testo e astrofotografie di Mattia Piccoli

Nota un tempo con il nome arabo Al Jabbar  (الجبر, il gigante), Orione è forse una delle costellazioni più famose insieme, ovviamente, alle due orse. Come ogni costellazione di origine greca, anche questa possiede una storia, una leggenda. Orione, semidio figlio di Poseidone, fu un gran cacciatore che viveva sull’isola di Creta. Egli si vantò con la dea della caccia Artemide di essere in grado di abbattere ogni animale vivente. Ciò  allarmò Gea, la madre di tutti i viventi, la quale trasse dalle proprie viscere uno scorpione che eliminò il povero cacciatore (secondo altri miti fu invece Artemide stessa ad inviare l’animale). Come spesso accade, il mito viene raffigurato nella volta celeste attraverso la posizione delle costellazioni, Orione, infatti, armato di clava, spada e scudo caccia la Lepre posta sotto di lui, seguito dal Cane Minore e dal Cane Maggiore. Orione, inoltre, è situato diametralmente agli antipodi rispetto alla costellazione dello Scorpione.

Passando al piano osservativo, la costellazione di Orione è osservabile durante tutta la stagione invernale da tutta l’Italia e in quasi tutto l’emisfero boreale e australe. D’inverno, dalle nostre latitudini, durante la prima parte della notte è alta a sud e la si può subito riconoscere dalle tre stelle che compongono la cintura del cacciatore, ovvero da est verso ovest Alnitak, Alnilam e Mintaka. Non si possono però dimenticare le due star -nel vero senso della parola- di questa costellazione, parlo naturalmente della spalla destra di Orione, la stella Betelgeuse, e della sua gamba sinistra, Rigel. Betelgeuse è una gigante rossa che presenta un’importante emissione di gas che in alcune occasioni oscurano la stella. Questo tipo di fenomeno si verificò nel 2019 quando la brillantezza della gigante rossa calò notevolmente facendo temere un’imminente esplosione. Rigel è la stella più brillante della costellazione di Orione che, con la sua intensa luce blu, illumina la nebulosa Testa di Strega nella costellazione di Eridano (Eridano è il nome con cui nell’antichità ci si riferiva probabilmente al Po).

Le attrattive della costellazione di Orione non sono però soltanto le stelle, c’è anche dell’altro: se dalla cintura con lo sguardo scendiamo verso sud, c’imbatteremo infatti in una fila di stelle e, guardando quella centrale, noteremo (se ci troviamo in una zona poco illuminata e con un cielo terso) che sembra sfocata. Non preoccupatevi, non avete un problema di vista. Quella macchia diffusa ed evanescente non è la stella, bensì la Grande Nebulosa di Orione,chiamata anche Nebulosa di Orione, M42, NGC 1976, LBN 974 o ancora Sh2-281, (fig.2), una delle nebulose più appariscenti della volta celeste. Essa è sostanzialmente un enorme ammasso di gas (soprattutto idrogeno) ionizzato dalla radiazione ultravioletta delle giovani e calde stelle dell’ammasso del Trapezio. La radiazione ultravioletta non porta soltanto alla ionizzazione del gas della nebulosa, ma anche alla scissione di alcune molecole all’interno di essa (fotolisi o fotodissociazione) e alla formazione di altre, come gli idrocarburi aromatici policiclici (famiglia di molecole molto comune negli spazi interstellari che forse giocarono un ruolo importante anche nella comparsa della vita sulla terra) e all’”erosione” della nube stessa, con la formazione di zone più o meno dense all’interno di essa. La nebulosa M42 non è però l’unica degna di nota in Orione, difatti, se osservassimo con un telescopio dal diametro sufficientemente generoso da un luogo sufficientemente buio e con un cielo sufficientemente terso, poco a sud-ovest di Alnitak c’imbatteremmo in una nebulosità che parte dalla stella e si allunga verso sud-ovest. È però con la fotografia che questa zona nebulosa dà il meglio di se: nella figura 3 si può ben notare la nebulosa ad emissione di colore rosso IC 434 che fa da sfondo e rende visibile la nebulosità non ionizzata di colore scuro B33, o più comunemente nota come nebulosa Testa di Cavallo. Questa è una zona particolarmente densa che un tempo era circondata da altre nebulosità simili ma che nel tempo si sono dissipate, per lasciare questa particolare struttura a forma di testa di cavallo che si stima resisterà all’”erosione” ancora per circa cinque milioni di anni. 

Ovviamente Orione non presenta solo queste due attrazioni, ma, se volessi elencarle tutte, finirei per rendere questo articolo più simile ad un libro, con tutti gli oggetti di cui potrei parlare, come: NGC 2024, M78, NGC 2023, IC 435, IC 431, IC 432, IC 426, IC 424, IC 423, NGC 1990, NGC 1977, NGC 1999, IC 430, NGC 2022, IC 2162, NGC 2174, NGC 1788 ecc.