di Giovanni Cursano

Da quando ho rimesso piede sul suolo italiano “Com’è andato il viaggio in Grecia?”  è una domanda che mi sono sentito porre spesso e rispondere è estremamente complicato.

Il più delle volte si opta per dare una risposta “normale”: raccontiamo la Grecia, raccontiamo i luoghi visitati e diciamo qual è quello che ci è piaciuto di più, raccontiamo ciò che non ci è piaciuto, raccontiamo gli aneddoti divertenti, raccontiamo quanto abbiamo aspettato questo viaggio e raccontiamo quanto ci mancherà. Tendenzialmente, la risposta “normale” è preferibile perchè non richiede troppo tempo.

Però alla stessa domanda potremmo dare una risposta ben diversa, una risposta lunga ore.

Potremmo raccontare la sensazione di smarrimento di fronte alla gigantesca nave che ci avrebbe fatto attraversare il mare, il labirinto di stanze e corridoi che si trovava al suo interno, il mare, il vento, la nausea, il ballare in una discoteca in mezzo all’oceano. Potremmo raccontare del sole, dell’aria, delle montagne, delle Meteore, dei paesaggi, di chi preferiva mettersi in posa e di chi per fotografare preferiva cogliere gli attimi, delle risate, degli scherzi, delle albe, dei tramonti, degli alberghi, delle stanze, degli spuntini improvvisati. Potremmo raccontare delle sveglie alle sei e mezza di mattina mai rispettate e seguite da frettolose colazioni e delle sveglie alle sette e mezza di mattina sempre rispettate e seguite da  idilliache colazioni, di fronte ad un enorme sole albeggiante. Potremmo raccontare della corriera nostra fedele compagna, dei lunghi viaggi e dei lunghi pisolini al suo interno, sempre immancabilmente interrotti dal fischietto di Alexandros che ci trapanava i timpani. E potremmo parlare di Alexandros, la nostra guida vestita sempre allo stesso modo, amante più dei cani che degli umani, che riusciva ad affascinarci e divertirci raccontandoci miti e leggende su ogni luogo che visitavamo e capace di ricordarci sempre quanto la morte ci aspetti dietro l’angolo (ebbene sì, aveva un senso dell’umorismo tutto suo). Potremmo parlare affascinati delle nostre avventure, di quando abbiamo mollato il gruppo e siamo saliti in cima alla montagna a Delfi, di quando ci siamo arrampicati intorno a tutta la penisola di Epidauro, delle feste, dei locali, delle serate in discoteca e di quelle dispersi in giro per le città, di quando abbiamo girovagato per i sobborghi ateniesi, di quando siamo andati a nuoto fino all’isola in mezzo al mare a Tolos e di quando ci siamo svegliati prestissimo per farci un bagno con di fronte la vastità di un oceano illuminato dal sole che nasceva. Potremmo farci delle risate raccontando dei pranzi e delle cene nei ristoranti e dei buffet negli alberghi, degli spuntini che fuoriuscivano dagli zaini, dei pita gyros divorati ad orari impensabili e delle centinaia di euro spesi in Cochine. E poi potremmo parlare di Kalambaka, dei monasteri, di Atene, del Partenone, dell’Acropoli, di Micene, delle Termopili, della Maschera di Agamennone, di Delfi, di Epidauro, del tempio di Poseidone, di Tolos, di Corinto, di Olympia, delle statue, dei musei e dei reperti. Per finire potremmo raccontare le nuove amicizie, i nuovi amori, le risate, le litigate, la gioia, lo smarrimento, le lacrime e la disperazione della partenza, il voler restare un altro mese e l’incredibile voglia di viaggiare che questa esperienza ci ha messo addosso.

Probabilmente anche tutto questo però non riuscirebbe mai a rendere l’atmosfera, le sensazioni, le emozioni, i ricordi e tutte quelle cose che ognuno in questo viaggio ha vissuto e provato a modo suo. L’unica cosa certa è che sicuramente, tutto questo, noi non ce lo scorderemo mai.