di Alessandro Nadalin
La guerra in Ucraina non è l’unica questione geopolitica di cui si parla al giorno d’oggi, infatti, se nell’Est Europa si combatte sul campo, nell’Indo Pacifico si combatte economicamente.
Sono anni ormai che la Cina e gli Usa si contendono il primato di maggior potenza economica mondiale e questo scontro è stato caratterizzato da escalation diplomatiche e spionaggio.
E’ infatti notizia recente che un pallone-spia cinese sia stato individuato sopra i cieli americani mentre sorvolava una base militare americana che si dice contenga anche armamenti nucleari. La Cina ha riferito che il pallone non aveva l’intento di spiare ma di studiare fenomeni meteorologici e che l’ingresso nello spazio aereo americano sia stato un caso, ma l’America non ha creduto a queste affermazioni e, dopo diverse discussioni, il presidente Biden ha dato l’ordine di abbattere l’oggetto. In seguito i pezzi del pallone sono stati recuperati per accertamenti. La Cina ha protestato per l’abbattimento e ora le tensioni tra i due paesi si sono rialzate.
Ma su chi si riversa questa lotta economica?
Beh, al centro dello scontro vi è il piccolo stato di Taiwan. Taiwan non viene riconosciuta a livello internazionale e viene considerato territorio cinese, ma la verità è che la Repubblica Popolare Cinese, per quanto la desideri, non ha il minimo controllo sui territori di Taipei.
Ma come ha fatto un piccolo territorio a rendersi indipendente da Pechino? E’ simile al Donbass ucraino?
No. Pechino afferma che l’isola è storicamente territorio della nazione, ma la realtà è che Taiwan fu persa dopo l’occupazione coloniale da parte dei Giapponesi, che ne rimasero in possesso fino al 1945, quando, dopo la resa dell’Impero giapponese successiva allo sgancio delle atomiche, l’isola divenne terra di nessuno. Tre anni dopo fu nuovamente popolata e fu occupata dal resto del partito nazionalista cinese, in fuga dopo la sconfitta nella guerra civile contro i comunisti guidati da Mao Tse-Dong. Come la repubblica Popolare Cinese, anche Taiwan ricreò un forte apparato economico, che al giorno d’oggi vanta una delle economie più stabili del mondo. Dagli anni ‘40 in poi Taiwan ha sempre avuto un grande timore: una possibile invasione da parte della Cina, che da sempre aveva messo gli occhi sulla piccola isola. Per proteggersi il governo di Taipei cercò di allearsi con il grande rivale cinese, l’America, che fin da subito fu disposta a proteggere il piccolo stato. I timori di Taiwan non erano infondati, infatti nella seconda metà del XX secolo la Cina iniziò a mobilitare le forze con l’intenzione di invaderla, ma questo durò poco, perché l’arrivo della marina statunitense fece cambiare idea ai cinesi, che ritennero troppo rischiosa una qualsiasi manovra militare. Nonostante la protezione degli Usa, la Cina non ha mai smesso di puntare alla riunificazione, mentre l’America non ha mai smesso di proteggere e armare il piccolo stato ribelle.
Le motivazioni per cui la Cina vuole mettervi le mani vanno oltre le ragioni storiche, e sono le seguenti tre:
- il primo motivo riguarda il mercato dei microchip che da sempre è fonte di grandi guadagni, infatti la maggior parte della ricchezza del governo di Taipei deriva dalle esportazioni di questi componenti elettronici, perciò mettere le mani su questo mercato per la Cina significherebbe un grande aumento delle entrate, in quanto il mondo si dovrebbe rivolgere direttamente a lei per ottenere i microchip e ciò faciliterebbe la scalata alla vetta come prima potenza economica mondiale
- Il secondo motivo è strategico: al giorno d’oggi tutti i prodotti tecnologici si basano sui microchip. Smartphone, computer, ma anche armamenti e sistemi creati a scopo bellico, usufruiscono di questi piccoli pezzi per funzionare. Da anni l’America sfrutta i microchip di Taiwan per produrre tecnologie belliche, perciò la perdita di questi componenti causerebbe un enorme danno all’apparato tecnologico USA che ne risentirebbe, invece la Cina potrebbe prosperare in quanto danneggerebbe il diretto rivale.
- Anche il terzo è un motivo strategico. La Cina via mare si ritrova accerchiata da un gruppo di paesi appartenenti a un patto anti-Cina chiamato Quad, costituito da Giappone, Australia, Usa e India, e in più, nella zona, vi sono altri paesi filo americani, come la Corea del Sud. La Cina non ha delle vie marittime sicure, in quanto esse ricadono sotto l’influenza dei paesi del Quad, che possono facilmente contenere la Repubblica popolare Cinese. Prendere il controllo dell’isola significherebbe, dunque, la rottura di questo blocco che permetterà alla Cina di espandere la sua influenza oltre il Mar Cinese.
Ciò significa che gli Stati Uniti e gli alleati del Quad sono costretti a difendere la piccola isola, in quanto attorno ad essa gira un’importante parte dell’economia di questi paesi.

Ma che cos’è questo Quad?
