di Camilla Zanini
La copernicana Matilde Graziano (4^A) ha appena pubblicato il suo primo libro, una raccolta delle sue poesie. Ecco cosa ci ha raccontato.
Che cos’è la scrittura per te?
La scrittura per me è diventata una cura, un modo per mettere ordine nella mia testa, prendere le emozioni e renderle vere su carta, affrontarle definitivamente. Infatti mi capita di scrivere soprattutto quando mi sento infelice.
Quando hai iniziato a scrivere le prime poesie? È successo qualcosa di triste che ti ha spinto ad iniziare a scrivere?
Ho iniziato a scrivere le prime poesie a gennaio/febbraio dell’anno scorso, prima scrivevo per lo più sfoghi o descrizioni, ma si sono trasformati in poesie solo in quel periodo. Non era successo niente di triste, era un periodo un po’ stressante per me e ho conosciuto una persona, amante della poesia, che ha iniziato a regalarmi libri e a farmi appassionare a mia volta. Da lì ho sentito l’esigenza di scrivere.
Quali sono i tuoi libri preferiti, quelli che hanno contribuito a formarti come scrittrice e poeta?
Questa è una domanda difficile, in realtà i miei libri preferiti non sono di poesia. Indiscusso è “La solitudine dei numeri primi” che ho riletto milioni di volte, amo il modo di scrivere di Baricco, e ho letto romanzi di tutti i tipi. Per quanto riguarda la poesia ho letto molto di Bukowski, Neruda, Alda Merini, Baudelaire. Ma penso di essere stata ispirata da scrittrici più contemporanee, penso che in qualche modo le mie poesie ricordano quelle di Rupi Kaur.
Domanda complessa. Come definiresti la fragilità e la libera consapevolezza? Affronti questi ‘temi’ nelle tue poesie? Per libera consapevolezza intendi la consapevolezza della propria fragilità e vulnerabilità?
Penso che la consapevolezza sia la capacità del fare i conti con la realtà umana.
Penso che la consapevolezza permetta, favorisca, l’integrazione tra l’ideale e il reale, tra il pensiero e l’emozione, tra il passato e il futuro.
Penso che entrambi questi temi, se si possono chiamare così, trasudino in tutte le mie poesie. Quando scrivo mi rendo fragile, vulnerabile, mi inginocchio davanti a me stessa. Ecco in questo caso la scrittura è uno specchio, in cui in bella mostra vi sono le mie cicatrici più profonde, i miei difetti, i miei pensieri. La scrittura serve anche a questo, a essere consapevoli della propria fragilità. Inoltre bisogna avere una consapevolezza della realtà che ci circonda, delle battaglie che vogliamo combattere, dei messaggi che vogliamo trasmettere. A volte basta essere consapevoli di saper amare chi ci sta attorno, no?
Prima di tutto, secondo me, è importante la consapevolezza di avere un destino. Quando parliamo di destino, spesso si parla di scuola. Che relazione c’è tra la scrittura e la scuola?
Indubbiamente è a scuola che iniziamo a scrivere, sin dalle elementari, è a scuola che puoi trarre ispirazione da ciò che ti viene insegnato, e che tu apprendi di conseguenza. Ma penso che chi ama scrivere, chi ama leggere la letteratura lo approfondisca anche fuori dal contesto scolastico.
Hai partecipato a dei concorsi di poesia?
No in realtà. La prima volta che ho inviato le mie poesie è stato quando le ho inviate a quella che ora è la casa editrice (Albatros) che mi pubblicherà la raccolta.
Cosa ti ha spinto a pubblicare il tuo primo libro?
Facevo leggere le poesie che scrivevo alle persone a me vicine e tutti mi dicevano che avrei dovuto fare un passo in più, che meritavano. In particolare una persona mi ha fatto credere nelle mie capacità e mi ha dato il coraggio di inviare le mie poesie. Non pensavo neanche che le accettassero, sinceramente non avrei pensato di riuscire a pubblicare un libro ora! Se me l’avessero detto un anno fa non ci avrei creduto.
La poesia al giorno d’oggi.. Viene spesso vista come strumento necessario per imporre una particolare visione del mondo. Concordi?
Imporre? No, non penso.Penso che la poesia sia molto libera e soggettiva. Ogni autore vuole trasmettere ciò che prova, far trapelare le idee che ha, raccontare di qualcosa che lo ha segnato. Forse è come dici tu, ma non l’ho mai vista in questo modo.
Pensi che la riproducibilità di certi pensieri possano diventare una formula da applicare alla vita?
Certo, ma per chi condivide questi pensieri.
Hai avuto mai dei ripensamenti riguardo la pubblicazione?
No, ma a volte penso a quando un giorno rileggerò il libro, magari tra 20 anni me ne sarò pentita. Perché non sentirò più mie le poesie che ho scritto. Alla fine si cresce, si matura, le mie poesie sono frutto delle emozioni di una diciassettenne. Ho paura che la concezione che ho io del mio modo di scrivere cambi.
Scrivi un commento