di Camilla La Pietra e Carla Delle Vedove
A Praga nel 1977 viene pubblicata la “Charta 77”, un documento emanato da un gruppo di persone che non agisce per un interesse privato, ma per un senso morale che va oltre ogni impegno politico e che è proprio dell’uomo in quanto tale. Lo scopo è di perseguire il rispetto per i diritti umani e civili e proporre soluzioni raggiungibili attraverso il dialogo: in Cecoslovacchia il governo, infatti, ha un carattere fortemente autocratico e repressivo e non mette in pratica i principi della Costituzione e degli accordi delle Nazioni Unite sui diritti umani.
Tra i firmatari di “Charta 77” vi è anche il filosofo ceco Jan Patocka (1907-1977), il quale riprende le teorie dei filosofi Husserl e Heidegger e basa i suoi studi sulla fenomenologia, arrivando così al dissenso, inteso come resistenza all’accettazione. La sua filosofia è fondata su quattro principi: il mondo naturale, l’epochè, l’apparire in quanto tale e la fenomenologia asoggettiva. Secondo Patocka, infatti, il mondo è il manifestarsi degli oggetti nel suo significato, non è soltanto un insieme di oggetti, bensì l’essere come totalità in cui gli enti si danno al soggetto prospetticamente e processualmente. Per giungere a questo atteggiamento fenomenologico è necessaria l’epochè. Essa è una sospensione del giudizio dovuta a un atto di libertà del pensiero che permette di comprendere che un ente appare in quanto tale, quindi senza che ci
sia necessariamente un soggetto che lo prende in considerazione. Patocka dunque sviluppa la teoria della fenomenologia asoggettiva: l’apparire di un ente non dipende dal soggetto, ma è per il soggetto un mistero, un dono che consiste nel darsi stesso della possibilità di conoscere qualcosa.
È stata la volontà di trovare la verità che ha sostenuto Patocka nei suoi studi sulla fenomenologia e che gli ha permesso di comprendere l’importanza di riflettere sul senso di ciò che accade e sulla libertà, in particolare la libertà di pensiero. Quest’ultima, infatti, in Cecoslovacchia veniva spesso negata dal regime comunista,
che reprimeva tutti coloro che sostenevano una cultura diversa da quella del comunismo. Per questo motivo Patocka non poteva insegnare pubblicamente e teneva lezioni clandestine con lo scopo di sostenere la resistenza intellettuale e il dissenso per raggiungere la libertà.
Anche il filosofo francese Jacques Derrida (1930-2004), che con il suo pensiero esercita il dissenso, viene coinvolto in un episodio che è un esempio di repressione della libertà. A fine dicembre 1981, infatti, mentre si reca all’aeroporto di Praga, città in cui aveva tenuto un seminario con tema il “soggetto”, viene arrestato e incarcerato perché in possesso di droga. Nonostante Derrida sia estraneo al fatto, viene comunque incarcerato senza ragioni concrete: una totale privazione dei diritti esercitata dal totalitarismo che ha voluto togliere libertà e dignità. A partire da questo episodio, Derrida elabora una teoria riguardo al dissenso. Esso è
strettamente collegato al concetto di responsabilità, che caratterizza la civiltà europea. L’io responsabile nasce dal dono della singolarità e della morte: ogni persona è un individuo insostituibile, perciò non c’è nessuno che può prendersi la responsabilità al posto suo. Quest’ultima deriva anche da una dimensione di oscurità e di segreto. Essa infatti prevede che un individuo compia una scelta, che però non è sostenuta da ciò che già si conosce e quindi emerge da una condizione di segreto su cui non si ha il pieno controllo. Per questo è presupposto un rischio. Essere responsabili dunque implica anche essere dissidenti: nel momento in cui ci si prende la responsabilità di qualcosa si è compiuto una scelta che va contro l’opinione comune, quindi si esercita il dissenso.
