomo ma è lo stesso uomo che, avendo in sé la necessità di una divinità che completi la sua natura, ne modifica gli attributi. Questa necessità intrinseca dell’uomo nasce da un sentimento di inferiorità dell’uomo, il quale ha bisogno di una risposta semplice che dimostri la complessa domanda della sua esistenza.
Quest’analisi modifica i tradizionali attributi di Dio: Egli è ingenerato e perfetto e questo è il suo primo stato, e poi nasce quando nasce la sua idea nella mente dell’uomo da lui creato inconsapevolmente. Dio cambia la propria natura nel momento di maggiore necessità, ovvero quando crea la sua creatura migliore, che è l’uomo, la quale comunque a causa della sua imperfezione ha bisogno di un’entità a lui comprensibile e superiore per rispondere a domande, che senza tale entità sarebbero irrisolvibili. Dio tornerà alla sua condizione primordiale nel momento in cui l’intelligenza umana sarà tale che l’uomo acquisterà la consapevolezza di non aver più bisogno di un Dio che ne giustifichi l’esistenza.
Articolo 2 – Se Dio è solo bene e in quanto tale crea solo cose buone, che siano estensione della sua perfezione.
Sembra che Dio non crei solo cose buone, infatti:
Epicuro, prendendo spunto dall’esistenza del male, e per evitare di concludere che Dio è malvagio, sostiene che Dio non si cura del mondo, poiché nel mondo vi è anche il male.
In contrario:
Platone sostiene che “Ora né fu mai, né è lecito all’ottimo di far altro se non la cosa più bella.” e anche “volendo che tutte le cose fossero buone e, per quant’era possibile, nessuna cattiva” (Timeo, 29d-31b).
Agostino sostiene che Dio sia il bene assoluto, infatti dice che “non è soltanto buono, ma la bontà in persona” (Confessioni, libro VII, 3.5).
Agostino, ancora, dice che “Dio è buono, potentissimamente e larghissimamente superiore ad esse. Ma in quanto buono creò cose buone e così le avvolge e riempie.” (Confessioni, libro VII, 5.7).
Rispondo:
Dio è unico e trasmette la sua unicità a ciò che crea. Dio è quindi partecipe dell’unicità di ciascuno di noi, la quale appartiene a Dio stesso, poiché è lui ad averla trasmessa. Se noi prendiamo parte dell’essere di Dio, Dio è in parte come noi, benché in una forma immanente. Questo legame di appartenenza sussiste esclusivamente negli uomini che riconoscono Dio come tale. Se Dio è ciò che lo riconosce come tale, allora anche chi lo riconosce e lo venera, pur compiendo azioni che contravvengono al bene e sono male. Se l’uomo è come Dio, e compie male e quindi è malvagio, secondo il parallelismo precedentemente illustrato, allora anche Dio è male.
Allora Dio, creando sia il bene che il male, è in parte sia bene che male poiché prende parte del bene e del male di ciò che crea e lo riconosce, ovvero l’uomo.
Si considererà quindi una duplice natura di Dio, nel momento in cui si riconoscerà la presenza di Dio nell’uomo, il quale allo stesso modo è bene e male. Si tratta di un’argomentazione a posteriori.
Dio è connubio di bene e male solo fin quando l’uomo continuerà a riconoscerlo, poiché quando l’uomo non avrà più bisogno di Dio, giacché nella sua natura si sentirà completo, anche Dio tornerà ad esistere nella sua condizione primordiale di incorruttibilità. Quindi tornerà ad essere puro bene poiché non vi sarà l’uomo a giustificarne sia il bene che il male e perché bene e male esistono solo nell’uomo.
Articolo 3 – Se Dio è incorruttibile e perfetto poiché nulla può corromperlo.
