di Margherita Groppo

Durante la mia esperienza in Sudafrica, per quanto sia stata speciale, ho passato diversi momenti di vuoto. È stato difficile perché, in quanto cittadina di un’Europa frenetica, ogni giorno ero abituata a segnare in agenda qualche impegno, posti dove andare, persone da incontrare. In quella vita forse troppo dinamica, apprezzavo quei venerdì sera in cui leggevo un semplice libro. Ora, invece, la quarantena ci porta a vedere i momenti liberi come nemici, forse proprio perché non siamo noi che li abbiamo decisi. Ed è così che vedevo i momenti di noia durante la mia esperienza all’estero. Ma sono stata capace di ribaltare la situazione, senza cambiarla di fatto.

La vita africana spesso non offre stimoli uguali a quelli da cui veniamo bombardati ogni giorno e puntualmente nella vita europea. Si dice che in Africa il tempo rallenti: lo posso confermare. Le lancette scorrono sempre alla stessa velocità per tutti, ma sembra ci mettano il doppio. Ci si sveglia presto, si fanno i lavori di casa e si cucina. Poi, per rilassarsi, si guarda la televisione con la famiglia. Se è un giorno di scuola, si passano quasi dieci ore lì, dove il tempo passa più veloce, in compagnia dei compagni.

Lo shock del cambiamento è stato altissimo. La mia vita era completamente nuova. Il mio villaggio rurale non proponeva molto. Mi sono annoiata e spesso cadevo nello sconforto. Il mese di dicembre è stato sicuramente il più duro: la scuola era chiusa per le vacanze estive e le temperature che sfioravano i 40 gradi (ovviamente senza alcun condizionatore), smorzavano le forze di tutti. Le mie giornate trascorrevano uguali, accolta sì da una famiglia meravigliosa, ma lontana da tutto ciò che era stata la mia vita “normale”.

In quel momento, avevo trascorso solo quattro mesi nel mio meraviglioso Paese ospitante. Nonostante avessi già imparato tanto, molte cose erano ancora difficili da metabolizzare (sono quelle che hanno reso la mia esperienza unica e inimitabile). Non era facile abituarcisi, perché pensavo che tutto fosse sbagliato solo perché diverso. Tuttavia, un giorno trovai il modo per affrontare tutto ciò che mi stava preoccupando. Nulla era successo: ero semplicemente cambiata io. È come se mi fossi tolta un peso, che mi impediva di cogliere la realtà per quello che poteva essere. Mi accorsi che se creavo una quotidianità in quel clima casalingo avrei potuto vivere più serenamente. Mi resi conto che la mia vita fino a quegli ultimi 16 anni non era assolutamente quella che avevo intrapreso in quegli ultimi mesi. Non c’erano più attività, spostamenti, incontri così frequenti e in tempi stretti come quelli europei. Probabilmente ciò che mi impediva di accettare la mia nuova situazione era il fatto che le mie convinzioni e abitudini erano così radicate in me che liberarsene voleva dire doversi privare di qualcosa. Invece, niente di me doveva essere sradicato per raggiungere quell’obiettivo. Anzi, tutto avrebbe infine arricchito me stessa di nuove radici, da cui sarebbero sbocciati dei fiori. Finalmente avevo capito il vero scopo della mia esperienza. Capire che la vita in cui ero cresciuta non era l’unica che si potesse vivere in questo mondo. Cambiare il mio atteggiamento era stato apparentemente facile, ma assolutamente lungo. La mia prospettiva delle cose era cambiata. Non le cose stesse. Presi, ancora una volta, un’abitudine. Quella di vivere usando le risorse che avevo davanti e grazie a esse creavo altre storie, altri mondi. Senza chiedere qualcosa di diverso da ciò che avevo già. 

Ecco perché apprezzo di più le giornate di questa quarantena, anche se ha causato il mio rientro anticipato. A settembre, quando sono partita, non mi sarei mai aspettata che una pandemia mondiale potesse togliermi dei mesi preziosi di un’esperienza unica. Ma grazie a questo ora apprezzo ancora di più, a distanza di tempo, quella “quarantena” dall’altro capo del mondo. Avevo creato qualcosa da fare, in una stanza. Ciò di cui avevo bisogno per stare bene. Penso che molti di noi ne abbiano bisogno. Quando ne siamo privati, il dolore per la sua mancanza distoglie l’attenzione da ciò che invece potremmo fare per arricchirci. Ora posso dire che non tutto ciò che è male viene per nuocere. Sono più forte ed è solo grazie a te, cara Africa. È stata dura, a volte non ne potevo più di te, ma mi hai accolto felice e quando le tue mani grandi mi hanno liberato sono riuscita finalmente a spiccare il volo nel cielo, invece che partire nella gabbia in cui ero arrivata.