di Mattia Piccoli

Le nebulose planetarie.
Cosa sono le nebulose planetarie?
La risposta è semplice ma sarebbe incompleta senza un’altra domanda.
Da dove vengono?
Le nebulose planetarie non sono altro che gli strati esterni di una stella di piccola massa (meno di 8 masse solari e più di 0,8 masse solari) che vengono espulsi nello spazio durante la sua ultima fase di vita, ovvero quando era una gigantesca palla di gas “fredda”, al cui centro avveniva la fusione nucleare dell’elio.
Quando termina il combustibile nucleare, la “stella” diventa instabile e comincia ad avere delle pulsazioni termiche che le fanno espellere gli strati più esterni e poco legati gravitazionalmente. La stella “si spoglia” quindi di questi gas e le sue parti più interne collassano, facendola diventare una nana bianca estremamente calda che emette raggi ultravioletti. Questi raggi ionizzano i gas espulsi, che a loro volta iniziano a brillare dando vita ad una nebulosa planetaria.
Forse adesso il lettore curioso si chiederà quale aspetto possa avere una nebulosa planetaria. Ebbene ragionando di logica, dato che la nebulosa planetaria altro non è che gli strati espulsi della stella ed essendo questa di forma globulare più o meno allargata all’equatore, allora la nebulosa dovrebbe avere una forma analoga. L’intuizione è giusta e sbagliata allo stesso tempo, perché difatti esistono delle nebulose di forma più o meno sferoidali, ma ci sono anche altre nebulose, che hanno forme che sono ben lontane da queste. Se queste nebulose non sono sferiche, che forma avranno mai allora? Le forme possono essere tra le più disparate e si possono facilmente intuire dai nomi che hanno: si passa da Cheeseburger a Farfalle, da Gufi a Campane mute e da Eliche e Occhi di cammello. Queste forme sono la conseguenza di molteplici variabili tra cui l’interazione tra i gas e i campi magnetici della stella, la rotazione della stella stessa, oppure possono dipendere dal fatto che la stella ruoti insieme ad un’altra intorno ad un baricentro comune, o dai venti stellari. Questi sono però solo alcuni tra i principali motivi per cui le nebulose possono assumere forme così stravaganti. Qui giunti forse abbiamo una vaga immagine mentale di com’è una nebulosa planetaria, peccato però che sia un’immagine ancora in bianco e nero. Che colori ha dunque una nebulosa planetaria?
Questo del colore è un tema molto controverso in astronomia, perché guardando attraverso un telescopio di una nebulosa si potrà apprezzare la forma, più o meno nitida a seconda delle dimensioni dello strumento e dell’inquinamento luminoso, ma molto difficilmente si potrà vedere anche solo la parvenza di un qualche colore. L’immagine ci apparirà infatti sempre in bianco e nero e questo perché in condizioni di scarsa luminosità l’occhio utilizza i bastoncelli, dei fotorecettori che non percepiscono i colori a differenza dei coni, ma che sono più sensibili di questi ultimi. Anche se ci avvicinassimo alla nebulosa, la visione ad occhio nudo rimanderebbe solo l’immagine di una grande chiazza grigia molto sfumata e debole, immersa in un cielo stellato. Le cose cambiano invece con i sensori elettronici e le pellicole. Le fotografie mostrano i colori delle nebulose ma spesso i sensori elettronici, l’elaborazione o i filtri utilizzati, non riportano fedelmente i colori reali, che dipendono dai gas che compongono la nebulosa. I principali gas sono: idrogeno ionizzato una volta (HII in questo preciso caso Hα), che si presenta di colore rosso, ed ossigeno ionizzato due volte (OIII) di colore blu.

Nell’immagine si può ammirare la Nebulosa Anello o Messier 57, ripresa da Udine il 9 luglio 2021. Essa fu scoperta dal cercatore di comete Charles Messier che la catalogò, insieme ad altri 109 oggetti, per evitare di confonderli con le comete. Si può notare senza senza dubbio il motivo per cui le è stato dato questo nome. Essa presenta una forma ad anello con un centro di colore azzurro, composto perlopiù da ossigeno ionizzato, e una zona circostante di colore rosso e bianco giallo composta principalmente da idrogeno e zolfo ionizzati.

Nell’immagine si può ammirare la Nebulosa Occhio di Gatto o Caldwell 6, una piccola nebulosa situata nella costellazione del Drago. Questa è solo una piccola parte della nebulosità; l’intera nebulosa, difatti, è nettamente più grande ma molto più debole rispetto alla parte centrale, più densa e più recente.

Nell’immagine si può ammirare la Nebulosa Medusa o Sharpless 2-274; si tratta di una nebulosità relativamente estesa (dal punto di vista del diametro apparente) situata nella costellazione dei Gemelli, con una struttura centrale composta perlopiù da ossigeno ionizzato e degli strati esterni composti da idrogeno e zolfo.