di Michele Motta

Mafia.

Non sarà un altro di quegli articoli banali che rispondono alla domanda: che cos’è la mafia?

Bene o male, tutti oramai sanno di cosa si parla e come per tutte le cose c’è chi ne parla e chi invece cerca di starne il più lontano possibile. Purtroppo il potere della mafia è alimentato da persone che dimenticano per non essere in nessun modo coinvolte e sentirsi al sicuro.

Vivendo nel nord-est dell’Italia, mi sento di prendere in appello le regioni del nord, cercando di spiegare il fenomeno “mafia” da una prospettiva diversa. Già dalla trattativa stato-mafia, iniziata nel ‘92, queste fantomatiche regioni, che tanto si pensa siano pure e libere dalla presenza della criminalità organizzata, sono state fondamentali per la nascita e la sopravvivenza di partiti governati dall’ allora “Cosa Nostra”, mafia di origini siciliane, complice della trattativa.
Il 6 aprile 1992 a Milano esplose Tangentopoli, il pool antimafia guidato da Di Pietro, D’Ambrosio, Borrelli, Boccassini, Colombo, Davigo iniziò ad arrestare i segretari dei partiti di governo, partendo da Mario Chiesa, fino ad arrivare a Craxi. Ebbene questa situazione politicamente instabile fece sì che si creasse, o meglio, che si iniziasse a creare un nuovo partito, probabilmente messo in piedi con il denaro “sporco” di Cosa Nostra. Il partito in questione venne fondato dall’allora capo di Publitalia Marcello Dell’Utri, condannato a 7 anni, e dal suo consulente Ezio Cartotto. Veniva infatti a riempire quel vuoto politico che si era andato creandosi. Il legame dunque tra la mafia siciliana e gli esponenti politici, soprattutto dei partiti del nord, è risaputo, ma ciò che cercherò di approfondire è perché lo Stato ha avuto il bisogno di appellarsi alla mafia.

Il generale Mori, allora membro del R.O.S., affermò durante il processo che la trattativa, ovvero il patto tra stato e mafia, era stata idealizzata per catturare i boss latitanti in cambio della salvaguardia delle famiglie. Ebbene nessun boss si sarebbe mai fatto catturare in cambio di protezione per la famiglia. Mori fu condannato a 12 anni di prigione.
Più convincente fu invece la risposta dell’ex ufficiale del R.O.S.dei carabinieri De Donno, che affermò di essere sceso a patti, per fermare le stragi, ma sembra non sia riuscito nel suo intento. Fu condannato a 8 anni di prigione.

Il motivo che appare essere tutt’oggi la reale causa della sottomissione dello Stato davanti ai mafiosi, è che alcuni esponenti dell’allora Democrazia Cristiana non ebbero il coraggio di restare saldi nel momento in cui la mafia disse loro che avrebbe iniziato a mettere le bombe in giro per l’Italia, cosa che avvenne comunque, anche dopo l’inizio della trattativa, a Milano, nel padiglione di arte moderna e contemporanea, a Roma, nella basilica di San Giovanni in Laterano e nella chiesa di San Giorgio, e a Firenze, con l’esplosione di un’autobomba e il successivo danneggiamento degli Uffizi.

Grazie però all’arrivo del nuovo partito creato da Dell’Utri, le cose un po’ si calmarono, venne appunto inviato Mangano, esponente di Cosa Nostra, per “supervisionare” il lavoro che stavano compiendo Dell’Utri e compagni. Questi ultimi stavano lavorando così bene che quando fu inviato Spatuzza, killer che lavorava per i fratelli Graviano, a far esplodere il blocco dei carabinieri situato fuori dallo stadio a Roma, proprio i Graviano vollero incontrarlo (in un bar, come ci racconta lo stesso Spatuzza) per rassicurarlo e dirgli che non era necessario far esplodere la bomba poiché “loro” (ovvero i politici) avevano rispettato i patti.

Verso novembre quindi l’ex ministro Giovanni Conso chiuse definitivamente le due carceri penitenziarie più dure in Italia, l’Asinara e Pianosa, per trasformarle in “oasi naturali”. Non si seppe mai se questo fu fatto per avvantaggiare i mafiosi o perché il ministro ebbe una “botta di ambientalismo”.

Nel ‘99 fu emanata la legge del “giudice unico”: estese il giudizio abbreviato a tutti i delitti, stragi comprese, così lo sconto di un terzo della pena trasformava l’ergastolo in trenta anni, che con vari sconti di pena si sarebbero ridotti a soli 20 anni. Per fortuna,  grazie alle proteste sollevate sia dai genitori delle vittime di mafia sia dai magistrati, due anni dopo questa legge venne revocata.

In effetti, molte persone dicono che questa “mafia” all’interno dello Stato non c’è mai stata. Ci sono dunque due soluzioni plausibili: o questa cosiddetta mafia c’è e c’è stata, oppure i politici in questione, mentre queste azioni venivano compiute (emanazione di leggi, chiusura di carceri, ecc..), erano affetti da qualche strana malattia (sicuramente portata dall’Africa, come direbbe il ministro Salvini, ndr) che li influenzò così tanto che li rese incoscienti di quello che stavano facendo.

Ecco, molti giornalisti, procuratori, giudici e cittadini, ritengono non ci sia mai stato un virus così potente.