di Lisa Zorzet, 5D
La ricerca della felicità è intrinseca nella condizione dell’essere umano che, in quanto tale, cerca la sua realizzazione e soddisfazione personale nella realtà, nella natura e nel rapporto con l’altro. Nel corso della storia varie correnti di pensiero si sono poste il problema della felicità e, più in generale, della felicità morale.
Un esempio è l’epicureismo, che privilegia il perseguimento dei piaceri sensibili e il conseguente raggiungimento dell’atarassia e dell’aponia, che implicano l’allontanamento dai mali morali e fisici causati dalla vita sociale e politica.
Aristotele, invece, vede la felicità come un fine comune a tutti gli uomini, raggiungibile solo attraverso la scelta del bene sul male, quindi della virtù sul vizio.
Hobbes ritiene felice l’uomo che, nella lotta di tutti contro tutti, riesce ad ottenere il potere e governare.
Infine per Hegel, filosofo romantico, il mondo è un continuo e incessante divenire, frutto di un costante conflitto tra le singole unità, che solo nel momento finale riescono a giungere ad una sintesi. Allo stesso modo la felicità viene raggiunta dopo il momento negativo, ovvero l’infelicità. E’ proprio lo spirito romantico a proporre per la prima volta una vera introspezione dell’animo umano, destinato alla perpetua ricerca della felicità.
La natura viene considerata dai romantici un ostacolo, un limite che preclude il raggiungimento della felicità. All’uomo intriso di speranza e sete di conoscenza viene imposta l’impossibilità di raggiungere l’assoluto. Da qui deriva la sua condizione di insoddisfazione e infelicità.
Leopardi, in questo senso, è molto vicino alla sensibilità romantica. Egli arriva, infatti, a concepire la natura come matrigna, poiché genera gli uomini e li condanna a uno stato di infelicità a cui non possono sottrarsi. Per sopperire all’irraggiungibilità dell’assoluto, la natura pone nell’uomo delle illusioni, che permettono, attraverso l’immaginazione, di proiettare la felicità in un futuro indefinito.
In questa ottica dobbiamo inserire la necessità di Leopardi di dare una finalità alla propria vita. Gli obiettivi sono necessari all’uomo per creare la speranza in un futuro migliore e per non farlo ricadere nell’evasione dalla vita e quindi nel suicidio. La noia per Leopardi è la più grande nemica, poiché corrisponde alla vuotezza d’animo e a una condizione di assenza di sentimento.
Il pensiero leopardiano risulta essere molto attuale se applicato alla società odierna. Il capitalismo, infatti, ha creato una società gerarchica volta al consumo, in cui chi ricopre la posizione più elevata beneficia maggiormente degli incassi. Tutto ciò ha portato gli uomini a vivere ponendosi continuamente degli obiettivi, che sembra possano coincidere con la felicità, quando in realtà inducono l’uomo a desiderare sempre di meglio e quindi lo condannano a una costante insoddisfazione.
Le nuove generazioni si sono accorte di questo meccanismo dalle continue aspettative che la società ripone su di loro. Nulla è mai abbastanza, c’è sempre bisogno di nuovi obiettivi che ormai non vengono più posti dal soggetto stesso, ma dall’esterno. Questo ha creato una reazione e una tendenza totalmente opposte: i giovani, sottoposti alle pressioni di coloro che li circondano, cercano di rifugiarsi nei piaceri più effimeri.
Non è un caso se la dipendenza da alcol e fumo è molto aumentata negli ultimi anni. Si può notare, inoltre, una tendenza a fuggire dalla moralità, dai canoni imposti e dalle regole. Non esiste più un concetto di “giusto” o “sbagliato”, di “bene” o “male”, di “bello” o “brutto”, poiché tutto diventa relativo.
Molti ragazzi non riescono ad accettare il loro ruolo nella società o a stare al passo con gli obiettivi posti loro da genitori o insegnanti e, pervasi dal senso di sconfitta, ricadono in malattie quali la depressione.
Bisognerebbe, invece, applicare le idee leopardiane al singolo individuo, inducendolo a fare un’analisi di sé non come membro di una società, ma in quanto uomo. Come afferma Zygmund Buman nella sua opera “La Società Liquida”, gli individui stanno perdendo la loro identità, la loro specificità all’interno di una totalità fluida, che tende ad annullare le differenze. I giovani devono creare obiettivi personali, adatti alle loro propensioni, che possano condurli a una felicità individuale.
Quello di Leopardi è un monito, se visto in chiave moderna, a guardare dentro di sé e a riempire la vita di speranze e valori, anziché di superficialità e vuotezza.
L’omologazione non può che portare all’annullamento della propria identità, dei propri obiettivi e della propria felicità, che appartengono agli uomini in quanto tali. Bisogna, invece, preservare questi valori e riportare la società a una nuova umanizzazione.
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