di Federica Spangaro e Sofia Tosoratti 2^B

Il giorno 15 novembre 2019 le classi 1Alsa, 1G, 2Alsa, 2B, 2F, 4B e 4E del Liceo scientifico Copernico si sono recate presso il cinema “Centrale” di Udine per assistere alla visione del docu-film Antropocene di J. Baichwal e N. de Pencier, riguardante appunto l’antropocene, termine divulgato dal premio Nobel per la chimica atmosferica Paul Crutzen, per definire l’epoca geologica in cui l’ambiente terrestre, inteso come l’insieme delle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche in cui si svolge ed evolve la vita, è fortemente condizionato a scala sia locale sia globale dagli effetti dell’azione umana. L’obiettivo del film è quindi quello di approfondire, anche se in modo limitato, l’impatto dell’uomo sul pianeta, sia in termini di scavi ed estrazioni, sia dal punto di vista delle conseguenze che colpiscono la fauna e portano piano piano verso il cambiamento climatico.
Approssimativamente si può far coincidere ‘inizio dell’era con la rivoluzione industriale del XVIII secolo, per arrivare fino ai giorni nostri, in questo intervallo di tempo è iniziato il forte incremento delle emissioni di gas nocivi nell’atmosfera. Per affrontare ciò, i registi, accompagnati dal fotografo E. Burtynsky, propongono le
seguenti tematiche: estrazione, terraformazione, tecnofossili, antropoturbazione, cambiamenti climatici ed estinzione. Da questi numerosi argomenti ne abbiamo selezionati alcuni che sembrano essere stati quelli più apprezzati dai ragazzi. Dopo l’apertura del film in cui compaiono diverse colonne di zanne di elefanti sottratte ai bracconieri, che ardono di fronte agli occhi attenti del pubblico, ha inizio il capitolo riguardante l’estrazione. Questo ci mostra la squallida cittadina siberica di Norilsk, dove tutto ruota intorno all’industria che priva gli abitanti degli spazi verdi. Si viaggia fino in Italia, per arrivare alle cave di marmo di Carrara, dove le macchine
aumentando le prestazioni, automaticamente aumentano lo sfruttamento della montagna da cui si estrae. Successivamente vengono mostrate le vasche di evaporazione del litio in Cile.
In seguito si giunge al capitolo dei tecnofossili. Un ragazzo canta tra i cunicoli della discarica più estesa sul pianeta, quella di Dandora, che conta un flusso di 2.000 tonnellate di rifiuti al giorno dove lavorano 10.000 persone. Il cambiamento climatico viene poi ricordato mostrando un impianto di raffinazione a Houston in Texas (Stati Uniti), segue la barriera frangiflutti che serve a proteggere la Cina dall’innalzamento dei mari, la graduale scomparsa della barriera corallina e lo sbiancamento dei coralli dovuto all’acidificazione degli oceani.
Da come si può dedurre, il docu-film non segue un filo logico continuo, ma è diviso in diverse sezioni. Il lavoro effettuato per questa pellicola vuole essere principalmente incentrato sull’impatto visivo, accompagnato da suoni, ma allo stesso tempo dal silenzio che di tanto in tanto coinvolge chi guarda ancora più di quanto spesso riesca a fare una qualsiasi colonna sonora. Una caratteristica importante è il fatto che non trasmette alcun giudizio, ma è un’attendibile fonte espositiva da cui ognuno trae le proprie considerazioni.

Tuttavia il docu-film presenta alcune lacune anche dal punto di vista dei contenuti scientifici forniti dalla voce narrante; infatti concentrandosi eccessivamente sull’impatto visivo, la pellicola si realizza su un’idea molto approssimativa delle problematiche attuali. Anche i ragazzi l’hanno confermato durante il dibattito avutosi in seguito, sostenendo che non tutto ciò che era stato detto li aveva particolarmente colpiti e che il film non li aveva coinvolti per tutta la sua durata. La grande quantità di argomenti ha probabilmente determinato un’ informazione superficiale, pertanto sarebbe stato necessario ampliare la trattazione di alcune tematiche, tralasciandone altre di minore importanza, oppure approfondire meglio quelle di cui non si sente parlare spesso.