Il quad è un patto tra i paesi precedentemente citati, che ha la funzione di contenere l’espansione dell’influenza cinese.Ognuno di questi ha le sue motivazioni per temere la Cina.Il governo di Tokyo teme che la Cina possa imitare le azioni della Russia con l’Ucraina, perciò tiene molto d’occhio la situazione Taiwan-Cina, perché un’espansione dell’influenza cinese oltre a quelli che sono ora i suoi confini avrebbe inevitabilmente effetti negativi sull’economia e sulla posizione geopolitica del paese del Sol Levante.
Il governo giapponese teme fortemente un’azione della Cina nei confronti di Taiwan in quanto le sue industrie tecnologiche, come per quelle statunitensi, dipendono dall’importazione dei microchip dalla piccola isola. Se al giorno d’oggi il Giappone è considerato il paese tecnologicamente più avanzato, una parte del merito è dovuta anche ai microchip taiwanesi. Moltissimi dei prodotti tecnologici creati e commerciati dal paese del Sol Levante dipendono da questi componenti, perciò la perdita di questi costituirebbe un enorme danno per l’economia giapponese che già affronta gli effetti della guerra in Ucraina come molti altri paesi del globo.
Inoltre il Giappone, nel caso la Cina prendesse il controllo dell’isola, si vedrebbe costretto a fare i conti con l’espansione dell’influenza cinese nell’area. Il Giappone teme in particolare di perdere il controllo sui mari da cui passano le linee di approvvigionamento e di comunicazione da cui l’economia del paese dipende fortemente. La perdita delle vie marittime aprirebbe diversi scenari per l’economia del Giappone il migliore dei quali vedrebbe nella migliore delle ipotesi un’economia zoppicante, mentre, nella peggiore, avviata ad una crisi totale.
Un altro paese fortemente interessato a difendere le proprie acque è l’Australia.
Negli anni anche il governo di Canberra ha monitorato con particolare attenzione la situazione della Cina per paura di perdere il controllo delle sue acque.
L’Australia aveva partecipato nel 2007 alla prima versione del quad Quad per il mantenimento della sicurezza della zona indopacifica insieme a USA, India e Giappone, ma, questo progetto in un primo momento si rivelò un fallimento a causa della titubanza di alcuni paesi, in particolare dell’India, che temevano che questa alleanza potesse essere considerata dalla cina un mezzo per minare la sua autorità nella zona, causando ritorsioni della Repubblica Popolare.
Al contrario la Cina non si è mai preoccupata di attuare degli atti di offesa verso questi paesi.
Nel 2017, durante la presidenza Trump, l’idea del Quad venne ripresa proprio dal Giappone che invitò i suoi vecchi alleati a entrare nuovamente nell’alleanza. Questa volta il progetto riuscì e lo stesso governo di Canberra, visto il cambio di visione sul Quad da parte dell’India, decise di parteciparvi attivamente e dal 2017 ad oggi l’Australia rimane membro dell’alleanza
La partecipazione dell’India è dovuta agli interessi economici di Delhi, infatti India e Cina, nonostante le riappacificazioni avvenute negli anni ‘90 e la creazione della Brics (alleanza economica tra Cina, Brasile, India, Russia e Sudafrica), storicamente sono rivali e spesso questa rivalità si è tramutata in alcuni scontri lungo il confine territoriale tra le due potenze orientali.
Ad oggi l’India, vista la sua partecipazione all’alleanza anticinese, trae dei vantaggi molto importanti per la sua economia, infatti sfrutta la grande rivalità tra Stati Uniti e Cina per potenziare la sua economia. Gli USA, per cercare di contrastare la Repubblica Popolare Cinese, fin dagli anni duemila hanno iniziato a intavolare delle relazioni con il governo di Delhi per garantirsi il loro supporto, trovandosi così costretti a favorire l’ascesa dell’economia indiana, che ad oggi è già una delle più potenti al mondo.
Ciò è di grande aiuto all’India perché le permette di affermarsi come potenza mondiale. Allo stesso modo all’India fa comodo che gli Usa cerchino di contrastare la Cina, perché rallenta l’ascesa del gigante asiatico, in particolare il contenimento dell’influenza della Repubblica Popolare all’interno delle acque del mar cinese permette al governo di Delhi di mantenere al sicuro le proprie rotte marittime dall’influenza della stessa Cina.
La tensione tra i vari stati rimane tuttora alta, soprattutto dopo l’annuncio degli Usa che hanno comunicato la loro intenzione di rinforzare la marina australiana vendendo all’Australia dei sottomarini nucleari. Ciò alza inevitabilmente la tensione tra le due grandi potenze e ad oggi è impossibile prevedere con certezza assoluta come si evolverà la situazione nel futuro.
FONTI:
- H. Yang, Taiwan si ancora a Usa e Giappone per non finire come l’Ucraina, in Limes, n°7, 2022
- Joshi, Il Quad visto dall’India, in Limes, n°7, 2022
- Nagy, Così il Giappone affronta la paura che la Cina imiti la Russia, in Limes, n°7, 2022
- O’brien Canberra non è pronta a una guerra con la Cina, in Limes, n°7, 2022
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