Sembra che Dio non sia incorruttibile. Infatti:
Dio è mutamento. Infatti, come dice Eraclito, “La divinità è giorno-notte, inverno-estate, guerra-pace, sazietà-fame. Ed essa muta come il Fuoco”
In contrario:
Parmenide, se si accomuna Dio all’essere, sostiene infatti che “Essendo ingenerato è anche imperituro, tutt’intero, unico, immobile e senza fine. Non mai era né sarà, perché è ora tutt’ insieme, uno, continuo.”
Agostino dice, inoltre, di sostenere riguardo a Dio “la tua intangibilità, inalterabilità e immutabilità totale”(Confessioni, libro VII, 3.4)
Agostino, ancora, sostiene che Dio non muta e non è soggetto a corruzione e dice che “mentre tu rimani immutabile al di sopra di tutte le cose” (Confessioni, libro X, 25.36) le creature, invece, mutano.
Tommaso sostiene che “Ciò che chiamo “essere” è la massima perfezione” (De potentia, 7, 2, ne La concezione metafisica dell’essere come somme perfezione).
Rispondo:
Dio crea tutto secondo le proprie sembianze. Da ciò se ne deduce la natura antropomorfe, ad esempio. Se ciò che crea è l’uomo, e l’uomo è succube delle sue passioni e può essere corrotto da esse a causa della sua debolezza, allora Dio ha creato una cosa che è corruttibile. L’uomo prende parte dell’essere di Dio poiché da lui creato, quindi Dio assomiglia all’uomo, e i suoi attributi sono da prendere in una forma immanente, poiché perfetto è l’essere di Dio. Se l’uomo è corruttibile, secondo il parallelismo appena descritto, allora anche Dio sarà corruttibile, ma in una forma immanente. Dio quindi subirebbe l’influenza di ciò che lo circonda poiché partecipa degli attributi degli uomini che lui ha creato. Dio è corruttibile solo fin quando l’uomo continuerà a riconoscerlo, poiché quando l’uomo non avrà più bisogno di Dio, poiché nella sua natura si sentirà completo, Dio tornerà ad esistere nella sua condizione primordiale di incorruttibilità e perfezione.
Articolo 4 – Se Dio sia Amore assoluto e si curi del mondo tramite le proprie azioni
Sembra che Dio non si curi dell’uomo e del mondo che ha creato, infatti:
Epicuro sostiene che Dio non si curi del mondo, infatti “La divinità o vuol togliere i mali e non può, o non vuole né può, o vuole e può. Se vuole e non può, è impotente, e la divinità non può esserlo. Se può e non vuole è invidiosa, e la divinità non può esserlo. Se non vuole e non può, è invidiosa e impotente, quindi non è la divinità. Se vuole e può (che è la sola cosa che le è conforme), donde viene l’esistenza dei mali e perché non li toglie?” (frammento 374)
In contrario:
Seneca sostiene che Dio si curi dell’uomo, dal momento che è dentro l’uomo e con l’uomo. Dice, infatti, che “Non dobbiamo innalzare le mani al cielo, né pregare il guardiano del tempio che ci permetta di avvicinarci agli orecchi della statua del Dio […]: la divinità ti sta vicino, è con te, è dentro di te” (Epistole, 41)
Agostino sostiene, inoltre, che Dio sia la condizione dei rapporti interumani, in quanto è Amore e in quanto, come Amore, condiziona e rende possibile ogni amore.
