Il cielo è coperto ed il tempo è ventoso quando le quattro corriere cariche di studenti lasciano Atene. La direzione è quella di Epidauro, un paese sulla costa orientale del Peloponneso che raggiungiamo costeggiando baie e uliveti.
Il sito che ci interessa è quello dell’antico santuario di Asclepio, affiancato da uno dei più conosciuti teatri dell’antichità che porta il nome dello stesso paese, tuttora famoso per la sua portentosa acustica.
La visita parte proprio da questo punto; per la prima volta possiamo accedere agli spalti, poiché la struttura è correntemente utilizzata per varie rappresentazioni.
Dall’alto dell’enorme anfiteatro naturale in cui il teatro è incastonato, ciascuno spettatore può godersi il panorama collinare del Peloponneso: l’architetto Policleto il Giovane, infatti, aveva previsto la noia degli spettatori costretti ad assistere a non meno di dieci ore di spettacoli al giorno, pertanto si era premurato di riservare loro la possibilità di distrarsi lasciando vagare lo sguardo oltre l’orchestra.
Quello che stupisce di più non è il fatto che da ciascuno dei 15 000 posti del teatro si possa sentire chiaramente il suono di una moneta lasciata cadere al centro dell’orchestra, ma la sensazione di trovarsi nel posto in cui l’uomo si reca per godere dell’arte da almeno ventiquattro secoli. Ci sentiamo degli ospiti, ma riconosciamo di trovarci al nostro posto, come parte del pubblico immenso che è passato di qui. In fondo, come nota qualcuno, non ci sono grandi differenze fra la nostra sensibilità e quella di chi ha assistito alla prima rappresentazione in questo stesso teatro: più che immaginare un tuffo nel passato, percepiamo l’eternità dell’animo umano.
Un’idea simile viene suggerita dal santuario, un luogo di guarigione, simbolo di speranza e meta di pellegrinaggi.
L’empatia che si prova spontaneamente per i malati passati di lì così tanti secoli fa è suscitata dalle testimonianze di guarigioni lasciate impresse sui muri degli edifici. Le conoscenze mediche applicate lasciano certamente a desiderare – infatti è noto come guarigioni e sogni fossero veicolati dalla suggestione – tuttavia la speranza di un miglioramento e il desiderio di guarigione sono sentimenti comprensibili e attuali.
Dopo le zone dedicate all’accoglienza dei pellegrini e al sonno sacro (momento in cui il dio si manifestava dando le precise indicazioni terapeutiche) visitiamo gli ambienti più sacri, che sono stati parzialmente ricostruiti per aiutare l’immaginazione. Attraversato il tempio e immaginato labirinti bui popolati da serpenti, facciamo una pausa in una delle zone verdi del sito per ascoltare i brani proposti dal gruppo teatrale, potendo solo immaginare di trovarci ancora nel teatro.
Di tutti i luoghi che abbiamo visitato, Epidauro è stato forse quella che più ci ha fatto capire quanto la civiltà ellenistica fosse vicina a noi. Sono cambiate le ambizioni, la scienza, le tradizioni, ma l’essere umano è rimasto lo stesso: proviamo ancora la stessa gioia e lo stesso dolore di chi ha riso in quel teatro e patito in quel santuario.
Clarissa Zuiani 5^E
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