di Sara Dominissini

Ciò che più mi ha arricchito durante il viaggio in Grecia non è stato salire i gradoni del maestoso teatro di Epidauro, nemmeno soffermarmi ad osservare la perfetta proporzione armonica delle statue conservate nei musei o godermi la natura selvaggia, ma gentile, che avvolge il tempio di Poseidone a Capo Sunio -un luogo magico-; ciò che davvero porterò dentro è stato poter condividere del tempo con vecchi e nuovi amici; conoscerli e osservarli mi ha mostrato cosa voglia dire la frase retorica “la diversità è ricchezza”, perché ognuno di loro era profondamente diverso da me e da tutti gli altri, eppure l’incastro di persone così eterogenee, con le loro storie, il loro bagaglio, le loro paure e le loro speranze mi ha fatto comprendere l’importanza di “Diventare ciò che si è realmente” (un insegnamento emblematico di Nietzsche).

In questi anni ho conosciuto una persona molto saggia che mi ha dimostrato come uno dei compiti spirituali di noi esseri umani è proprio mettere a fuoco le parti di noi che sono autentiche e genuine, spogliandoci via via di quelle false che non ci rappresentano, che adottiamo per compiacere gli altri e non per essere fedeli a noi stessi.
Prima o poi nel nostro tortuoso cammino di crescita dobbiamo attuare una ricognizione di noi stessi e le radici di questo concetto affondano proprio nella cultura greca: l’oracolo di Delfi recita “Conosci te stesso”, e conoscersi è la prima e indispensabile condizione per diventare se stessi.
Conoscendo le proprie potenzialità, la propria virtù, ciò per cui si è nati (che i greci chiamavano archè) e riuscendo a far fiorire la propria vera natura si diventa se stessi, al di là dei canoni sociali, dei modelli che altri prestabiliscono per noi: solo così si riesce ad essere realmente felici.
Penso che sia questa la ragione dei sorrisi che illuminano i nostri visi nei vari siti archeologici, durante gli spostamenti in pullman, nei musei e all’arrivo negli hotel: eravamo felici di poter essere noi stessi insieme agli altri e di poter essere accolti e apprezzati così come siamo.
Forse tutto questo, cioè lo stare bene insieme, è ancora più suggestivo delle meraviglie che abbiamo visitato.
Ci siamo ritrovati nella culla di ciò che ci caratterizza come uomini: il nostro modo di pensare, di essere, la nostra cultura e l’esigenza di riflettere e unirci, tutto questo di fatto è ciò che ci distingue dagli altri esseri viventi, ciò che ci rende essere umani.

Da questo punto di vista l’imponente teatro di Epidauro, con la sua acustica superlativa, è emblema della capacità dei greci di fondare una cultura  destinata a risuonare lontano nei secoli, in grado di tramandarsi fino a noi ponendo le basi della nostra stessa cultura.
La Grecia da quando sono bambina l’ho sempre romanzata: per anni ho fantasticato su queste immense costruzioni armoniche che scorgevo nelle illustrazioni dei libri, sulle statue perfette e candide, sulla ricchissima tradizione mitologica, sulle eroiche imprese belliche di cui Leonida è simbolo, sulla raffinatezza di un popolo che ha inventato la filosofia e la politica; tuttavia la realtà non si esaurisce in questa narrazione idilliaca.
Nonostante la magia di camminare in quei luoghi splendidi, spesso ho sentito la mancanza di quello spirito antico e suggestivo che animava il mio immaginario da bambina e che ha reso memorabili quei luoghi.
Non solo: penso che i gatti randagi che vagano liberamente per i siti e per le città, che ci hanno accompagnati e intenerito durante il viaggio, incarnino uno stato di perdita di controllo e, in fondo, di abbandono, che ha investito la Grecia di oggi, la Grecia moderna.
La sensazione che ho avuto, in antitesi con lo stupore per la bellezza senza tempo dei resti di quella antica civiltà, è che la Grecia abbia temporaneamente esaurito la sua grandezza; penso che, ripercorrendo il suo passato tappa dopo tappa, ci siamo arricchiti e, al contempo nel nostro piccolo, riscoprendo quella bellezza, le abbiamo reso giustizia; quella di cui parlo è una bellezza che la modernità ha celato, ma di cui, un giorno, ne sono convinta, la Grecia si riapproprierà.
Magari quel giorno ci ritroveremo tutti di nuovo lì, insieme, per riscoprirla di nuovo (riscoprendo così anche un po’ noi stessi).