di Alice Ronco 2^F
È finito anche questo inverno? L’inverno per me è un po’ così,… che quando arriva spero solo finisca e appena finisce mi manca.
Dovrebbe essere finito un altro inverno ed essere primavera di nuovo… Non me n’ero nemmeno accorta. Perché in queste quattro mura non sembrano crescere i fiori e non sbocciano le rose, perché fisso l’intonaco delle pareti e mi dimentico se fuori sia giorno o sera. Perché, come addormentati, ci dimentichiamo un po’ tutti di essere rinati dalle ceneri di un altro gelido inverno, di esserci svegliati e poi di essere sbocciati in un’altra primavera.
Perché la primavera, quest’anno, magari arriverà in ritardo, arriverà quando apriremo le porte delle nostre case e ci riverseremo nelle strade e ci perderemo di nuovo tra la gente. Quando ci lasceremo spintonare, tirare, perché i nostri corpi avranno bisogno di smarrirsi e le nostre anime di spargersi.
La primavera magari quest’anno porterà con sé abbracci, un po’ più nuovi, un po’ più disperati, un po’ più veri. E saremo liberi di toccarci, di rifletterci nei sorrisi dei passanti, non coperti da mascherine. E saremo liberi di prenderci a braccetto o di ballare un lento. Saremo liberi di correre e di ascoltare anche belle notizie alla radio, mischiate alle prime hit estive. Saremo liberi di rinchiuderci di nuovo nelle nostre routine, nelle nostre melodie quotidiane di piccoli gesti: una stretta di mano, una parola sussurrata all’orecchio, una pacca sulla spalla. Saremo liberi di infrangere quel muro di silenzi distante un metro, quelle campane di vetro. Saremo liberi e orgogliosi di festeggiare i nostri eroi, i medici, i volontari che ci avranno riportato la nostra primavera. Che avranno fatto sbocciare i fiori.
Sarà… primavera.
Sarà primavera e dopo sarà di nuovo inverno, con il freddo, si addormenteranno i ricordi di queste settimane, forse saranno mesi. Si addormenterá la sensazione di isolamento, di raccoglimento. Ognuno nei propri metri quadrati, rinchiusi, o magari piacevolmente distanti, finalmente nascosti dal mondo, dalle sue sofferenze.
Ma quando sarà di nuovo inverno, riguardando i fiori che si erano in quel tempo tessuti sulle tende e arrampicati sui soffitti, ricordiamoci della solitudine o dei familiari ritrovati, del silenzio delle strade o del rumore dei pensieri, della paura degli abbracci o del coraggio nel tendere una mano all’ignoto.
Ricordiamoci della presunzione con cui diamo per scontate le carezze e l’arroganza con cui diamo per assodata una corsa all’aria fresca.
Ricordiamoci che è proprio l’umanità della nostra Italia ad aver eretto ospedali da campo, ad aver salvato donne e uomini sul letto di morte, ad aver trasformato tele di stoffa in mascherine pronte per l’uso, ad aver convertito i motori delle Ferrari in respiratori, ad averci ammaliato con la musica cantata e suonata dai terrazzi di tutta la penisola.
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