di Margherita Stagni
L’innocenza violata dei minori nel campo profughi dell’isola di Lesbo
“I bambini sono fragili, e hanno queste forme di espressione: possono essere episodi di regressione, che possono sfiorare l’autismo, come anche addirittura quadri di psicosi infantile che vanno incontro a tentativi di suicidio.” – Alessandro Barbeiro, Medici Senza Frontiere
Immagina.
Sei un ragazzino, quattordici o quindici anni, sei senza i tuoi genitori e non hai idea di dove si trovino.
Una cosa però la sai, hai paura: paura degli adulti, perché hai visto cosa sono capaci di fare ai tuoi coetanei, paura della notte, perché i tuoi compagni potrebbero aggredirti e rubarti la borsa con quelle poche cose che possiedi, paura di addormentarti, a causa degli incubi incessanti che infestano il tuo sonno, persino paura della pioggia, che in precedenza ha già allagato la tua tenda, infangando il materasso e i vestiti.
La paura è la compagna di vita dei ragazzini che vivono a Moria, campo per rifugiati sull’isola greca di Lesbo. Le condizioni di vita sono decisamente precarie: non c’è l’acqua corrente, i bagni vengono condivisi anche da settanta persone ciascuno, i vicoli tra le tende sono ricoperti da rifiuti, il cibo manca, le violenze e gli stupri sono all’ordine del giorno. Il clima che si respira è di tensione pura, anche a causa del sovraffollamento del campo, che era stato progettato per contenere circa 3.000 persone, ma i dati registrati il 2 dicembre 2019 affermano che ne siano presenti 16.800(1), e i numeri sono in aumento.
I minori, che compongono circa il 34% della popolazione del campo(2), ovviamente ne sono la parte più vulnerabile. Diversi inviati di MSF hanno riscontrato casi di problemi psicologici, causati dalle pessime condizioni di vita e dall’esasperazione dei rifugiati, che devono attendere periodi di tempo lunghissimi anche solo per avere la possibilità di chiedere il trasferimento.
Alessandro Barbeiro, psichiatra, ha paragonato il campo a un vecchio manicomio(3), evidenziando come diverse persone siano talmente sopraffatte dall’angoscia, dalla paura e dalla solitudine da arrivare a tentare il suicidio. Persino i bambini, a cui non dovrebbe mai essere negato il sorriso, manifestano sintomi di psicosi e depressione.
Zemar, quindici anni, racconta agli inviati dell’UNHCR(4) (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati – United Nations High Commissioner for Refugees) come il campo lo stia sfinendo mentalmente. “Ci sentiamo tutti inutili” dice “Sono così stressato. Sto perdendo la memoria. Ogni volta che dormo ho gli incubi. Tutto quello che voglio è rivedere la mia famiglia”. Di storie come quella di Zemar purtroppo ce ne sono tante: dopo essere scappato dall’Afghanistan con i suoi genitori, è stato separato da loro la notte della traversata che l’ha portato dalla Turchia a Lesbo. Da quella notte non sa più dove si trovino sua madre e suo padre, e si sente solo in quanto i ragazzi con cui convive, anche loro non accompagnati e sfiniti dalla loro condizione, spesso diventano violenti. Zemar comunque non abbandona la speranza, e afferma che gli Stati europei abbiano i superpoteri, e che quindi dovrebbero fare qualcosa per Moria.
Il campo però non accenna a miglioramenti, anzi continua a peggiorare: vengono persino violati i diritti di chi ci vive. In particolare, tre articoli della Convenzione per i Diritti del Bambino e del Fanciullo(5) vengono completamente ignorati: il diritto di vedere i propri interessi resi prioritari dalle istituzioni, il diritto a non essere separati dai propri genitori o, nel caso in cui questo avvenga, a restare in contatto con loro mentre si tenta la ricongiunzione, e infine il diritto alla tutela da violenza, abbandono, negligenza, sfruttamento attraverso progetti che appoggino il ragazzo. È palese che questi diritti non vengono rispettati nel campo di Moria.
Nel 2019 gli sbarchi sono stati circa 59.591, 27.097 in più rispetto all’anno passato(6), e con i mesi caldi che si avvicinano e le crescenti tensioni in Libia, Siria e Iran il flusso non si fermerà. Con questi dati in mente, e tenendo conto che il processo di trasferimento è congelato, viene da chiedersi quando l’Europa smetterà di voltarsi dall’altra parte e inizierà a usare quei “superpoteri” per rendere quantomeno decente la vita di chi non ha alcuna colpa se non quella di desiderare un futuro e la felicità.
SITOGRAFIA:
1 “Greece: Camp Conditions Endanger Women, Girls”. 4 Dic 2019. HRW. 27 Dic 2019
https://www.hrw.org/news/2019/12/04/greece-camp-conditions-endanger-women-girls.
2 UNHCR – Aegan Islands Weekly Snapshot 30 December 2019 – 05 January 2020. https://data2.unhcr.org/en/documents/download/73251
3 Barbeiro, Alessandro. Lesbo mi ricorda un manicomio d’altri tempi. 18 Set 2018. Medici Senza Frontiere. 27 Dic 2019
https://www.medicisenzafrontiere.it/news-e-storie/storie/lesbo-mi-ricorda-un-manicomio-daltri-tempi
4 Cheshirkov, Boris. Lone children face insecurity on Greek island. 14 Ott 2019. UNHCR. 27 Dic 2019
https://www.unhcr.org/en-us/news/stories/2019/10/5da059144/lone-children-face-insecurity-greek-island.html?query=mori
5 Articoli III, IX, XIX. Convenzione per i Diritti del Bambino e del Fanciullo, 20 nov. 1989
6 “Mediterranean Situation – Greece”. 31 Dicembre 2019. UNHCR. 12 Gennaio 2020
https://data2.unhcr.org/en/situations/mediterranean/location/5179
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