Di Martino Trapanotto
La nuova parola dell’anno dell’Oxford Dictionary è post-truth, post-verità in italiano, e a maggior ragione, visto l’aumento vertiginoso nell’uso di questo neologismo, fino al 2000% rispetto al 2015. Ma cos’è la post-verità?

Il termine viene utilizzato per la prima volta nel 1992, da parte del drammaturgo Steve Tesich, parlando dello scandalo Irangate dell’82 e della prima guerra del Golfo e di come il popolo americano avesse: “liberamente scelto di voler vivere in una specie di mondo post-verità”.

Post-verità indica uno stato dell’informazione e del dibattito dove ciò che viene veramente messo in campo non sono fatti, verità razionali o analisi condotte da esperti, ma idee e opinioni mosse da principi irrazionali. Una post-verità è una notizia falsa che è dimostrabile e dimostrato sia falsa, ma in cui tutti credono in ogni caso, diffidando della falsificazione o semplicemente ignorandola.

Esempi di ciò sono apparsi lungo tutto quest’anno, puntellando importanti eventi politici come la Brexit, come la famosa menzogna attorno al costo dell’UE di 350 milioni di sterline da investire invece nel NHS, cosa non solo impossibile ma anche falsa, e le elezioni presidenziali americane, infarcite di bufale e notizie false, come le assurde frasi di Donald Trump sulla natura di cose come il cambiamento climatico o  un suo ipotetico endorsement da parte del Papa, portando alla popolarizzazione di questo termine.

In tutto questo gli immani sforzi di giornalisti e fact-checkers sono fondamentalmente inutili, ignorati dal pubblico che invece retwitta e condivide menzogne su menzogne, a volte costruite per scopo politico o anche solo per denaro, sulla scia dei siti di click-baiting, che guadagnano attraverso le pubblicità e la iper diffusione di queste storie sensazionalistiche, spesso gonfiate fino a scoppiare in frizzanti bolle di indignazione, in quanto nulla riesce a far condividere come la rabbia.

A coadiuvare questo meccanismo  ci sono anche i social network, nati con lo scopo di connettere le persone e permettere uno scambio più libero di informazioni e idee, si sono rapidamente trasformati in una delle predominanti fonti di notizie, che però devono passare per gli algoritmi che dettano quali post e quali tweet faranno parte della bacheca di un utente, costruiti affinché questi interagisca solo con materiale a lui interessante, un’arma a doppio taglio che ha portato alla nascita di echo chambers, casse di risonanza mediatiche dove tutto quello che vediamo è già condiviso a priori, eliminando possibili contrasti o idee troppo differenti e permettendoci di cullarci in un bagno di feedback positivi, lontani da ogni sfida intellettuale.

Sembra che quindi la colpa di tutto sia degli ignoranti, intrappolati nei social network e nelle loro piccole vite, lontani dalla ragione e incapaci pure di vedere la loro miserabile condizione, mentre gli intellettuali e le élite culturali soffrono a causa di questo popolino.

Un’immagine comoda che ci allontana ogni responsabilità e crea un nemico e una causa per un problema in realtà ben più complesso.

La post-verità è invece un sintomo di un problema più radicale, la perdita di fiducia nelle istituzioni e nell’enstablishment  da parte della popolazione a causa dell’ormai estremo divario tra questi due mondi, ognuno in realtà chiuso nella propria bolla di verità. Queste infatti non sono un elemento esclusivo dei social network come può sembrare, permeano invece la società umana da sempre, ci circondiamo infatti di amici che facilmente la pensano come noi. Anche nel campo delle informazioni non è cosa nuova, la nascita dei canali news h24 ha portato  a una polarizzazione politica degli stessi e quindi a una differenziazione del pubblico, arrivando alle famose sparate di Fox News.
Il problema è nella nostra incapacità di usare questi potentissimi strumenti di informazione, ormai fuori persino dalla nostra comprensione e allo stesso tempo così endemici da esser inscindibili dalla società. Non possiamo neanche immaginare di togliere Facebook dal mondo, soprattutto nei paesi democratici, ma allo stesso tempo sembra che sarà proprio questo che porterà al loro crollo se guardiamo anche agli ultimi eventi politici.

Non c’è una semplice soluzione, solo la solita: educare, tentando tutti di uscire dalle nostre piccole tane intellettuali e cercando di non trasformare ogni discussione in una faida, sperando un giorno di fuggire dall’idea che “i fatti sono negativi, i fatti sono antipatriottici, i fatti sono falsi”.