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In vista del referendum del 4 dicembre, la nostra redazione ha pensato anche agli studenti maggiorenni che in tale giornata saranno chiamati ad esprimere la loro preferenza sulla riforma della Costituzione mettendo a confronto le ragioni del “SI” con quelle del “NO”.

Le ragioni del

di Martino Trapanotto

La riforma ha due elementi fondamentali, il superamento del bicameralismo perfetto e la modifica dell’articolo 5 della seconda parte della costituzione, elementi come l’eliminazione del CNEL e la riduzione di alcuni costi della politica sono idee supportate invece da entrambe le parti.

Entrando più nello specifico, il superamento del bicameralismo perfetto servirebbe a evitare uno degli scenari classici del nostro paese, cioè le cosiddette “leggi navetta”, intrappolate in un limbo poiché vengono approvate da una delle due camere ma non dall’altra, rimanendo così anche per anni; dopo la riforma le due camere non avrebbero più le stesse funzioni e gli stessi poteri, la camera dei deputati sarebbe il principale ente legislativo, mentre il senato diventerebbe qualcosa di molto simile a una “camera delle regioni”, partecipando solo alle leggi legate alle regioni o a ambiti di competenza di altri enti territoriali.

Il senato verrebbe anche rimpicciolito, passando da a 100 senatori con 74 di questi consiglieri regionali e 21 sindaci, con i 5 rimanenti scelti dal presidente della Repubblica con un incarico di 7 anni.

Lo scopo di tutto questo, unito alla nuova legge elettorale (che NON fa parte del referendum) è quello di semplificare l’iter legislativo, eliminando stalli e permettendo al governo di avere più libertà di movimento senza rimanere invischiato in infiniti stalli politici.

Il secondo punti invece verte sulla modifica di un passaggio della costituzione che identifica le competenze dello stato e delle regioni, ridistribuite dando priorità allo stato e permettendo di evitare quindi alcuni degli scandali che abbiamo visto negli ultimi anni di malagestione di enti locali, lasciando comunque agli enti locali autonomia dove necessario e permettendo al governo di intervenire anche sugli ambiti  locali in casi di necessità per il bene della nazione, evitando quindi altre situazioni di stallo interminabili.

Ultimo elemento della riforma, non fondamentale come i precedenti ma comunque rilevante, è l’introduzione di alcuni nuovi strumenti di democrazia diretta come i Referendum propositivi e d’indirizzo, e la modifica del quorum.

Una legge che vede nella stabilità e nella semplicità legislativa il suo obiettivo e che tenta di riparare alcuni dei difetti della macchina politica Italiana.

Le ragioni del NO

di F. A.

La riforma della Costituzione Boschi-Renzi ha generato numerose perplessità che hanno causato la formazione di un fronte per il “no” che raggruppa in sé numerose forze politiche diverse, giornalisti, opinionisti ed anche un nutrito gruppo di noti costituzionalisti che ne evidenziano le criticità.

Nel merito, riguardo le misure per il superamento del bicameralismo paritario, le ragioni del “no” sottolineano il sostanziale squilibrio del nuovo assetto istituzionale.

Primariamente, la composizione del nuovo Senato sarà di consiglieri regionali e sindaci, i quali oltre a non essere deputati per il ruolo di senatori, non saranno eletti direttamente dai cittadini. Inoltre l’attribuzione di essi alle varie forze di governo o di opposizione non è chiara: il risultato, tenendo conto anche della durata delle cariche dei nuovi senatori (rimarranno in carica per la durata del loro mandato come sindaci o consiglieri regionali), genererebbe instabilità a causa del ricambio continuo delle componenti che conseguentemente determinerebbe l’imprevedibilità della sua composizione.

Un ulteriore squilibrio dell’ordine istituzionale nascerebbe dal depotenziamento del Senato, giudicato eccessivo sia per poter essere un efficace mezzo di concertazione tra Stato e Regioni, sia per l’eccessivo concentramento del potere nelle mani del Governo.

Infatti, in combinazione con la legge elettorale che assicura una maggioranza alla Camera, la riforma costituzionale rischia di incrinare quelle garanzie oggi presenti per scongiurare i danni che un cattivo governante potrebbe produrre.

In seguito, un’altra criticità consisterebbe nella forte complicazione dell’iter legislativo: se oggi, infatti, c’è un solo modo per approvare una legge, con la nuova Costituzione ce ne saranno molti, in base ai diversi modi di intervento del Senato.

Questa farraginosa soluzione non rende più semplici le istituzioni ma le complica, delineando un rischio di disfunzioni ed incertezze.

Gli esponenti del fronte per il “no”, inoltre, criticano anche le ragioni che portano a questa riforma.

Ad esempio la rimozione della cosiddetta “navetta” per risparmiare tempo non sarebbe affatto necessaria guardando i tempi medi, più che accettabili, di approvazione delle leggi. Ulteriormente, secondo i detrattori, l’Italia non ha bisogno di molte nuove leggi, quanto piuttosto di razionalizzare e semplificare quelle presenti (che sono molte di più degli altri Paesi europei; così tante che nessuno fino ad oggi è riuscito a contarle con esattezza).

In seguito, innalzando il numero di firme necessarie per i disegni di legge di iniziativa popolare la riforma non facilita la partecipazione dei cittadini, nonostante l’aggiunta positiva dell’obbligo di discussione degli stessi entro tempi determinati.

Infine, la revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione comporterà un aumento delle competenze statali a scapito delle regioni (assegnando allo stato quasi tutte le vecchie competenze concorrenti). Questo rappresenta un passo indietro per chi crede nel cosiddetto “decentramento”, cioè nella delega di maggiori poteri a livello locale in modo da avvicinare il luogo in cui si prendono le decisioni a chi conosce meglio il problema e può essere meglio controllato dai cittadini.