di Mattia Piccoli
In un piccolo borgo medievale, la popolazione vive in un ambiente particolarmente favorevole, dove il bel dì è regolarmente seguito dal temporale, che va a bagnare i terreni coltivati intorno alla piccola cittadina. Lì la popolazione non soffre né di malattie né di carestie e non esiste la povertà; tutti vivono lussuosamente e nell’ignoranza. Nonostante vi sia una biblioteca ricca e ben fornita, infatti, nessuno legge. Banchettano tutti insieme nella piccola piazza durante le serene sere d’estate, brindando e divorando senza sosta una portata dietro l’altra, non curandosi del cibo che cade ai loro piedi. Successe, però, che, in un particolare giorno d’estate, dopo numerose serate trascorse a gozzovigliare, un’anomala brezza da nord- est soffiasse tra i vicoli del borgo, portando gli odori del cibo lasciato imputridire al sole d’agosto. Questi stessi miasmi giungevano, attraverso le grate dei tombini e i secolari canali di scolo, fino ai piccoli, affusolati e sudici nasi dei pochi ratti che abitavano le fogne. Essi, sentendo codesto aroma, vennero ridestati da una sorta di torpore, al quale si sostituì un’energia che li spinse a risalire le correnti di melma ed escrementi fino alla piazza dei banchetti. Giunti alla superficie, cominciarono a portare il cibo in putrefazione nelle loro buie tane, dove iniziarono a mangiare e a proliferare. La colonia di dieci ratti divenne di cento, di cento divenne di mille e così via fino a diventare di milioni! La stagione dei grandi convivi estivi era giunta al termine quando i ratti finirono il cibo. Spinti dalla fame, durante l’alba di un giorno d’autunno, si intrufolarono nei tubi di scappamento delle auto, tra le pareti, sotto i ponti e i pavimenti. Aspettarono. Aspettarono un segnale, forse uno squittio, inudibile ad orecchio umano, ma loro lo sentirono forte e chiaro. In quell’estate, migliaia e migliaia di ratti uscirono allora dai loro nascondigli per mangiare l’ultimo marciume rimasto in quella cittadina: l’uomo! La gente venne ricoperta da folte pellicce grigie e da un odore nauseabondo e poi venne sbranata viva. Le persone cui non capitò di indossare ancora queste mortali pellicce cercarono di liberarsene a colpi di scopa o con i più disparati mezzi, mentre altri cercarono di difendere i propri averi; il bibliotecario, per esempio, tentò fino alla fine di salvare i centenari libri custoditi scrupolosamente negli scaffali della biblioteca. I pochi che si salvarono si ritirarono nelle cantine al riparo dalla superficie e lì cominciarono ad attendere, fino a quando non sentirono un tanfo insopportabile: il cibo era finito, i ratti erano tutti morti di fame e l’odore delle loro carcasse impregnava di fetore l’aria.
La gente solo allora cominciò a sorridere e si mise a ripulire e a ricostruire; cominciò a scrivere libri per non dimenticare i suoi errori, riprese una vita sana e giusta fino a quando, secoli dopo, pensando che quello che era successo non sarebbe più accaduto, smise di leggere e dimenticò. Tutti gli umani ripresero una vita sconsiderata fino a quando, un bel dì d’estate, una brezza spirò da nord- est ….
Scrivi un commento