Ciao a tutti, mi chiamo Giulia e sto trascorrendo il mio anno di studio all’estero in Texas, negli Stati Uniti. Abito nella periferia di Houston, la quarta città più grande degli Stati Uniti con circa 6 milioni di abitanti, ma la mia città si chiama Cypress e ha 130mila abitanti.
La differenza più grande che ho potuto notare fino ad ora, tra l’Italia e l’America, è sicuramente la scuola, il posto dove passo la maggior parte delle mie giornate. Qui infatti la scuola non è incentrata solo sull’insegnamento e sullo studio, ma punta molto alla socializzazione tra gli studenti e alle attività extracurricolari. Le attività proposte dalla scuola sono numerose e tutte gratuite: pallavolo, calcio, football americano, softball, baseball, basket, tennis, atletica, cross country, wrestling, sollevamento pesi, nuoto, tiro al piattello, hockey, danza, cheerleading, ginnastica artistica e bowling. Poi la banda, il coro, l’orchestra, i gruppi di teatro e recitazione, cui si affiancano vari “club” dedicati alla pesca o alle lingue straniere. Gli studenti, inoltre, dedicano parte del loro tempo libero dagli impegni scolastici ed extrascolastici al volontariato. Lo spirito degli studenti per l’appartenenza alla scuola è qualcosa di fantastico, che si può capire solo provando. Io gioco nella squadra di pallavolo della scuola, ma purtroppo il campionato finirà la prossima settimana perché gli sport sono divisi per stagioni: ci sono gli sport autunnali, tra cui appunto la pallavolo, gli sport invernali e quelli primaverili.
Non ci sono cinque anni ma quattro anni di scuola superiore, detti rispettivamente freshman, sophomores, juniors e seniors e corrispondono ai grades 9°, 10°, 11°, 12° (per noi prima, seconda, terza e quarta).
Le lezioni iniziano alle 7.20 e finiscono alle 14.40 e vado a scuola dal lunedì al venerdì. Tra un’ora e quella successiva ci sono cinque minuti per spostarsi di aula in aula, perché negli Stati Uniti sono gli studenti che si spostano e non i professori. Infatti non esiste una vera e propria classe così come la intendiamo noi: ad ogni materia è infatti associato un “corso”, e si viene così a creare una sorta di “classe” per ogni materia. Praticamente si ci sposta di classe in classe ogni ora per ogni materia che si fa, riponendo nell’armadietto i libri della materia precedente. Tra queste materie vi sono quelle obbligatorie, nel mio anno inglese e storia americana, e quelle facoltative, che danno comunque crediti per il college. Le materie facoltative sono numerosissime e coinvolgenti come per esempio fotografia, cucina, fashion design, salute, cosmetologia…
A causa dello spostamento di classe ci sono differenze anche a livello di relazioni tra i banchi: noi studenti italiani, stando sempre nella stessa classe per cinque anni, creiamo delle relazioni molto più solide con i compagni. Gli americani, cambiando classe ogni ora, conoscono molti più compagni ma in modo più superficiale. Con i docenti i rapporti sono più amichevoli e meno formali e in generale l’ambiente della scuola è molto accogliente.
Quello che mi affascina della scuola americana sono le lezioni. I professori non assumono un atteggiamento di superiorità rispetto all’alunno, anzi, questi due mondi, diventano praticamente amici. Durante le lezioni gli insegnanti scherzano con i ragazzi, raccontano le loro esperienze di vita (naturalmente legate al tema della lezione), per far sì che lo studente impari dai loro sbagli, e spiegano la loro materia con tale interesse e senza troppe parole di contorno, da farla amare agli studenti! Durante le lezioni non si prendono solamente pagine e pagine di appunti , anzi si guardano video, i professori spiegano con powerpoint, si leggono articoli di giornale, si compilano schede… Insomma tutte cose concrete, in modo che i ragazzi riescano ad apprendere più volentieri e più velocemente. Ogni classe dispone di un proiettore, di una lim, di un computer, di un temperamatite elettrico (la cosa più spettacolare del mondo!), di sapone per lavarsi le mani e di fazzoletti.
