di Nicola Grion

L’obbligo di restare a casa ha modificato notevolmente le nostre abitudini e il nostro stile di vita, ma è anche un’occasione per riflettere sui valori della nostra vita, sul mondo che ci circonda, sulle cose che scopriamo essere importanti e quelle che lo sono meno o che, almeno in questa circostanza, assumono un valore inferiore.

Non sai cos’è la libertà finché non la perdi. 

In questo momento di reclusione casalinga, dove c’è chi, scherzando, dice di accorgersi della presenza di una moglie, di un figlio, sembra sia una buona idea recuperare del tempo con la famiglia, magari scoprendo che è una facile convivenza o, diversamente, soffocante, con il rischio di liti, aggravata dall’impossibilità di fuggire. 

A mio parere il miglior modo per sfruttare questa prigionia è quello di dedicarsi a se stessi. Durante l’anno, in situazioni non per forza molto stressanti, ma semplicemente nella nostra routine, capita di perdere il rapporto più importante che ci sia, quello con  noi stessi.

Per me la casa ha un valore importante, familiare, certo, ma la paragonerei ad una sacca amniotica, fondamentale per lo sviluppo, ma soffocante nel momento in cui si è pronti a venire alla luce. Da piccolo ho saputo esplorare il massimo delle possibilità in casa. Si sa, da piccoli i bambini giocano anche solo con un filo e un bottone, se hanno solo quello, e sono felici al pari di un bambino che ha a disposizione tutti i giocattoli del mondo. La creatività mi ha portato a rendere uno spazio finito, delimitato da quattro pareti, in uno infinito, con infinite possibilità. Ma arriva poi un punto in cui le cose assumono una loro importanza: l’impegno, le amicizie…  e il centro focale si sposta al di fuori delle mura. Questo è comprensibile anche per il fatto che da “grandi” si desidera realizzare i propri progetti in modo concreto, avendone la possibilità, non più solo con un miscuglio di oggetti casalinghi e fantasia.

Ed è curioso pensare che ora, in quella stessa casa, io non riesca a trovare nulla da fare. 

In questa situazione, che richiede una responsabilità da parte di tutti, ci viene chiesto di stare in casa, cambiando di conseguenza le nostre abitudini… io mi trovo nella situazione in cui, questa casa, non la vivo più come il mio universo, pur ritrovandone le tracce della sua  esistenza, ma come un serpente che si avvinghia al torace e stringe progressivamente, fino a far mancare il fiato. 

In questa prigionia forzata sembra quindi che la cosa più rilevante sia il rapporto con noi stessi, e non tanto quello con le persone: pur essendo parte sostanziale dell’essere umano, i rapporti sociali non sono limitanti nel momento in cui si cura il proprio stare nel mondo.  

Tutta l’infelicità dell’uomo deriva dalla sua incapacità di starsene nella sua stanza da solo.

Ritengo più che mai, in questi giorni, che queste parole di Pascal siano di estrema rivelazione per me.