di Pierluigi Maranzana 2 Alsa
“Tutu-tutu-tutu-tutu….”
Con il battito cardiaco inizia la vita umana.
Con un battito cardiaco si apre “Dark Side of the moon” dei Pink Floyd, uno dei dischi più influenti e migliori del secolo scorso.
Ma torniamo un attimo indietro: è il 1971 ed i Pink Floyd, gruppo rock britannico capitanato da Roger Waters (basso) e composto da David Gilmour (chitarra), Richard Wright (tastiera) e Nick Mason (percussioni), hanno appena pubblicato il loro settimo lavoro in studio (“Meddle”, un altro capolavoro) e si accingono a partire per il tour promozionale del disco. Durante i concerti la band iniziò a lavorare sui prototipi delle tracce del futuro “Dark Side of The Moon”.
I pezzi vennero poi migliorati e raffinati durante il Dark Side of the Moon Tour, per poi essere registrati in due sessioni (tra il 1972 ed il 1973) presso gli Abbey Road studios a Londra; il disco fu infine pubblicato il 1 marzo del 1973. Questo processo di registrazione è veramente peculiare rispetto agli altri album di quegli anni ma anche dei giorni nostri: infatti di norma un disco viene prima registrato per poi essere suonato in un tour promozionale dal vivo, prassi che la band inglese stravolge completamente restando, in qualche modo, coerente con il tema della follia poi inciso sul disco.
Ancora due parole prima di addentrarci nella vera e propria analisi di quest’opera.
Oltre alle musiche anche la copertina è divenuta iconica: il prisma trasparente che divide il raggio bianco nei colori dell’arcobaleno è un’immagine che è impossibile non abbiate visto. Anche la nostra scuola ne è tappezzata, infatti, anche se non è presente la vera e propria copertina del disco, il prisma che divide il raggio di luce è appeso sulle porte dei laboratori di fisica.

Un’altra postilla riguarda il titolo “Il lato oscuro della luna”, che rappresenta alla perfezione il contenuto del disco, cioè quello che sfugge dall’ordinario, dal normale, per poi sfociare nel folle e dell’incomprensibile; proprio come nel cosiddetto “lato oscuro della luna”, faccia non visibile dalla superficie terrestre, quindi lontana dal nostro occhio.
Bene, fatte queste importanti premesse di carattere floydiano, possiamo addentrarci più in profondità, nelle viscere di questo monumento della musica.
“Dark side of the moon” è un concept album della durata di 42 minuti e 35 secondi, diviso in 10 tracce (5 per lato del vinile). Come altri dischi dei Pink Floyd, è composto da tracce tutte collegate tra loro, senza intervalli (a parte quando si passa da The Great Gig In The Sky a Time, visto che bisogna cambiare lato del disco) .
Concepimento e temi
L’idea viene al bassista del gruppo Roger Waters, che decide di scrivere su cartoncini colorati delle domande che spaziano tra i temi più disparati, da “qual è il tuo colore preferito?” a “hai paura della morte?”, ed iniziò a distribuirli alle persone presenti negli studi di Londra, registrando vere e proprie interviste.
“Le persone non abituate ad essere intervistate sono quelle che dicono le cose più interessanti.” (David Gilmour chitarrista del gruppo)
Dalle risposte dei presenti, il gruppo prese spunto per i temi del disco, inserendo questi intermezzi parlati fra le canzoni.
“The Dark Side of the Moon era un’istanza di empatia politica, filosofica e umanitaria che chiedeva disperatamente di venir fuori.” ( Roger Waters basso dei Pink Floyd)
DSoTM è un concept album, cioè un album i cui testi vertono sullo stesso argomento, in questo caso quello della follia, dell’irrazionalità, della pazzia, concetti molto complessi che, come vedremo durante l’analisi delle tracce, incidono su molti aspetti della vita umana: i soldi, il razzismo, il tempo che passa e la paura di morire, ma anche temi più comuni, come la paura di volare.
Figura importante per i temi del disco è il fondatore ed ex frontman del gruppo: Syd Barrett. Dopo l’uscita del primo disco dei Pink Floyd nel 1967, Syd impazzì (visto lo spropositato consumo di droghe psichedeliche e i problemi mentali) e finì per essere cacciato via dalla band. Alla mancanza di questa figura e alla sua importanza per il gruppo i Pink Floyd hanno dedicato l’album “Wish you were here” del 1975. Proprio la follia di Syd ha segnato in modo profondo il disco: tutte le tracce collegate al tema della follia (come “Brain Damage”) sono dedicate ed ispirate alla sua storia.
Le tracce di The Dark Side of the Moon
L’album è composto da 10 tracce ognuna collegata, sia musicalmente che tematicamente, alla precedente.
Le 10 tracce sono:
- “Speak to me”: la traccia che apre il disco non è un vero e proprio brano musicale, infatti è un collage di suoni e voci. Il brano costituisce una vera e propria ouverture al disco: sono presenti elementi provenienti da quasi tutte le tracce successive del disco (urlo da “The great gig in the sky”, ticchettio da ”Time”, risata da “Brain damage”, ecc.);
- “Breathe (in the air)”: questo brano è il diretto seguito della suite di apertura del disco e tratta temi quali il riposo dopo una fatica, cioè quello di una donna che, dopo aver partorito, ammira il proprio figlio. La seconda parte esplora l’accezione negativa del riposo, utilizzando la metafora del coniglio: esso, infatti, dopo aver scavato una buca, si appresta ad iniziarne un’altra, portandosi sempre più vicino alla tomba; sia questa che la traccia precedente parlano, anche, degli aspetti futili (come i soldi per esempio) e mondani della vita.
