Di Gaia Bortolussi

Passiamo quindi a trattare il diritto o meno di ogni singolo di togliere la vita. Sull’argomento si pongono i seguenti quesiti:

1-Se abbiamo il diritto di toglierci la vita in determinate circostanze;

2-Se abbiamo il diritto di togliere la vita in determinate circostanze;

3-Se abbiamo il diritto di toglierci la vita per la giusta causa;

 

 

Articolo 1-Se abbiamo il diritto di toglierci la vita in determinate circostanze

Può sembrare che in determinate circostanze la scelta di togliersi la vita sia la soluzione migliore per risolvere i problemi. Infatti:

1-Il dovere secondo gli stoici prevale sulle nozioni di virtù e felicità. Quando le condizioni contrarie all’adempimento del dovere prevalgono su quelle favorevoli il sapiente, secondo l’etica stoica, è tenuto ad abbandonare la vita anche se al colmo della  propria felicità.

2-Secondo gli orfici e i pitagorici l’uomo era inteso come dualità di anima e corpo: la prima concepita come principio divino è immortale, il secondo come involucro mortale o tomba di cui l’anima poteva liberarsi completamente solo al momento della morte.

3-La dottrina catara  predica  un aperto conflitto tra bene e male, quindi tutto ciò che è corporeo e legato al corpo deve essere eliminato in quanto segno del male. Secondo il pensiero cataro, quindi, la vittoria del bene contro il male è la morte poiché essa libera lo spirito della materia. La perfezione per i catari è infatti raggiunta con la morte, spesso attraverso la pratica dell’endura.

 

In contrario:

1- Gli epicurei e la loro dottrina del “quadrifarmaco” sostengono che uno dei ruoli della filosofia come medicina per il raggiungimento della felicità è quello di liberare gli uomini dal timore della morte attraverso la dimostrazione che essa non è nulla per l’uomo poiché “ quando ci siamo noi la morte non c’è; quando c’è la morte, non ci siamo noi”.

2- San Tommaso attraverso il suo ottimismo ontologico rifiuta l’idea dualistica catara per sostenere una forte stima nei confronti dell’uomo.

 

Rispondo

Privare l’anima del proprio corpo non è la soluzione per allontanarsi dal male e risolvere ogni problema. Infatti la stessa morte può essere vista come vittoria del male sul bene che è la vita.

 

Soluzione delle difficoltà:

1-Sebbene molto spesso la nostra anima ci può apparire prigioniera del nostro corpo il suicidio non è la soluzione migliore per liberarla.

2-Suicidarsi è un gesto codardo e privo di coraggio nell’affrontare le avversità della vita. E quindi è meglio affrontare le difficoltà di tutti i giorni piuttosto che essere privi di coraggio.

 

Articolo 2- Se abbiamo il diritto di togliere la vita in determinate circostanze

Abbiamo il diritto di privare un altro essere umano della vita nel caso in cui la nostra o la sua sono in pericolo? Non sempre l’essere umano si ritrova nelle condizioni di poter decretare se la propria vita è degna di essere vissuta oppure se sia meglio porne la fine. Infatti:

1- L’uomo per natura ha paura della morte violenta. Come teorizza il filosofo inglese Thomas Hobbes, nella condizione pre-politica dello stato di natura “homo homini lupus”, ovvero ogni uomo è lupo per gli altri. Infatti “ciascuno è portato a desiderare ciò che per lui è bene e a fuggire ciò che per lui è male e soprattutto a fuggire il maggiore di tutti i mali naturali che è la morte”. Quando l’uomo si sente in pericolo, quindi, per natura tenderà ad auto proteggersi, arrivando anche ad uccidere un altro essere umano.

 

In contrario:

1- John Locke si distacca dalle idee di Hobbes idealizzando tre diritti fondamentali appartenenti ad ogni uomo: la proprietà, la libertà e infine la vita. Quest’ultimo è quindi per Locke un diritto inalienabile. Per Locke l’essere umano può togliersi o togliere la vita, ma non ha il diritto di farlo. Egli infatti scrive: “ essendo tutti uguali e indipendenti nessuno deve danneggiare l’altro nella vita, nella salute, nella libertà e nella proprietà.”

2- L’uomo avverte per natura la sofferenza degli altri. Lo stesso Rousseau, infatti, sostiene che l’uomo prova empatia nei confronti degli altri esseri umani, quindi prova pietà.

 

Rispondo:

Non abbiamo il diritto di togliere la vita agli altri. Infatti ognuno di noi ha gli stessi diritti, quindi non è giusto privare un altro essere umano dei propri diritti.

 

Soluzione alle difficoltà:

1- Nel caso di comportamenti che violano la libertà degli altri o che ne mettono in serio pericolo la vita, un essere umano non deve essere punito con la morte, ma con la reclusione, in modo che egli possa capire e correggere  i propri errori per non commetterli più.

 

Articolo 3-Se abbiamo il diritto di toglierci la vita per la giusta causa

Può sembrare che in determinate circostanze  farci togliere la vita  per portare avanti una causa che ci sta a cuore e non mollare la nostra posizione sia la scelta giusta. Infatti:

1- Acconsentire alla propria morte è testimonianza di  piena fedeltà a se stessi ed ai propri principi. Socrate, infatti, ha preferito bere la cicuta piuttosto che essere esiliato per rimanere fedele alle proprie idee e alle leggi del proprio stato. Egli infatti ritiene che “l’uomo è uomo in quanto legge” pertanto chi rifiuta le leggi del proprio Stato o della propria civiltà cessa di essere uomo.

2- Nonostante l’amore per la vita predomini all’interno dell’animo umano, a volte l’amore per le proprie idee supera quello per la vita e porta l’uomo a fare delle scelte diverse. È il caso di Giordano Bruno che venne arso vivo il 17 febbraio del 1600  dopo essersi rifiutato di smentire le proprie dottrine nonostante i numerosi inviti a ritrattarle.

 

In contrario:

1- Galileo Galilei abiurò e ritrattò le proprie tesi scegliendo di non morire per qualcosa di esatto e di dimostrabile.

 

Rispondo

Bruno e Socrate sono considerati santi nella storia della filosofia poiché testimoni di una fede filosofica che non si fonda su enunciati dimostrabili, ma su pensieri che non possiedono una validità universale, che vivono solo se il pensatore si identifica con essi. Galileo, invece, fonda le sue tesi su idee dimostrabili universalmente, e che quindi non hanno bisogno di una testimonianza diretta.

 

di Gaia Bortolussi 4^E