della classe 3^E
Percorso filosofico attraverso i dialoghi di Platone
A gennaio è iniziato un nuovo progetto di approfondimento filosofico, ideato e promosso dal Dipartimento di Studi umanistici e del Patrimonio culturale (DIUM) dell’Università di Udine per la Rete di Filosofia e degli Studi umanistici. Il nostro Liceo ha accolto la proposta organizzando alcune lezioni rivolte alle classi del triennio, su temi scelti dal Dipartimento di Filosofia insieme ai docenti universitari coinvolti.
La prima di queste lezioni, sul tema “Il bene e l’essere nella filosofia di Platone”, è stata presentata agli allievi delle classi terze da Salvatore Lavecchia, professore associato di Storia della Filosofia antica presso l’Università di Udine.
Dal Buoi della Caverna
Il professore ha iniziato la sua conferenza partendo dal mito più conosciuto di Platone, il mito della caverna, dove il Sole è l’allegoria del Bene supremo.
Il Sole infatti non può essere immaginato senza calore e senza luce, perciò è equiparazione di luce ed essere, di vita. Secondo il filosofo, infatti, la nostra stella non è fine a se stessa ma è manifestazione, comunicatività che viene trasmessa tramite calore e luce. Dunque il Sole è l’immagine autentica dell’origine dell’essere, la radice della realtà in tutte le sue dimensioni e suo fondamento.
Il Bene nel Timeo
Spostandosi al mito del demiurgo, appartenente al Timeo, il professor Lavecchia ha esposto come Platone abbia descritto l’origine e la creazione dell’universo.
L’enorme sfera che costituisce il nostro mondo, secondo Platone, è infatti stata plasmata dal demiurgo, un divino artefice, poiché quest’ultimo è buono, partecipe, in modo pieno, di armonia e bellezza.
Come ha affermato il docente, essere buoni significa essere capaci di donare il Bene di cui si è partecipi senza desiderare nulla in cambio e senza provare invidia verso nessuno. Ed è proprio ciò che fa il demiurgo: dona il suo bene al caos, il vuoto primordiale, grembo di tutte le possibilità dell’essere.
Il dono è la manifestazione infinita di questa realtà che è il Bene: questa divinità ha voluto generare uno spazio infinito affinché qualcosa si manifestasse. Il Bene è infatti impulso a donare autonomia a qualcosa, un impulso libero e privo di costrizioni.
Lavecchia ha precisato come il Bene supremo non sia una norma o un concetto a cui bisogna ubbidire passivamente: il Bene è anche pienezza della libertà, dell’essere capaci di determinare il proprio destino.
Il divino artefice è un essere dotato di intelligenza, capace di determinare autonomamente la propria vita. Dona questa caratteristica all’universo, che diventa autosufficiente, non necessita cioè di nulla per vivere (l’universo platonico viene descritto come un organismo cosciente, circondato da un’enorme anima), diventando a sua volta una realtà felice.
Il professore ha però ricordato come per i Greci non esistesse una creazione, ma solamente l’origine delle cose; soltanto nell’alto Medioevo venne proposta una distinzione fra creazione e generatività. Da quest’ultima (poiesis in greco) la creazione infatti si differenzia poiché la prima non è deducibile da un’altra realtà: la creazione è una generatività dal nulla, senza alcun condizionamento.
Le idee e il Bene
Passando al VI libro della Repubblica, Lavecchia ha illustrato una comparazione fra la luce e l’essere: l’essere e la realtà vengono entrambi pensati come luce, non solo fisica, ma anche noietica, ideale.
Le idee (noeta in greco) sono il modello del demiurgo, oltre che l’oggetto del nous, il dio intelligente e ordinatore teorizzato da Protagora. Idea, come ha spiegato il professore, letteralmente significa “ciò che si vede con gli occhi dell’anima, ciò che si manifesta” e per questo è un aspetto del Bene. Essa è un universale dinamico, luminoso e pure una realtà generativa: è il manifestarsi del Bene nella sua forma più elevata.
Il Bene supremo, quindi, è il mondo delle idee e il loro manifestarsi. Le idee e la verità sono sullo stesso piano: sono tutt’uno. Infatti verità, alétheia in greco, letteralmente significa “non nascondimento” e perciò indica il manifestarsi di tutte le cose.
L’origine stessa dell’essere è vista da Platone come dialogo e relazione. Infatti il Bene non si può pensare senza relazione, poiché quest’ultima fonda autonomia e libertà, oltre ad essere relazione armonica con la realtà.
Il Bene nel Simposio
Nell’ultima parte della conferenza è stato trattato il Simposio, dialogo in cui il tema sviluppato è la vera natura dell’Eros.
La conclusione a cui si giunge nel dialogo è che l’amore sia impulso a generare nel bello, quindi il manifestarsi del Bene come forma di generatività.
L’Eros è impulso di una volontà verso una determinata direzione, quella del generare possibilità per arrivare al Bene: l’amore è il tentativo di riempire il vuoto negli altri, lo stesso che fa il demiurgo con il vuoto caotico.
Come ha spiegato il professore, è per questo che ogni persona cerca di donare, in ricordo dell’impulso originario della generazione di tutte le cose.
L’unione per Platone genera virtù, che è generazione armonica della realtà, e per questo Eros non può derivare dalla mancanza, come invece argomenta Aristofane con il mito degli Androgini, bensì dalla pienezza.
Anche nel mito della caverna la compassione del prigioniero uscito da quell’ angosciante luogo è una forma di amore per coloro che vi sono ancora incatenati. Inoltre lo schiavo liberato non è affetto da alcuna mancanza, avendo scoperto la vera realtà all’infuori della grotta: un’altra prova che l’amore non è la ricerca della pienezza.
Lavecchia ha ricordato come la differenza fra Agape ed Eros non venga definita concretamente nel Simposio, come del resto in molte altre opere non solamente platoniche. L’Eros infatti consiste nella generatività fisica dell’amore, l’Agape invece nella sua forma più spirituale e interiore.
Perché non l’acqua?
Alla fine della conferenza uno studente ha posto un’interessante domanda: “Perché Platone utilizza il Sole , e non ad esempio l’acqua, come origine dell’essere?”. Lavecchia ha allora esposto tutte le possibilità che Platone avrebbe potuto utilizzare come idea del Bene, spiegando il motivo di tale scelta: Platone ha scelto il Sole perché voleva mettere in risalto la generatività tramite una sfera indefinita delle possibilità dell’essere. Per Platone infatti il Bene non si manifesta solamente come idea intellegibile, ma anche come nous, andando ad identificare una coscienza del Bene nell’essere.
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