di Ginevra Beltrame 5^D
Traccia n.4
In un mondo oggi più che mai segnato dal ruolo predominante della scienza e dell’innovazione tecnologica, è compito della filosofia quello di avviare un dialogo più stretto con queste discipline. Si tratta infatti di un cammino che può portare a migliorare la comprensione della realtà che ci circonda ma anche a contributi sorprendenti e inaspettati nel campo della ricerca più all’avanguardia.
L’epoca storica che ci troviamo ad abitare è, più di ogni altra, caratterizzata da una crescita esponenziale del progresso scientifico e tecnologico in tutti i campi del sapere. Appare dunque necessario, come mai prima d’ora, rivolgere alla scienza un’attenzione di tipo filosofico, e analizzarla in quanto parte integrante della vita di ogni essere umano e in quanto causa di profondi e rapidi mutamenti sociali, culturali e persino biologici.
Due sono i principali punti di vista da cui una tale indagine deve partire. In primo luogo occorre prendere in considerazione l’aspetto “teoretico” del rapporto tra filosofia e sapere scientifico, che riguarda i grandi interrogativi irrisolti posti dalla scienza sull’origine e sui fondamenti stessi della realtà che conosciamo, domande senza risposta da millenni, ma che i più recenti sviluppi della ricerca riportano alla ribalta.
Secondariamente, ma non per importanza, viene il tema anch’esso millenario dell’uso che l’uomo fa del proprio sapere sulle leggi della natura. È infatti impossibile scindere lo studio di qualsiasi aspetto del nostro mondo dal modo in cui la conoscenza acquisita verrà applicata e impiegata, modificando inesorabilmente e senza possibilità di ritorno il rapporto che abbiamo con le sfide che proprio il mondo ci presenta. Proprio per questo è quindi indispensabile che si parli di un’etica della scienza, fondata sul presupposto della tutela dell’individuo, anche contro il prodotto del proprio stesso genio creativo.
Il brano di Albert Einstein tratto dall’opera “Fisica e realtà” mette in evidenza l’alternanza di periodi storici caratterizzati dalla certezza scientifica “di avere a propria disposizione un solido sistema di concetti e leggi basilari così ben fondate da essere inaccessibili al dubbio” ed epoche segnate invece dal dubbio e dall’insicurezza. Alla prima categoria appartengono sicuramente i momenti in cui la religione sembrava fornire tutte le risposte di cui la società avesse bisogno, che risultarono in una sostanziale fossilizzazione della ricerca riguardante l’Universo, l’origine della vita e della coscienza umana, temi tuttora attuali ma la cui indagine poteva costare la vita in una comunità assoggettata alla Chiesa, come dimostrano i celebri casi di Galileo e Giordano Bruno. È invece durante le più profonde crisi che la creatività umana trova il terreno più fecondo per esprimersi e che l’assenza di certezze spinge l’intelletto verso confini inesplorati. E procedendo nella ricerca, appare chiaro come quelle che parevano essere basi solide e intoccabili siano in realtà evanescenti, mutevoli, cangianti, mentre le teorie più accreditate, quando non frutto di presupposti completamente errati, vengono ridotte a meri casi particolari di un sistema più grande e ancora tutto da scoprire.
Esempio principe di questa situazione è proprio la grande rivoluzione che Einstein compì nell’ambito della fisica, rimasta ancorata fino ai primi anni del XX secolo al modello della dinamica newtoniana. Con la sua teoria della relatività generale lo scienziato scardinò quella che si riteneva una verità ormai assodata e diede inizio ad una nuova era, in cui il rapporto tra fisica e filosofia si è fatto con il passare degli anni sempre più stretto. Oggi è infatti chiaro come le nuove frontiere della ricerca in fisica pongano questioni sempre più somiglianti alle domande dei pensatori presocratici sulla natura dell’Essere e dell’Infinito, che la filosofia occidentale ha dimenticato nei secoli in favore di un soggettivismo forse troppo autoreferenziale. Ambiti di studio come l’astrofisica e la fisica delle particelle elementari indagano temi che mai prima d’ora sono stati considerati attinenti a una disciplina scientifica, quali l’origine della materia, l’esistenza di forme di vita che nulla hanno a che fare con il nostro pianeta, la natura del tempo e dello spazio che costituiscono la trama dell’Universo in cui viviamo e gli schemi basilari della nostra percezione.
