di Jacopo Sibau 3Blsa e Nicolò Tamer
Quest’anno, grazie all’occasione offerta dal nostro istituto in collaborazione con la sezione regionale di salvamento della FIN (Federazione Italiana Nuoto), abbiamo frequentato il corso di formazione per assistenti bagnanti, nel quale ci hanno insegnato ad eseguire correttamente delle manovre utili a salvare delle vite anche e soprattutto in situazioni asciutte. Perché di questo si parla: di salvare vite.
Partendo dai fatti, possiamo notare come nel corso del decennio appena concluso le morti per arresto cardiaco nel mondo sono drammaticamente aumentate: passando da 6,8 milioni nel 2000 a 8,9 milioni nel 2019, di cui oltre 60 mila in Italia, approssimativamente un abitante ogni mille ogni anno nel nostro Paese muore a causa di una complicanza dell’apparato cardiorespiratorio.
Per capire meglio di cosa stiamo parlando, spieghiamo in cosa consiste un arresto cardiorespiratorio. Il cuore permette al sangue di scorrere nel nostro corpo e distribuire l’ossigeno, essenziale per la sopravvivenza delle nostre cellule. Quindi, se questo si ferma, si ferma anche il sangue e di conseguenza il nostro organismo non riceve più ossigeno. Il cervello senza ossigeno presenta danni irreversibile nel giro di 4 minuti.
Per questo ci siamo chiesti come si potrebbe abbassare il numero di morti per questa causa e aumentare le aspettative di vita. La risposta a questa domanda è tanto semplice quanto le tecniche da imparare per fare ciò, ma non si possono inventare sul momento e neppure immaginare, per questo è necessario che vengano insegnate da degli specialisti.
Vi proponiamo questa questione perché riguarda tutti, in particolare noi giovani, che potremmo trovarci nella situazione di assistere i nostri cari o addirittura di salvare loro la vita. A ognuno di noi potrebbe capitare, in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento, di trovarsi in una condizione di emergenza e in queste situazioni, viste le ridotte tempistiche nelle quali agire, bisogna conosce i corretti comportamenti da seguire per risultare efficaci. La catena di sopravvivenza, mostrata nell’immagine, ci aiuta a capire quanto questo passaggio sia fondamentale: infatti, il salvataggio di una vittima di arresto, a differenza di quanto comunemente si crede, non inizia con l’arrivo dei soccorsi specializzati, cioè l’ambulanza. Questi, per diverse ragioni, come per esempio il ritardo nell’intervento, da soli hanno ridotte possibilità di agire con esiti positivi. Il primo anello della catena siamo noi, che dobbiamo ovviamente prima di tutto riconoscere l’emergenza, di conseguenza allertare i soccorsi, e successivamente eseguire le apposite manovre salvavita.
Vi proponiamo una stima per la quale se il 60% dei cittadini sapesse eseguire queste basiche manovre, il numero di decessi correlati all’apparato cardio-respiratorio calerebbero dell’80%. Ad oggi, però, solo il 15% della popolazione conosce ed è in grado di eseguire tali manovre. Quindi, adesso che queste tecniche vengono insegnate nelle scuole, prestate attenzione perchè potreste rendervi utili al prossimo e il prossimo potreste essere anche voi. Impariamo a salvare vite per essere salvati.
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