Un’altra figura fondamentale nella storia del dissenso praghese rispetto al regime totalitario comunista è quella della band underground The Plastic People of the Universe. Questo gruppo musicale nasce in un clima fortemente repressivo, successivamente alla celebre “Primavera di Praga”(1968), laddove il regime imponeva ancora una forte censura nei confronti di tutto ciò che poteva apparire dannoso o anche banalmente diverso dalle limitanti forme di espressione consentite. I PPU decidono di produrre una musica che potremmo definire rock, a tratti anche psichedelica, ispirandosi ai The Doors, ai Pink Floyd, e soprattutto ai Velvet
Underground. Fin dall’inizio la band prende le dovute distanze da qualsiasi posizione politica; d’altronde sono solo ragazzi, e il loro primo obiettivo è fare musica, la loro musica. Tentano di ottenere l’autorizzazione legale per suonare pubblicamente, ma gli viene presto negata. Nonostante questo rifiuto, la band riesce a trovare diversi escamotage che permettono di tenere concerti in situazioni del tutto improvvisate, come matrimoni, funerali, spettacoli, spesso intrecciando la musica a rappresentazioni teatrali ed artistiche di vario genere. Il cuore della Cecoslovacchia, Praga, non è però un luogo accessibile alle loro performance clandestine, per questo i PPU si esibiranno soprattutto in piccoli villaggi della Boemia e della Moravia. Presto però la voce si sparge e diventano il bersaglio preferito della polizia politica, che spesso annulla i concerti e caccia violentemente il pubblico. Nel 1974 nasce in Boemia il Primo Festival Musicale della Seconda Cultura, ad
opera del manager della band Ivan Jirous. La manifestazione voleva diventare l’espressione di una cultura indipendente dai canali del Partito. Nello stesso anno i PPU incidono amatorialmente il loro primo disco, i testi delle canzoni sono le poesie censurate del poeta Egon Bondy, importante esponente dell’underground ceco.
Lo scontro con il regime sembrava ormai imminente. Nel 1976, in occasione del matrimonio di Jirous, i membri della band, compreso il manager, vengono arrestati per “disturbo organizzato della quiete pubblica”, mentre il cantante Paul Wilson viene espulso dal paese. Refrattari ad ogni tipo di accordo che possa risparmiare la prigionia, il drammaturgo nonché attivista Vaclav Havel decide di aiutarli in nome della lotta contro la censura del totalitarismo, a favore della libertà dell’uomo. Dopo un lungo colloquio con i
membri della band, Havel farà pubblicare sui più importanti quotidiani globali il reportage dettagliato contenente tutti i fatti accaduti. La notizia colpisce duramente l’opinione pubblica globale. Le persone si rendono conto che vincere questa causa significa vincere il sistema, il regime totalitario, e cosa più importante, garantire la possibilità all’uomo di essere sé stesso e libero. Forte del consenso, ispirandosi ai fatti della band, Havel creerà poi il movimento dissidente Charta 77, che sarà il primo passo verso la prima presidenza democratica della Cecoslovacchia.
Alla fine, la band, uscita di prigione, si renderà conto di essere diventata inconsapevolmente un manifesto dell’azione anticomunista, della mentalità dei giovani dissidenti ormai stanchi di piegarsi al Regime. I PPU continueranno a suonare la loro musica, e, alla caduta del Regime, diventeranno il simbolo della forza del popolo. È paradossale come il bisogno di libertà che queste sei persone infondevano intensamente nella loro musica fuori dagli schemi, sia riuscito a muovere le coscienze di altri uomini in tutto il mondo, e a far crollare un Regime all’apparenza così potente e temibile.
Patocka, Derrida, i Plastic People of the Universe e molte altre figure hanno contribuito a cambiare anche la nostra storia. È in parte grazie a loro se oggi noi abbiamo la possibilità di non conformarci, di avere una nostra opinione critica. Questi uomini e tutti gli altri che hanno combattuto delle battaglie per difendere i loro ideali ci devono ricordare che è sempre possibile fare la differenza, è sempre possibile ribellarsi alle ingiustizie. D’altronde, chi di noi non è nel profondo un dissidente?
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