In ogni classe c’è una bandiera americana e prima che inizi la prima ora di lezione, gli studenti si alzano in piedi guardando la bandiera e fanno un giuramento di fedeltà agli Stati Uniti che viene chiamato “The Pledge Allegiance”, che ormai ho imparato a memoria:
“I pledge allegiance to the Flag of the United States of America, and to the Republic for which it stands: one Nation under God, indivisible, with Liberty and Justice for all”. (“Io giuro fedeltà alla bandiera degli Stati Uniti d’America e alla Repubblica per la quale essa sta eretta: una nazione sotto Dio, indivisibile, con libertà e giustizia per tutti). Inoltre a ogni studente è assegnato un consulente che lavora in un ufficio all’interno della scuola e può essere interpellato per ogni tipo di problema o dubbio e che ti aiuta a scegliere le materie.
Gli studenti americani non studiano tanto come siamo abituati noi in Italia. Nonostante ciò riescono comunque ad avere risultati soddisfacenti. Ad ogni modo bisogna impegnarsi e sapersi organizzare, perché durante il pomeriggio si è spesso impegnati in attività extrascolastiche o in attività sportive. Gli studenti devono finire i compiti per il giorno stabilito (in caso contrario c’è un voto negativo), sono tenuti ad arrivare in orario, sono tenuti ad essere ogni giorno preparati, responsabili e rispettosi nei confronti degli altri, studenti e docenti, della struttura e del personale. Il motto della scuola è infatti “Be prepared, Be responsible, Be respectful”. Insomma, in America si fatica forse un po’ meno che in Italia, ma si studia comunque. Una scuola, quella statunitense, sicuramente rigida in termini di rispetto delle regole. In particolare gli americani tengono molto alla puntualità: se si arriva in ritardo ad una lezione si riceve un richiamo verbale la prima volta, 15 minuti di detenzione la seconda, mentre dalla terza volta in poi, oltre ad andare in detenzione, vengono avvisati i genitori. La detenzione si svolge il martedì e il giovedì oppure il sabato mattina. Ogni professore decide quale sia la punizione, una volta in detenzione, che può consistere nello svolgere dei compiti extra oppure aiutare a pulire e a riordinare la scuola.
Come probabilmente già saprete, le valutazioni non vengono effettuate con i numeri in una scala da 1 a 10, ma con lettere, corrispondenti al punteggio che si è ottenuto in un test da 0 a 100: da 0 a 59 il voto è F, da 60 a 69 è D. Questi due voti sono insufficienze, e se si prendono si dovrà ripetere il corso. Il voto minimo è C, corrispondente da 70 a 79. Come è logico, B corrisponde da 80 a 89 e A da 90 a 100.
Il football americano è sicuramente lo sport più seguito in assoluto negli Stati Uniti, e questo vale anche a scuola. Infatti le partite di football della squadra della scuola, coinvolgono tutti gli studenti, che si ritrovano insieme allo stadio per tifare la squadra della propria scuola facendo vedere il famoso “school spirit”, e sono una delle cose più divertenti che ho sperimentato fino ad ora. Proprio in occasione delle partite di football, che si svolgono una volta a settimana per tutta la stagione autunnale, a scuola esistono gli “spirit days” che consistono nell’andare vestiti a scuola in un particolare modo stabilito, e non c’è una sola persona nella scuola (compresi professori e preside) che non lo rispetti. A seconda dei giorni si va a scuola in pigiama, vestiti da hawaiani, vestiti tutti di rosa, militare, neon, con gli occhiali da sole, con il cappello o con le ciabatte… Questa è sicuramente una di quelle cose che si dovrebbero fare anche in Italia e che ti fanno amare la scuola. Inoltre le scuole americane hanno le mascotte, quella della mia scuola è Wildcats (chi ha visto il film High School Musical sa di cosa sto parlando) e un proprio inno.
“La scuola americana è molto più facile di quella italiana, quando tornerai dovrai recuperare tutto il programma” è la frase che senza dubbio mi sono sentita ripetere infinite volte prima di partire, e per quanto sia vera penso che venire negli Stati Uniti sia stata la decisione più giusta che abbia fatto in tutta la mia vita. Sì, è vero, mi perderò il Purgatorio di Dante, Virgilio, la Rivoluzione Francese e i logaritmi, ma niente mi può insegnare più di questa esperienza. Sono orgogliosa della scelta che ho fatto e spero di vivere i sette mesi che mi restano il meglio possibile.
Giulia Zanin 4^B
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