Rispondo:
Dio è Amore nella forma immanente che questo attributo può acquisire. Dio, secondo quando dedotto nel secondo articolo, è connubio di bene e male finché persiste la sua condizione di coesistenza con l’uomo, non ancora in grado di completarsi psicologicamente in modo autonomo e quindi necessitante di una divinità trascendente al quale rivolgere le azioni che compie, secondo un fine di sottile riconoscimento da parte di un’entità superiore. Quindi, Dio è Amore nella sua condizione primordiale poiché decide di immolare la sua perfezione creando l’uomo. Dio quindi è corruttibile, ma acquisisce questa sua accezione mediante la sua stessa azione di creare l’uomo, con la cui nascita determinerà il dualismo di se stesso, poiché nell’uomo convivono bene e male, e il dualismo anche di Dio che lo ha creato. Dio è amore assoluto, perché dona se stesso per qualcosa che lo renderà inferiore a quanto non fosse prima di creare la sua cosa più bella, ovvero l’uomo. L’uomo è la massima creazione di Dio, poiché è l’unica creatura in grado di rendere inferiore ciò che lo ha creato. Si crea un rapporto di reciprocità fra Dio e l’uomo. L’uomo si eleva grazie alla sua creazione, Dio perde la sua perfezione tramite la sua donatività. Ma, quando l’uomo supererà quella sua condizione durante la quale necessita di un Dio a cui riferirsi per sentirsi completato, poiché nell’uomo è presente un profondo sentimento di inadeguatezza e incompletezza, Dio tornerà nella sua condizione primordiale non pregiudicando però l’esistenza dell’uomo, bensì elevandola al suo stesso livello. Dio e uomo, quindi, seppur separati da manifestazioni diverse, saranno entrambi perfetti. Dio sarà perfetto, poiché si è ricongiunto alla sua condizione primordiale, mentre l’uomo sarà perfetto, poiché consapevole dell’autosufficienza della sua esistenza. L’atto di amore di Dio sarà, però superiore, poiché egli ha donato prima la sua perfezione, perdendola, per creare l’uomo, e poi quando questa è riacquistata, ciò che lo ha riportato a quella condizione non avrà più bisogno di lui poiché non lo riconoscerà nemmeno come Dio.
Dio si abbassa per creare la bellezza dell’uomo, perché è Amore assoluto: non si preoccupa delle conseguenze del suo atto dal momento che ama incondizionatamente. L’uomo riconoscerà in Dio il suo creatore fin tanto sentirà la necessità di un Dio che giustifichi la sua esistenza in quanto uomo. L’uomo diventa esplicazione dell’amore perfetto, nel momento in cui si distacca dall’Amore perfetto stesso, che è Dio.
Quindi Dio crea l’uomo e perde la sua perfezione e riacquisterà la sua perfezione quando perderà l’uomo, poiché l’uomo non avrà più bisogno di lui.
Soluzione ai quattro articoli
La figura di Dio è sempre stata dipinta al fine che ciò che ne derivi sia una divinità alla quale guardare con ammirazione, timore e riconoscendone l’irraggiungibile perfezione. L’analisi appena riportata dimostra, invece, come Dio non debba necessariamente essere perfetto ed immutabile durante la sua intera esistenza, poiché l’amore di Dio si esplica nel coraggio di perdere e non nel rinnovare ciò che si ha già. Dio dimostra il suo assoluto amore con la consapevolezza che, creando l’uomo, perderà la sua perfezione: questo atto è volto alla creazione della sua creatura più bella. E il processo culturale dell’uomo che lo porterà alla nuova consapevolezza di poter esistere senza rifarsi obbligatoriamente ad un Dio, porterà al raggiungimento di una nuova condizione anche per l’uomo. Sarà finalmente perfetto anche l’uomo, il quale dimostrerà di aver colto implicitamente l’atto di amore di Dio, paradossalmente non riconoscendone più l’utilità nella propria vita. Dio è non curante della sua perfezione: Egli crea per amore, benché questo suo atto d’amore comporterà un’inevitabile perdita di perfezione, dal momento che nell’uomo convivono sia il bene che il male.
L’azione di Dio è esplicativa di come l’uomo stesso debba vivere: non importa i sacrifici che si devono affrontare, che ti fanno perdere ciò che hai momentaneamente, poiché quell’atto di sacrificio ti porterà ad ottenere qualcosa di più di quanto non avessi prima. Dio ha perso la sua perfezione creando l’uomo, ma nel momento in cui l’ha riacquistata, ha ottenuto anche la soddisfazione di aver creato qualcosa di bello.
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