Si rende proprio per questo necessaria una convergenza tra la fisica, o più in generale l’indagine scientifica della natura, e il pensiero filosofico, una collaborazione che non può che rivelarsi proficua per entrambe le parti. La scienza offre infatti alla filosofia nuovi spunti e ambiti di riflessione, nonché chiavi di lettura originali a questioni già prese in esame da molteplici pensatori. Si potrebbe forse affermare persino che la filosofia si serve delle nuove scoperte scientifiche per rimanere attuale, dinamica e proiettata verso i temi di maggiore rilevanza per la propria epoca e non perda la capacità di fotografare il mondo che la rende strumento di analisi per eccellenza della condizione umana. Parallelamente, la scienza trae giovamento dall’essere posta sotto la lente d’ingrandimento della filosofia, che ne può evidenziare i difetti strutturali, spingerla a migliorarsi e impedirle di dimenticare i propri obiettivi fondamentali.
Scienze naturali e filosofia si incontrano inoltre sul piano del ragionamento logico- deduttivo, caratteristica fondamentale per ogni disciplina che ha come obiettivo la ricerca della verità e che necessita quindi di un rigore e di una coerenza che mirano a impedirne la confutazione e allo stesso tempo la rendono potenzialmente possibile a chi dispone degli strumenti conoscitivi adeguati e si trova perciò in grado di migliorare, rinnovare ed aggiornare un modello esistente.
Questa sinergia diventa utile soprattutto quando ci si spinge verso gli ignoti e misteriosi confini del sapere scientifico, quelle frontiere altamente all’avanguardia presso cui il ricercatore non può che procedere a tentoni. Qui ogni passo è da compiere con estrema cautela poiché gli indizi sul risultato finale di ogni esperimento sono di regola molto incerti, e ogni teoria che viene azzardata dallo studioso è quasi certamente destinata ad essere messa in discussione dalla prova dei fatti. Situazioni di questo genere sono particolarmente frequenti nella nostra epoca a causa sia del ritmo elevato e in continua accelerazione a cui si muove la scienza, sia della distanza enorme rispetto al punto di partenza della nostra percezione sensoriale a cui ci troviamo ormai a lavorare. Nulla di quello che la fisica moderna studia rientra infatti nel limitato punto di vista dell’essere umano, confinato dal proprio corpo in un orizzonte spazio-temporale estremamente ridotto rispetto alle scale di grandezza che l’intelletto della sua specie è riuscito ad abbracciare. Dal mondo infinitamente piccolo delle particelle subatomiche a quello infinitamente grande delle galassie più remote, da eventi che accadono in miliardi di anni, come la progressiva espansione dell’Universo, all’istante impercettibile necessario a un fotone per viaggiare fino all’altro capo della Terra, siamo giunti a immaginare e provare l’esistenza di una realtà che si estende oltre ogni possibile interazione con la nostra quotidianità.
Ma le scoperte scientifiche, benché possano a prima vista apparire dettate solo dall’insaziabile curiosità umana, non si riducono a una mera soddisfazione della nostra sete di conoscenza, né a un sapere puramente intellettivo e privo di risvolti pratici. Come afferma Martin Heidegger, l’essenza dell’uomo, il suo esserci-nel-mondo, non può prescindere dalla progettualità e dall’utilizzabilità che la caratterizzano, e proprio per questo fin dall’antichità più remota la figura dello scienziato è accostata a quella dell’inventore, che oggi chiameremmo ingegnere, in grado di rendersi utile alla comunità sfruttando le proprie conoscenze teoriche per gli scopi più diversi. E si sa, il principale di questi fini è inevitabilmente quello bellico. Emblematici sono gli esempi storici di Archimede e di Leonardo, studiosi finanziati nelle loro ricerche in cambio di concreti aiuti nel campo dell’ingegneria militare per le città che li ospitavano. Ma ancora più tragico e vicino a noi è l’esempio della Seconda Guerra Mondiale durante la quale proprio Einstein si trova a vivere, segnata dal massiccio impiego di nuova tecnologia e dal ruolo attivo degli scienziati nella messa a punto di ordigni di distruzione di massa quali la bomba atomica e nella violazione dei codici nemici nell’ambito dello spionaggio, come dimostra la famosa vicenda di Alan Turing e della macchina Enigma. Di fronte a casi come questi la filosofia non può restare indifferente né evitare di domandarsi se ci siano dei limiti a quello che la scienza può contribuire a creare.
In conclusione, ora più che mai è attuale l’esigenza di un rapporto solido tra scienza e indagine filosofica, che getti le basi dei futuri sviluppi di entrambe queste discipline e che permetta il loro arricchimento reciproco.
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