- “On the Run”: l’assoluto protagonista del brano è il sintetizzatore VCS3 che in questa traccia imita il rumore del motore di un aereo. Il tema è, infatti, la paura e lo stress provocati dall’aereo soprattutto a Roger Waters.
- “Time”: il brano è uno dei pochi del gruppo a portare la firma di tutti e quattro i componenti. Inizia placidamente, per poi svegliare l’ascoltatore con ticchettii di orologi e sveglie sparate a tutto volume (secondo me con questa scelta volevano comunicare l’idea che “hai ancora poco tempo” e pensieri simili, svegliando, in senso sia figurato che letterale, l’ascoltatore). Il tema del brano è quello di come il passare del tempo può influire sulla vita delle persone, portandole anche a fare gesti folli.
- “The Great Gig in the Sky”: questo è assolutamente un brano atipico, infatti inizia con i lamenti della tastiera di Wright per poi passare ai veri e propri lamenti della cantante assoldata per l’occasione, Clare Torry. Il gruppo disse alla giovane di cantare pensando alla morte, tema centrale del brano rappresentato in modo perfetto . Descrivere a parole la canzone è veramente difficile, quindi vi consiglio di ascoltarla e poi rileggere questo trafiletto: tutto sarà molto più chiaro. Questo brano, secondo me, è il più iconico e rappresentativo dell’album proprio per la sua irrazionalità e peculiarità. Ѐ presente, inoltre, la registrazione di una delle interviste di Waters; il frontman del gruppo chiede al portiere degli studi di Abbey Road: “Hai paura della morte?” ed egli dà una risposta semplice, azzeccata ma, allo stesso tempo, di difficile comprensione e ancor di più di difficile accettazione: “I am not frightened of dying”/ There’s no reason for it, you’ve gotta go sometime” (non ho paura della morte/ non c’è nessuna ragione per cui ne abbia paura dovrò andare prima o poi).
- “Money”: il lato B del disco si apre con uno dei pezzi più famosi del gruppo, introdotto da un riff di basso che, in seguito, diventerà leggendario. Come si può intuire dal titolo, si parla di soldi. Il bassista del gruppo, unico compositore della canzone, critica in modo ironico l’eccessivo attaccamento al denaro. Il brano è principalmente in tempo di 7/4, un tempo raro nelle composizioni rock di quel periodo; Inoltre, come nella traccia Us and Them, viene suonato un assolo di sax. Soprattutto all’inizio, per alludere in modo ancora più convincente al denaro, sono presenti suoni di registratori di cassa che si aprono e chiudono e di monete sonanti.
- “Us and Them”: il tema centrale è quello della guerra, soprattutto nei paesi più poveri, ma anche quello dell’etnocentrismo, cioè il porre la propria etnia al di sopra delle altre sentendosi, perciò, superiori. Altro aspetto trattato è quello del rapporto con gli altri. A circa metà del brano, come già accaduto in Money, è presente un bellissimo assolo di sax.
- “Any color you like”: il brano, completamente strumentale, viene usato come ponte fra la traccia precedente e quella successiva, dando al lato B del vinile la stessa continuità musicale di cui gode il lato A. La canzone si basa su due accordi di tastiera su cui si sovrappongono improvvisazioni di sintetizzatore e chitarra elettrica.
- “Brain Damage”: la penultima traccia del disco è sicuramente la mia preferita. Il brano viene introdotto da un delicato arpeggio della chitarra di Gilmour, al quale, dopo pochi secondi, si aggiunge la voce di Waters che esplode, poi, nel ritornello composto interamente da accordi maggiori nel quale di vede l’ingresso del coro. la canzone è palesemente dedicata ed ispirata a Syd e , soprattutto, ai suoi disturbi mentali.
- “Eclipse”: chiude il disco riassumendo perfettamente, con una metafora, il significato intrinseco dell’intero album: And everything under the sun is in tune/ But the sun is eclipsed by the moon: tutto quello che è sotto il sole è in sintonia, ma il sole è eclissato dalla luna. Il sole rappresenta la ragione e la luna la follia. Con questa metafora vuole alludere ad un’impossibilità di scappare dalla follia. La traccia, e di conseguenza anche il disco, si chiude con un battito cardiaco.
Ci sarebbero ancora migliaia di considerazioni da fare e potremmo stare qui mesi a parlare di questo monumento ma, purtroppo o per fortuna, ho uno spazio limitato. Spero di avervi incoraggiato ad ascoltare il disco (tra l’altro il vinile costa veramente poco se volete avere un’esperienza completa all’ascolto) oppure, se lo conoscevate già, di avervi fornito qualche curiosità o una diversa chiave di lettura.
A rileggerci
“Tutu-tutu-tutu-tutu….”
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